America non torna più rappresenta per Giulio Perrone sicuramente la prova del nove, quella più ardua e delicata, una sorta di riscatto con se stesso e con la vita, per quanto sia possibile raggiungerlo, una velata forma di espiazione, che sembra portare con sé l’eco di una lontana preghiera, un sentito omaggio al ricordo del padre, il quale ha lasciato prematuramente questa vita a causa di una malattia terminale.
Attraverso le pagine di questo libro, Giulio Perrone si spoglia completamente, riuscendo a mettere a nudo tutte le sue fragilità, a rivelare quei fantasmi e quegli scheletri nell’armadio che sanno essere il più delle volte così scomodi eppure strettamente indispensabili per comprendere a fondo la complessità e la contraddittorietà dell’animo umano.
Avvalendosi di uno sguardo consapevole, lucido e commovente, senza voler sfuggire a tratti a una dignitosa e rispettosa forma di sottile "ironia" nel tratteggio di alcuni aspetti ed eventi legati al ricordo del padre, Giulio riesce sempre a gettare una luce amorevole laddove persiste l’ombra più cupa, e prendendo profonda coscienza di ciò che è stato del suo legame con lui, alla fine riesce a perdonare (anche) se stesso.
Addentriamoci meglio in questo lungo viaggio interiore, per conoscere più da vicino il Giulio uomo e, di riflesso, il Giulio editore/scrittore...
- America non torna più è il titolo del suo ultimo romanzo edito da HarperCollins. Sapendo che l’opera narra il suo legame con il padre, cosa si prova veramente, in qualità di figlio, quando si ha la responsabilità di racchiudere in poche parole un vissuto che la riguarda da così vicino, che la tocca profondamente? Ѐ stato difficile, delicato per lei affrontare la scelta di un titolo consono o l’ha vissuta come un processo naturale e immediato?
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Il titolo è nato prima del libro, quando avevo pensato di scrivere un libro tutto su mio padre, sulla sua adolescenza e su quel periodo irripetibile tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta che ha vissuto a Roma con il suo gruppo di amici. America era il soprannome di uno di loro. Poi il romanzo è diventato qualcosa di profondamente diverso, ma una parte della sua storia è rimasta, così come il titolo che rende molto bene secondo me lo spirito del libro.
- La struttura del libro presenta diverse parti narrative trascritte in corsivo. Ora le chiedo: quale peso e valenza ha avuto per lei riviverle interiormente per poi trascriverle nero su bianco? Ha provato sensazioni, vissuto emozioni e sentimenti differenti rispetto all’approccio narrativo instaurato con le parti testuali che si presentano, diciamo, “non in corsivo”? Perché leggendo la sua storia è chiaro che come scrittore ha voluto offrire al lettore due piani, livelli di lettura, concedere due prospettive a sé stanti, se pur legati strettamente fra loro…
Da un lato c’è la storia mia e di mio padre in quegli ultimi mesi che ci hanno cambiato la vita, dall’altra proprio quelle storie, cui accennavo prima, che per tanti anni ho sentito raccontare da lui ininterrottamente. Ricordi, divenuti racconti, che facevano parte della sua vita ma anche del nostro rapporto e del suo modo di trasmettermi il suo vissuto.
- “Ma con un padre non funziona così, l’ho capito negli anni. Ogni dettaglio si cristallizza, rimane nell’aria per poi riaccendersi quando respiri anche solo un briciolo di quel ricordo”. Le confesso che è il passaggio narrativo che mi ha colpito maggiormente, tanto da leggerlo più volte con calma per assimilarne meglio il senso profondo. Colgo per cui l’occasione per domandarle: quanto ritiene sia importante per ciascun uomo il potere della memoria? Secondo lei capita a volte di farne una sorta di abuso e/o di essere in qualche modo in debito con lei? Inoltre, cosa si sente di affermare sul potere dei dettagli nella vita di una persona? Siamo in grado di coglierli sempre, di dargli la giusta importanza o piuttosto ne paghiamo in parte le conseguenze quando ci sfuggono?
La memoria è una parte essenziale della nostra vita. Quello che ci costruisce e ci definisce per quello che siamo, e non mi riferisco solo ai nostri ricordi ma a quelli che ci vengono trasmessi e costituiscono anche l’immagine delle persone a cui vogliamo bene. Sicuramente quando si prova a raccontare quello che ricordiamo si tende a manipolare questi ricordi e a renderli diversi, contaminandoli con quello che sentiamo, quello che ci trasmette il momento stesso in cui proviamo a fissarli e a riviverli.
