Étienne Kern è il vincitore del premio Goncourt 2022 per l’esordio narrativo con il romanzo Il sarto volante (L’orma editore, 2022, traduzione di Anna Scalpelli).
Il libro narra la vera storia di Franz Reichelt, il sarto boemo naturalizzato francese che il 4 febbraio 1912 si gettò dal primo piano della Tour Eiffel per testare uno dei primi prototipi di paracadute pieghevole. Doveva essere un evento glorioso, la consacrazione di Franz Reichelt come inventore visionario, invece la sua fu la prima morte mediatizzata del Novecento. Una troupe cinematografica infatti riprese ogni secondo: dal lancio di Reichelt sino al suo rovinoso impatto con il suolo. Il video, in bianco e nero, oggi è ancora disponibile online: si vede quest’uomo imponente, baffuto, tutto imbracato nella sua invenzione, una “tuta alare”, che si guarda intorno come se fosse pronto a pregustare il suo successo imminente. Un attimo prima è vivo, forte, sicuro di sé: un attimo dopo è morto, il suo corpo sembra scomparire nell’impatto devastante con il suolo. Ogni volta che il video riparte sembra possibile poter invertire la caduta: ecco che lui torna vivo, si intravede il sorriso sotto i suoi grandi baffi, e pare di poterlo salvare, invertire il drammatico susseguirsi degli eventi.
Di certo questo è quanto ha cercato di fare Étienne Kern nel suo romanzo pieno di poesia in cui trasforma la storia di un apparente fallimento in un elogio al coraggio di un sogno - e non solo. Kern ci restituisce la figura a tutto tondo di un personaggio dimenticato conferendogli la dignità che la Storia gli ha negato immortalando per sempre l’immagine della sua sconfitta, ma al contempo ci parla delle cadute e degli ostacoli della vita che spesso sa essere inclemente nei confronti delle persone più sensibili, come lo sono i bambini, i folli, e i sognatori.
La trama del romanzo la approfondiamo ora in dialogo con l’autore, Étienne Kern, persona squisita e di grande profondità che in questa intervista ha raccontato anche le ragioni più personali che lo hanno condotto a presentare ai lettori di tutto il mondo Franz Reichelt, il “sarto volante” che compì il folle volo librandosi per un momento nell’incanto glorioso dell’ascesa. La meraviglia della storia di Reichelt, a ben vedere, è tutta lì: in quell’attimo sospeso, in bilico tra le stelle e l’abisso.
- Come è venuto a conoscenza della storia di Franz Reichelt e del suo “folle volo”? E cosa l’ha spinta a cercare di raccontarla?
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La storia di Reichelt l’ho scoperta per puro caso navigando su Internet. Ero capitato su un sito francese che elenca i fatti del giorno nella Storia (simile al nostro Accaddeoggi, Ndr) e mi sono imbattuto nella singolare impresa di Reichelt. In seguito sono andato a vedere il video e la storia ha avuto immediatamente su di me un impatto emotivo fortissimo. Si collegava, nella mia mente, alla drammatica morte di mio nonno che mi era stata raccontata da mia madre fin da quando ero bambino. Morì per un incidente, a causa del crollo della balaustra di una finestra da cui si era affacciato. Nel viso di Reichelt ho visto quello di mio nonno, che proprio come lui era di origini tedesche. È stato questo a spingermi a raccontare la sua storia.
- Credo che questa storia possa essere letta in due modi: come la storia di un terribile fallimento o come la storia di un sogno. Lei come ha scelto di leggerla?
È difficile rispondere, perché i due elementi, il fallimento e il sogno, in questa storia sembrano coesistere. Il libro è in un certo senso la storia di questo mistero, pone al lettore la domanda. Credo che sia stato proprio il mistero racchiuso nella storia di Reichelt a renderla romanzabile. La letteratura stessa in fondo non indaga le certezze, ma ci pone dubbi, interrogativi, ci fa provare emozioni. Vladimir Nabokov dava questa definizione di letteratura “La bellezza e la pietà”. Questo in un certo senso racchiude anche il significato del romanzo: a questa domanda di fatto non possiamo rispondere, ed è proprio questo insondabile mistero a fare il romanzo. La letteratura è la storia dei fallimenti, degli ostacoli, dei dubbi e di come li superiamo. Non è fatta di successi né di vittorie. In fondo sono i fallimenti, ben più dei successi, a parlare all’umanità intera che vi si riconosce.
- Immagino sia stato difficile ricostruire la storia, anche privata, di Franz Reichelt. Un uomo di cui c’erano pochissimi dati certi e tutti relativi alla sua morte. Di lui c’era un video che ne immortalava per sempre gli ultimi istanti e poco altro. Quali fonti ha utilizzato per documentarsi sulla sua vita?
Le principali informazioni sulla vita di Reichelt le ho tratte dai giornali dell’epoca. La sua morte in diretta fece molto scalpore. Per una settimana le testate giornalistiche non parlarono d’altro, perché la macabra notizia interessava il pubblico. Avevo dunque i dati biografici: sapevo da dove veniva, che era un sarto per signore eccetera, ma la sua storia personale era piena di buchi, di vuoti. Il fatto che non fosse un personaggio conosciuto in realtà è stato un vantaggio perché mi lasciato pagina bianca. Mi ha dato la possibilità di inventare una storia anche d’amore e immaginare un mondo possibile. Io non volevo scrivere un saggio di Franz Reichelt, ma un romanzo. Ed è stata proprio questa “pagina bianca della storia” a darmi la possibilità di creare una vita.
