Esattamente dieci anni fa, il 16 maggio 2012, veniva esposto all’interno del “Musée des Lettres” di Parigi il dattiloscritto originale di Sulla strada il capolavoro di Jack Kerouac, lo scrittore statunitense considerato il padre della Beat Generation.
Non si trattava di un libro comune: in primis perché On the road è un romanzo di fama mondiale, certo, ma non solo per questo. Il celeberrimo testo di Sulla strada nella sua forma concreta, cartacea, originaria si componeva infatti di un impressionante rotolo di 36 metri di lunghezza. Un vero e proprio muro di parole, senza divisioni in capitoli, sezioni o paragrafi.
Jack Kerouac sostenne di aver scritto il romanzo di getto in sole tre settimane nel mese di aprile del 1951.
Oltre sessant’anni dopo la sua prima edizione Sulla strada è ancora il romanzo più rubato, copiato e piratato al mondo, secondo solo alla Bibbia. Il dattiloscritto originale di On the road fu acquistato nel 2001 dal magnate statunitense Jim Irsay al prezzo di 2,5 milioni di dollari.
Nel 2012 Irsay accettò di esporre il testo al pubblico nel contesto di una mostra francese dedicata a Kerouac in occasione della presentazione del film On the Road, diretto da Walter Salles, al Festival di Cannes.
La ragione per la quale ha optato per questo tipo di rotolo
spiegò Jim Irsay all’inaugurazione della mostra.
è che gli permetteva di scrivere in maniera continua. Cambiare foglio a ogni fine pagina l’avrebbe turbato, perché scriveva più di un centinaio di parole al minuto.
Il dattiloscritto originale de La strada ci offre un’interessante prospettiva per una più attenta analisi del metodo scrittura di Kerouac. Scopriamo alcuni retroscena sulla stesura di questo capolavoro della letteratura mondiale.
Jack Kerouac e la stesura di “On the road"
Mi procurerò un rotolo di carta da infilare nella macchina da scrivere e scriverò le cose il più veloce possibile, esattamente come sono successe, tutto in una botta, e al diavolo quelle fasulle architetture.
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Così disse un ventinovenne Jack Kerouac nel 1951. E tenne fede alle sue parole. Si procurò alcuni rotoli per telescrivente e li unì insieme con lo scotch creando un nastro sterminato che gli consentisse di battere a macchina senza interruzioni. Dopo aver concluso l’ingegnosa procedura, Kerouac si rintanò nella sua abitazione sulla Ventesima strada, a New York, e scrisse incessantemente per tre settimane, sostenendosi soltanto con tazze di caffè - o almeno così diceva. Scriveva al ritmo di cento parole al minuto, in preda a uno stato creativo estatico.
Così portò a termine On the road, il libro-manifesto della Beat Generation. Tre settimane dopo mise il punto finale, tolse il gigantesco rotolo dalla macchina da scrivere e lo portò al suo editor Malcolm Cowley.
Cowley se lo ritrovò all’improvviso nel suo ufficio, in una condizione di eccitazione febbrile mentre gli porgeva quel manoscritto dalla lunghezza monumentale. Kerouac sembrava drogato, affermò Cowley nel suo racconto, e probabilmente lo era. In ogni caso, quel ventinovenne impavido aveva appena portato a termine un capolavoro letterario compiendo un’impresa di scrittura straordinaria, da record.
Sulla strada è stato inserito dal critico Richard Lacayo nei “migliori 100 romanzi in lingua inglese pubblicati dal 1923” e ha venduto oltre 3 milioni di copie in tutto il mondo.
Recensione del libro
Sulla strada
di Jack Kerouac
La scrittura spontanea di Jack Kerouac
Non v’è dubbio che le condizioni e la velocità di scrittura abbiano fortemente influenzato lo stile di Kerouac. On the road è scritto in modo diretto e fluido, riprendendo le tecniche narrative dei surrealisti e l’innovativo stream of consciousness che il giovane autore americano aveva copiato a James Joyce.
Con la stesura di Sulla strada Jack Kerouac coniò un nuovo metodo di scrittura da lui definito prosa spontanea. Lo teorizzò in seguito in un breve saggio dal titolo Fondamenti di prosa spontanea (1957), nel quale si proponeva di divulgare il proprio modello di narrazione attraverso un bizzarro decalogo in trenta punti.
Nel saggio Kerouac concepiva la scrittura come “puro piacere personale” e invitava, di conseguenza, gli autori a perdere ogni inibizione di fronte alla pagina scritta. Era un invito a scrivere senza dignità, senza vergogna alcuna, in uno stato estatico e febbrile, esattamente come lui aveva scritto. “Più folle è meglio è” affermava l’autore della Beat Generation inneggiando a una forma di scrittura futurista che non seguiva alcuna regola sintattica o grammaticale.
Una scrittura scatenata, indisciplinata fine a se stessa di cui oggi abbiamo testimonianza diretta grazie all’immagine di quell’immenso rotolo dattiloscritto che ci restituisce l’incredibile officina creativa del suo autore. Pagine infinite, senza spazi bianchi né pause, come la mente senza argini di Jack Kerouac.
Secondo il giovane autore statunitense la scrittura doveva rivelare:
Le inesprimibili visioni dell’individuo.
Il dattiloscritto di Sulla strada fu esposto al Musée des Lettres di Parigi fino al 19 agosto 2012, ora è tornato nelle mani del suo proprietario. Possiamo comunque ammirarne le immagini evocative intrappolate nelle fotografie d’archivio, che ci restituiscono tutta la magnificenza dell’impresa. Oggi possiamo guardare quel muro inscalfibile di parole e pensare: “è vero Jack, hai avuto la tua visione”.
Con una frase simile, “Sì, pensò, posando il pennello sfinita, ho avuto la mia visione”, una certa Virginia Woolf concludeva un altro capolavoro letterario del Novecento, Gita al faro.
L’accostamento tra scrittura e visione mistica non è quindi così azzardato.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Sulla strada” di Jack Kerouac: un capolavoro di scrittura spontanea
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