Walter Siti, nato a Modena, ma vive a Milano, è uno tra gli scrittori italiani più importanti. Ha insegnato nelle Università di Pisa, Cosenza e L’Aquila. È il curatore delle opere di Pier Paolo Pasolini. Attualmente collabora con i quotidiani "La Stampa" e "Il Riformista".
Prima di diventare scrittore di romanzi, ha scritto diverse poesie, poi la svolta con il libro Scuola di nudo del 1994 (Rizzoli) e a seguire La magnifica merce e Troppi paradisi per Einaudi, nel 2004 e 2006.
Per Mondadori esce il suo libro più estremo, Il contagio, poi ristampato nel 2017 con postfazione dell’autore.
Nel 2013 vince il premio Strega con Resistere non serve a niente (Rizzoli, 2012).
Tra i suoi ultimi libri ricordiamo Bruciare tutto (Rizzoli, 2017), che tratta il tema della pedofilia e che diede vita a un interessante botta e risposta con la filosofa e scrittrice Michela Marzano.
Non solo ha scritto romanzi, ma anche diversi saggi ed è critico letterario.
È da poco uscito il suo ultimo libro: La natura è innocente. Due vite quasi vere (Rizzoli, 2020).
- Grazie per l’intervista. Volevo sapere: cosa prova uno scrittore se l’uscita del suo libro va a scontrarsi contro una pandemia che ha chiuso tutte le librerie e il suo romanzo è acquistabile solo online?
Beh, all’inizio mi è dispiaciuto, naturalmente: soprattutto perché dopo quattro anni di lavoro poteva esserci un minimo di festeggiamenti ed è saltato tutto. Poi mi sono messo a lavorare ad altro e l’ho presa con filosofia; spero che il libro possa durare più di una quarantena. Ora per esempio, sentendo che in Lombardia le librerie non apriranno nemmeno il 14 aprile, sinceramente mi dispiace di più per la non-riapertura dei fiorai.
- Chi sono Filippo e Ruggero? Perché scrive che hanno fatto quello che avrebbe voluto fare pure lei?
Filippo e Ruggero sono due persone molto diverse; con Ruggero ci conoscevamo già, credo di capire come pensa. Con Filippo mi trovo più in difficoltà: è piuttosto intelligente e furbo, ma dovevo stare attento perché mi pareva che fosse abituato a manipolare la verità e le persone. Dopo che il libro è uscito, con Ruggero ci siamo sentiti molte volte, mentre Filippo non si è più fatto vivo. Non so nemmeno se il libro gli abbia fatto piacere o dispiacere. Mi stanno tutti e due piuttosto simpatici, perché il loro esibizionismo è ingenuo e immediato.
- Le storie dei due ragazzi e poi uomini fatti sono "quasi vere". Per non scrivere gesti o parole troppo coinvolgenti per lei? Perché non c’entravano con l’economia del romanzo? Insomma, perché "quasi"?
Il "quasi" lo spiego a lungo nella nota in fondo al volume; è legato al fatto che è impossibile raccontare una storia vera senza inventare. Sia perché alcuni protagonisti del racconto non ci sono più, sia perché chi è vivo non dice mai la verità piena, sia perché la forma esige l’invenzione. Inevitabilmente l’autore si proietta in modo diverso nei vari personaggi, con qualcuno si identifica di più, con altri nasce, anche involontariamente, un conflitto.
- La storia di Ruggero la scrive con una perizia tale che anche chi non ha letto altri suoi libri può legittimamente dire che conosce il mondo del ragazzo. È così?
Il mondo del porno e quello degli escort li conosco da fruitore (o da “utilizzatore finale”, secondo l’immortale espressione dell’avvocato Ghedini); qui mi sono divertito a mostrarli dalle coulisses, dal backstage. È uno dei modi possibili per attuare il tipo di realismo che preferisco, quello che fa vedere “il dorso delle cose”.
- La storia di Filippo è tragica sin dall’inizio. Tutti aspettano un misfatto che avviene. Lei sembra condannarlo, ma va al suo matrimonio. Cambia la sua idea di immoralità? Perché alcune azioni discutibili le chiama "stranezze"?
Parlare di moralità e di immoralità non mi riesce tanto facile, soprattutto non riesco mai a condividere le proposizioni generali. Ogni atto mi sembra che debba essere giudicato tenendo conto di molte e particolarissime varianti. Anche coi dieci comandamenti mi succedeva così, da piccolo. Alcuni “atti impuri” mi parevano leciti e altri no, certi modi di non onorare il padre e la madre mi parevano addirittura eroici. E poi sono sempre stato attratto dal proibito: e dal proibito all’illegale, o all’immorale, il passo non è lungo. Così, quando mi sono trovato di fronte al delitto di Filippo, mi interessava capire il perché: in fondo la penso come uno dei personaggi del libro, quando dice che “uccidere la madre, è una cosa che può capitare”. Dipende da quanto sono forti le spinte a farlo. Poi la legge e la società commineranno le pene e i giudizi relativi a quella determinata cultura, ma per capire il perché, dal punto di vista narrativo, le condanne preventive non mi sembrano utili. Se c’è scandalo, o indicibilità, questo va scontato nella scrittura.