- Nella narrazione alterna capitoli storici a capitoli autobiografici, in cui racconta la storia di suo nonno e la morte di una sua cara amica, Muriel. È stato difficile inserire questo elemento più personale nel libro?
La storia di Franz Reichelt nella mia mente si è collegata da subito alla morte di mio nonno. È stata questa emozione a spingermi a scriverla, quindi per me ha avuto sin dal primo momento due livelli di lettura paralleli. Ma allo stesso tempo questa alternanza - di narrazione storica e narrazione personale - doveva avere un senso anche per i lettori, non solo per me. È stata la mia editor, Charlotte, a incoraggiarmi a scrivere la parte più autobiografica del libro dunque le pagine dedicate a mio nonno e a Muriel. Ci sono lettori che addirittura amano più queste sezioni autobiografiche delle pagine dedicate alla storia di Reichelt. Ognuno può leggere questo libro a modo suo, è come un prisma, dischiude molteplici prospettive.
- La storia di finzione l’ha aiutata, in qualche modo, a trovare un senso a queste morti improvvise e tragiche di persone a lei care?
Sì, la finzione ha dato un senso alla mia storia personale. Credo che se non ci fosse stata quell’emozione, quel sentimento di evidenza di fronte al video della morte di Franz Reichelt, non avrei mai scritto questo libro. È stato questo legame a darmi lo slancio di scrivere un romanzo. Finora mi ero cimentato solo in saggi di critica letteraria, in opere di stampo più accademico. Invece la vicenda Reichelt mi ha portato a scrivere un libro che, in fondo, non è un libro sulla sua impresa storica e drammatica, ma un romanzo sul lutto.
- Nel libro racconta che il giorno prima dell’evento, il 3 febbraio, Franz Reichelt decide di fare testamento in francese. Nelle sue ultime volontà decide di lasciare tutto alla sua assistente, Louise. Lei come si è spiegato questo gesto? C’era forse in lui un presagio della morte imminente?
Credo che anche il testamento faccia parte del mistero che avvolge quest’uomo. Secondo me semplicemente indica che aveva coscienza del rischio. La scrittura del testamento dimostra che era un uomo razionale, non uno sventato. E inoltre ci dà l’idea - e il peso - della sua solitudine. Era un uomo molto solo, non aveva famiglia né eredi. La scrittura del testamento era un modo per tutelare il suo lascito. E possiamo leggerla anche come un grande gesto di solidarietà.
- La vicenda di Reichelt è singolare e credo che la visione del video impressioni chiunque, di certo non lascia indifferenti. La sua può essere definita la prima morte in diretta della storia?
Me la pongono spesso questa domanda. In realtà è stata ufficialmente la seconda. La prima fu un’esecuzione pubblica in cui veniva giustiziato un assassino. Quella di Reichelt fu la prima morte accidentale, questo sì. Le telecamere dovevano consacrarlo, invece ne immortalarono il fallimento.
Credo che questa morte in verticale, questa caduta, faccia parte del nostro immaginario moderno. Ce lo dimostrano i video dell’11 settembre 2001 che ritraggono una morte analoga e hanno svelato al mondo intero l’atrocità della morte in diretta. Credo che la caduta di Franz Reichelt abbia, in un certo senso, anticipato questa visione contemporanea che abbiamo della morte.
- Il titolo originale francese del libro è infatti “Les envolés”, che potremmo tradurre in italiano come “Gli involati”. Fa riferimento non solo a Reichelt, ma anche agli altri morti, come suo nonno e Muriel, e come le vittime dell’11 settembre 2001. Che significato ha per lei questa espressione?
Les envolés è un titolo polisemico. Fa riferimento al lancio dell’aviatore, ma anche a coloro che sono morti, si dice “passati a miglior vita”. In francese è anche un’antifrasi che indica l’ascesa verso l’alto e, al contempo, la caduta dell’azione reale. Ho scelto quel titolo perché questo libro non è solo la storia di Franz Reichelt, ma racconta anche altre vite, altre morti. Utilizzare l’espressione “les envolés” mi aiutava, in un certo modo, ad addolcire l’orrore di ciò che è accaduto.
- Il sarto volante può essere letto anche come un omaggio ai sognatori, ai visionari, un atto d’amore nei confronti di chi crede nel coraggio e nella forza di un sogno?
Sì, il libro racchiude un elogio al sogno. Di proposito non parlo della morte di Franz Reichelt, ma del coraggio che lo animava. Lui ha creduto a tal punto nel proprio sogno da sacrificarvi la vita e, forse, attraverso questo gesto ci ha insegnato come vivere. Non dobbiamo leggere la sua storia come il racconto di un fallimento. In fondo è un uomo che ha avuto il coraggio di fare qualcosa che noi non avremmo mai fatto.
C’è un momento, poco prima della caduta, in cui Franz Reichelt sembra elevarsi verso l’alto prima di precipitare. Il libro di Étienne Kern, Il sarto volante, cattura quell’attimo e lo fa risplendere rendendolo vero per sempre. Una delle azioni più belle che la letteratura possa compiere è l’atto di salvare - di riscattare le vite dall’oblio - e Kern attraverso la sua scrittura ci è riuscito. Ora possiamo vedere quel filmato sgranato in bianco e nero e pensare che no, Franz Reichelt in verità non è morto davvero.
Si ringrazia Pietro Clesi per la collaborazione nell’interpretazione simultanea di questa intervista.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Étienne Kern, vincitore del premio Goncourt per il romanzo d’esordio 2022
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