- Le pongo ora una riflessione alquanto delicata… cos’è secondo lei che esercita maggiore dolore, connesso a quell’inevitabile senso di impotenza e di frustrazione: una malattia crudele e inarrestabile o le parole taciute, rimaste in sospeso?
La malattia è qualcosa che non può non spaventarci. Si tratta del segnale chiaro, manifesto che la vita può atterrarti in un attimo e spogliarti di tutto quello che credi di aver conquistato. Le parole taciute però sono altrettanto dolorose perché ti impediscono di chiarire, di affrontare, di superare quello che affronti.
- La presa di coscienza e la gestazione di questa opera hanno avuto un percorso evolutivo sicuramente lungo e travagliato in molti momenti, è ben comprensibile. Si sente in un certo senso in pace con se stesso, adesso che ha affrontato questa prova di forza e di coraggio, o pensa che l’ombra di alcuni rimpianti e rimorsi possa ancora accompagnarla in futuro?
In pace con me stesso penso di no, ma è stato importante affrontare questi fantasmi anche per poter ragionare sulla mia vita oggi. Mi ha permesso anche di fare i conti con il ragazzo di vent’anni fa e provare a capire quanto è distante da me oggi. Un percorso che mi ha dato molto anche se è stato doloroso.
- Ogni cosa a suo tempo, si è soliti dire… ritiene di aver intrapreso questo viaggio interiore al momento giusto, raggiungendo, diciamo pure, il grado di maturità adeguato e necessario per poter calarsi nel trascorso della sua vita e di quella di suo padre? Pensa di aver narrato tutto ciò che si sentiva di esporre o forse ci sono alcune cose, alcuni aspetti tenuti solo per sé, a mo’ di segreto?
L’ho fatto nel momento in cui sono stato in grado quindi credo che fosse di certo quello giusto. E credo di aver messo nel libro tutto quello che avevo dentro, non mi sono risparmiato e non ho fatto sconti a me stesso quasi al limite della spietatezza. Questo perché sono sicuro che un libro del genere abbia senso solo se scritto in questo modo.
- Se in questo preciso momento si potesse osservare allo specchio, solo in una stanza, quanto riuscirebbe a intravedere in lei di suo padre, inteso come connotati fisici e/o come aspetti caratteriali? In cosa si sente di assomigliargli? Esiste qualcosa di lui che avrebbe voluto possedere e/o vivere al suo posto?
I suoi vecchi amici dicono che gli assomiglio molto, quindi non posso che fidarmi. Sul lato caratteriale mi piaceva la sua capacità di mostrarsi sempre adeguato ad affrontare ogni situazione. Il senso di sicurezza che trasmetteva per me è stato importante, quindi mi piacerebbe che i miei figli provassero lo stesso.
“Io ho sempre funzionato diversamente. Capace della massima dedizione, tendente all’ossessione, solo per le attività che mi entusiasmavano. Una cosa per lui inconcepibile”.
- A quale immagine affiderebbe all’istante il ricordo di suo padre? Ne esiste una significativa ed evocativa, reale o immaginaria che sia? Se sì, potrebbe motivarci la sua scelta?
Sicuramente all’ultimo torneo di calcio che abbiamo giocato insieme. Lui ormai molto in là con l’età e in sovrappeso che però, abbastanza fortunosamente, riesce a segnare su calcio di punizione. Io che gioco la partita a mille ma non riesco a fare goal. Alla fine mi dà una pacca sulla spalla come a dire "ci sono ancora". Ecco quell’immagine mi fa sorridere.
- Spaziando un po’ nel mondo dell’Arte… se suo padre fosse una lettura, che libro sarebbe? Se fosse una tela, un quadro, quale rappresenterebbe? E se dovesse incarnare un film, in quale lo rivedrebbe?
Come libro penso a Il vecchio e il mare di Hemingway, come film sceglierei Mi faccio la barca con Jhonny Dorelli, perché penso di averlo visto insieme a lui decine di volte.
- Le domando di affidare una musica, una melodia alla narrazione da lei affrontata in questo romanzo: ci sveli quale sceglierebbe per rappresentare al meglio il rapporto avuto con suo padre.
Sceglierei di sicuro i Beatles, e forse un classico intramontabile come Yesterday.
Recensione del libro
America non torna più
di Giulio Perrone
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista allo scrittore Giulio Perrone, editore dell’omonima casa editrice, in libreria con "America non torna più"
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