- Tra le due storie lei fa una divagazione lunga, che è un pamphlet all’interno del romanzo. Sono le pagine più belle che lei abbia mai scritto, anche se leggiamo di odio per la vita. Perché la si odia tanto? O in parte è anche un artificio letterario gridare questo odio così forte?
Non mi riconosco tanto nella formula dell’odio per la vita; a me la vita piace molto, mi sono sempre (quasi sempre) divertito a viverla. Mi sono annoiato pochissimo, mi piace viaggiare, mangiare, fare all’amore. Solo mi sembra che gli uomini in generale ne sopravvalutino la portata, al punto da fare della vita una specie di idolo. Siamo pur sempre animali difettivi, e il destino del genere umano è segnato, finirà tutto in una nube di gas. Poi mi chiedo perché la maggioranza riesce a star dentro la vita, e a farne tutto il suo orizzonte, mentre io sono costretto a guardarla da fuori; e ne concludo che è colpa mia.
- Lei stravolge le idee e le poesie di Leopardi sulla natura matrigna. Perché la natura è innocente?
Anche dell’innocenza della Natura ne parlo a lungo dentro al libro; la Natura è innocente perché non è libera. Sono stato segnato dal pensiero di Bonhoeffer secondo cui non esiste libertà senza responsabilità, e non esiste responsabilità senza assunzione di colpa. Leopardi cade in contraddizione quando parla di Natura matrigna, in contraddizione con quello che ha già capito nel Dialogo della Natura e di un Islandese. Ma a lui viene naturale il paragone con la madre cattiva, perché pensa alla sua propria madre biografica, completamente anaffettiva.
- Sempre in questo scritto, tra le due storie scrive di una donna nel Nebraska che accetta il liquido seminale del marito del figlio e gli ovuli della figlia. Quindi questo figlio che nasce è figliastro, nipote, fratello e figlio. Perché la bioetica è fallita e nessuno le dà credito nei paesi non integralisti?
La bioetica è segnata dalla pretesa di poter correggere la Natura, e questo è pericolosissimo. Il fatto che ormai la tecnologia consenta di generare a prescindere dal coito mi sembra che porterà a mutamenti che ancora non possiamo prevedere, e che potranno anche essere distruttivi. Per correggere storture millenarie (machismo, servitù, subordinazione della donna ecc.) si rischia di affacciarsi su un mondo post-umano che a me personalmente fa parecchia paura.
- Lei non ha figli, ha cercato di mimarli possedendo dei culturisti. Come era Walter figlio in famiglia?
Da figlio sono stato molto ubbidiente e perbene. Fin da piccolissimo dicevo a me stesso “sii bravo a scuola, prendi tutti dieci, resta in casa a studiare e non gridare mai, non litigare, non fare a botte: così quando stai da solo ti lasceranno in pace a immaginare tutto quello che vuoi”. La mia abitudine di guardare il mondo da fuori dev’essere cominciata lì. A quattro anni già pensavo che fosse inutile chiedere le cose a babbo, perché tanto non avrebbe capito. E mamma era un essere immenso che non osavo guardare negli occhi. La mia sessualità è nata ascoltando i loro sussurri dietro la parete.
- Lei dice che anche le vite di Filippo e Ruggero con gli anni diventeranno medie, tutto il passato diluito in una quotidianità anonima. Quindi chi non ha avuto neanche un exploit nella vita è un’ameba o si può accettare anche un’esistenza senza scossoni?
Ma no, un’esistenza senza scossoni, tranquilla e che sta contenta al quia, credo anzi sia desiderabile. Per chi ci riesce. Come diceva Montale, le persone pienamente felici non scrivono poesie.
- Lo si dice da anni ormai che il romanzo è morto. Perché tanti vogliono andare a questo funerale?
L’ho già sentito dire tante di quelle volte, che il romanzo è morto, che credo gli allunghi la vita. Il romanzo è un genere talmente onnivoro che prende dentro di tutto. Perché un genere si estingua, come è accaduto per il poema epico o la tragedia classica, è necessario che le strutture socio-economiche cambino in profondità. Può darsi che il romanzo “soltanto scritto” venga sostituito dalle serie televisive, ma il principio narrativo non cambierà molto.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Walter Siti, in libreria con "La natura è innocente. Due vite quasi vere"
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Ti presento i miei... libri News Libri Rizzoli Walter Siti
Lascia il tuo commento