Nel mondo della letteratura ci sono incontri che vanno oltre la semplice conversazione, divenendo ritratti profondi di artisti difficili da comprendere. Uno di questi incontri avvenne tra Jack Kerouac, figura di spicco della Beat Generation, e Fernanda Pivano, traduttrice, scrittrice e figura chiave nella diffusione della letteratura americana in Italia. L’intervista che Pivano fece a Kerouac è un momento che cattura lo spirito di un’epoca e la connessione tra due mondi letterari.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, Fernanda Pivano si era già distinta come una delle voci più autorevoli nella traduzione e diffusione della letteratura americana in Italia. La sua passione per gli scrittori della Beat Generation, un movimento letterario che esprimeva la ribellione contro i valori convenzionali della società, la portò a tradurre opere di autori come Allen Ginsberg, William S. Burroughs e naturalmente, Jack Kerouac.
Jack Kerouac, con il suo romanzo On the Road pubblicato nel 1957, divenne l’icona della Beat Generation.
Il libro, scritto in uno stile spontaneo e fluido, raccontava le avventure di Kerouac e dei suoi amici attraverso l’America, esprimendo un profondo desiderio di libertà e una critica ai valori borghesi.
Il contesto dell’intervista a Kerouac raccontato da Fernanda Pivano
L’intervista di Pivano a Jack Kerouac avvenne nel 1966, in un periodo in cui Kerouac era già una figura controversa. Nonostante il successo di On the Road, la vita di Kerouac era segnata da problemi personali e da un crescente disincanto verso la fama. L’intervista con Fernanda Pivano nel 1966 catturò Jack Kerouac in un momento di grande vulnerabilità. La stessa Pivano raccontò il contesto dell’intervista e gli eventi inusuali che videro Kerouac protagonista:
Quando hanno pubblicato il cinquecentesimo libro della “Medusa”, hanno fatto venire Kerouac, pagandogli il viaggio e dandogli mille dollari. È successo che proprio quando lui aveva mandato il telegramma di accettazione che stava venendo, la madre ebbe un ictus e rimase paralizzata, così lui ha telegrafato dicendo che non poteva venire, scatenando il panico. [...] Poi finalmente lo convinsero a venire in Italia, e sull’aereo era contento e allegro, come poteva esserlo lui, l’uomo più triste che ho mai conosciuto. A un certo punto è passata una hostess e lui le ha dato un pizzicotto sul sedere, una di quelle che cose che fanno gli americani per fare gli spiritosi, la hostess ha fatto una gran scena e un funzionario della Mondadori che accompagnava Kerouac gli ha detto di non fare il somaro, lui quindi ha perso la testa e ha cominciato a bere sul serio, si è ubriacato al punto che volevano sbarcarlo in una sosta che aveva fatto l’aereo. È arrivato a Milano in stato quasi di coma, non sapeva dove fosse la sua valigia, non sapeva niente. Lì quindi la Mondadori l’ha fatto visitare da un medico che gli ha dato la morfina, così si è spaventato e mi ha chiamato dicendo che lo stavano avvelenando, in paranoia completa...
Pivano racconta di averlo ospitato nella propria casa dell’epoca, di essere riuscita a parlarci con molta grazia una volta tranquillizzato, e di aver provato a chiedergli che libri gli piacesse leggere ricevendo come unica risposta “l’enciclopedia”.
Sebbene fosse un uomo di immenso talento e visione, le sue lotte personali e i suoi demoni interiori lo stavano lentamente consumando.
Qui il racconto completo:
L’intervista a Jack Kerouac fatta da Fernanda Pivano
Lo stato psicofisico dell’autore non cambiò molto nemmeno durante l’intervista a cui partecipò successivamente. Al centro, tra la Pivano e un altro conduttore, Kerouac teneva saldo il suo bicchierino che gli era stato dato dagli italiani, bagnato ai bordi con il whiskey ma riempito d’acqua, perché a detta della Pivano:
“Era così alcolizzato da non riuscire più a distinguerli”.
L’intervista si apre con lo scrittore americano che si complimenta con la traduttrice per la sua bellezza, seguito dalle sue movenze tipiche, il suo gesticolare esagerato e i versi ubriachi. Alle richieste più convenzionali, come il dover scegliere il proprio libro preferito, evita di rispondere perché a detta sua la risposta non interesserebbe a nessuno. Cambia lingua più volte durante l’intervista, dice di voler imparare l’italiano, poi ricorda le sue origini e parla francese, per poi tornare a parlare inglese.
La sua difficoltà nel comunicare chiaramente durante l’intervista rifletteva non solo l’effetto dell’alcol, ma anche il profondo malessere che caratterizzava la sua vita in quegli anni. Questi problemi contribuivano a dipingere un ritratto di Kerouac come una figura complessa e tormentata, il cui genio creativo era inseparabile dalle sue sofferenze personali. Kerouac, visibilmente ubriaco, non riusciva a esprimersi con la lucidità e la profondità che caratterizzavano i suoi scritti. Le sue risposte erano spesso confuse e disarticolate, riflettendo il tumulto interiore che stava vivendo.
Fernanda Pivano, con la sua sensibilità e il suo rispetto per l’autore, cercava di mantenere il dialogo su binari costruttivi, ma si trovava spesso a fronteggiare le difficoltà poste dall’alcolismo di Kerouac. Pivano riuscì a cogliere la complessità della situazione, comprendendo che le risposte confuse di Kerouac erano il riflesso di un’anima tormentata e non di una semplice mancanza di rispetto. La sua empatia e il suo rispetto per l’autore emergono chiaramente dal modo in cui cercò di gestire l’intervista, evitando di insistere troppo su domande che avrebbero potuto mettere ulteriormente a disagio Kerouac.
L’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac: il video
L’intervista a Kerouac: alcolismo e fragilità
Nonostante le difficoltà, l’intervista toccò alcuni temi importanti della personalità di Kerouac. Una delle caratteristiche più evidenti che emergono dall’intervista è la sua vulnerabilità.
L’alcolismo ha amplificato la sua fragilità, rendendo evidenti le sue sofferenze interiori. Le sue risposte spesso confondevano e si interrompevano, ma attraverso queste parole spezzate si percepiva un profondo senso di smarrimento e di dolore. Questo rifletteva non solo la difficoltà di far fronte alla pressione della fama, ma anche le sue lotte personali contro la depressione e l’alienazione.
La ricerca di autenticità, la spontaneità nella scrittura e il senso di alienazione erano tutti elementi presenti, sebbene offuscati dalla condizione dello scrittore.
L’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac nel 1966 rimane un documento storico di grande importanza, nonostante (o forse proprio a causa di) le sue imperfezioni. Essa offre uno spaccato autentico della vita di Kerouac in un momento di grande difficoltà, rivelando la vulnerabilità di uno degli autori più influenti del XX secolo. La confusione e l’incoerenza delle sue risposte, lontano dall’essere un segno di debolezza, testimoniano la lotta personale di Kerouac contro i suoi demoni e il peso della sua eredità letteraria.
Fernanda Pivano, con la sua intervista, ci ha lasciato un ritratto umano e toccante di Jack Kerouac, un uomo la cui genialità era inseparabile dalle sue sofferenze personali. Questo incontro rimane un simbolo della complessità della vita e dell’opera di Kerouac, offrendo una visione profonda e commovente di uno dei grandi protagonisti della letteratura del Novecento.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’intervista di Fernanda Pivano a Jack Kerouac: un incontro memorabile
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