Luciana Benotto insegna italiano e storia in una scuola media superiore. Laureata in Lettere moderne, è anche giornalista e autrice di romanzi a sfondo storico: Armonia mundi, Il carnevale dei misteri, Il mondo di sotto e Sortilegio e altri racconti.
Amante della letteratura e della pittura, è ora nelle librerie italiane con Il Duca e il Cortigiano: Imprese d’arme e d’amore, edito da La Vita Felice.
- Presentati ai lettori che ancora non ti conoscono.
Amo molto leggere e confesso che l’amore per la lettura mi è stato inculcato da mia madre, la quale mi ha cresciuta a pane e fiabe preparando il terreno. Alle elementari aspettavo il sabato, quando c’era il prestito libri della biblioteca di classe, e grazie ai quei libri sono diventata una fan dei cavalieri della famosa tavola rotonda di Re Artù e dei paladini di Carlo Magno, le cui avventure erano una versione per bambini.
A nove anni, quando il vizio di leggere era inesorabilmente attecchito in me, come l’edera sulle pareti di vetusti palazzi nobiliari, ho cominciato a tenere un diario, al quale narravo le mie giornate come fosse un amico con cui confidarsi, e che negli anni ha avuto vari fratelli, che ora dormono nell’angolo più recondito di un armadio.
Ma il vero cimento con la scrittura è iniziato a trent’anni. Prima lo ritenevo prematuro perché non avevo letto abbastanza libri: personalmente credo, infatti, che solo dopo aver letto i grandi della letteratura si possa con umiltà accostarsi al mestiere dello scrittore: una professione che richiede oltre alla creatività, conoscenze tecniche.
- Come sei approdata all’editoria vera e propria, riuscendo a pubblicare i tuoi romanzi?
Il battesimo col pubblico l’ho avuto grazie ai concorsi letterari. Già il primo testo che inviai fu premiato con mia grande meraviglia. Sono andata avanti così per anni, semplicemente per divertimento, d’altronde io un lavoro ce l’avevo e ce l’ho, insomma, ho vinto di tutto, dalla penna stilografica a notti d’albergo, dal denaro alle pubblicazioni gratuite. E proprio in seguito a ciò, un giorno mi sono vista pubblicato un romanzetto giallo rosa che è finito nei bookstores on line. Incredula e con un po’ di autostima in più, ho quindi cominciato ad inviare i miei lavori a delle case editrici, ma chiedevano denaro, allora ho optato per il self publishing, riscuotendo un accettabile successo. E sarei andata avanti così per divertimento chissà per quanto tempo, se il caso non mi avesse fatto divenire amica di una nuova scrittrice la quale, un uggioso pomeriggio primaverile, davanti ad una tazza di tè mi disse: “Ma perché invece che farlo solo per gioco non fai la scrittrice per davvero?”. Le sue parole mi avevano lasciata perplessa, ma poi ci ho pensato su e ho seguito il suo consiglio, ovvero: “cercati un agente letterario e fai il salto”. E così è stato. Ora ho un mio libro sugli scaffali delle librerie italiane intitolato Il Duca e il Cortigiano. Imprese d’arme e d’amore.
- Da cosa nasce la tua predilezione per il romanzo storico?
Il passato mi affascina, soprattutto il periodo medioevale e quello rinascimentale; il primo per le lotte tra papato, impero e comuni, per i suoi castelli, per l’amor cortese, per le leggende che hanno un forte sapore magico; mentre il secondo per le alleanze mutevoli tra le signorie italiane, per la lotta per il potere, per i magnifici palazzi e le opere d’arte che ci ha lasciato.
- Come avviene il tuo lavoro di documentazione?
Leggo testi degli autori dell’epoca, saggi, cerco anche informazioni in internet e vado fisicamente nei luoghi dove desidero ambientare il romanzo, perché ricostruire un ambiente veritiero, dove far agire i personaggi, è molto importante.
- Com’è nata l’idea per il tuo ultimo romanzo Il duca e il cortigiano. Imprese d’arme e d’amore?
Feci un viaggio ad Urbino per visitare una mostra su Raffaello e i raffaelliti e lì ebbi il fatidico incontro col personaggio da cui ha preso spunto il mio romanzo: il duca di Urbino Guidobaldo da Montefeltro. Il suo ritratto stava appeso in una grande sala del palazzo ducale di quella magnifica cittadina, abbinato a quello di una dama: Elisabetta Gonzaga, che scoprii poi essere sua moglie. Mi avevano colpito il volto malinconico e la bellezza di lui e il viso tristissimo della moglie. Di solito le fisionomie dei personaggi importanti ritratti in quel periodo emanano, soprattutto quelle degli uomini, alterigia, boria, crudeltà, rapacità, talvolta nascoste dietro un accenno di sorriso o un’espressione magnanima. I volti di quella coppia invece erano diversi e io ho voluto scoprire cosa nascondessero le loro meste espressioni, quale fosse la loro storia personale. L’ho scoperto e l’ho raccontato nel libro.
- Puoi accennare la trama, senza svelare troppo ai lettori?
Il romanzo ricostruisce l’atmosfera ideale della corte di Urbino, fatta di colte e raffinate conversazioni, intrattenimenti poetici e musicali. Tutto ciò viene spezzato dall’arrivo, nel giugno del 1502, di Cesare Borgia, che con un agguerrito esercito marcia sul Montefeltro per conquistarlo e strapparlo al legittimo duca Guidobaldo, figlio di Federico III, il condottiero che aveva realizzato in Urbino la "Città ideale", un luogo in cui la perfezione architettonica era strettamente congiunta al buon governo e alla felicità dei sudditi. Guidobaldo lotterà per riconquistare le sue terre insieme all’amico e braccio destro Ferrante d’Aragona e a pochi uomini fidati. Le loro vicende personali si intrecciano con quelle di Elisabetta Gonzaga, amatissima moglie del duca, e con quelle Aura di Middelburg figlia di un mercante fiammingo. Tra avventure e disavventure, incontri d’amore e il segreto che avvolge la bella Aura dalle chiome fulve, la vicenda giungerà alla sua fine, ma quale essa sia la lascerò scoprire ai lettori.
- Come riesci a far sì che realtà storica e finzione risultino così bene "amalgamate"?
Nel romanzo la maggior parte dei personaggi di cui parlo sono veramente esistiti, anche certi minori, ma ce ne sono alcuni inventati. Reputo che essi siano credibili, perché ho ricostruito – nel limite del possibile e in modo particolareggiato –, l’ambiente dell’epoca: i palazzi, i mobili, i quadri, i vestiti, i cibi, i vini, i modi di dire, i fatti di cronaca, le vicende politiche, le località; ecco, io penso che sia questo che li renda attendibili e vivi, oltre al fatto di mostrarli in carne ed ossa con le gioie, i dolori e i problemi di tutti gli uomini.
- Quali traguardi ti sei posta di raggiungere nel futuro prossimo?
Ho già pronto un nuovo romanzo storico ambientato nel Trecento, dove parlo di un membro della famiglia dei Visconti che ritengo estremamente affascinante e del quale ho narrato un particolare periodo della sua vita. Inoltre ne sto scrivendo uno nuovo; questa volta ho scelto però una donna, una grande pittrice del passato, attualmente e ingiustamente finita nel dimenticatoio, che io reputo debba tornare alla ribalta per i suoi meriti artistici e per la sua vita alquanto singolare.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Intervista a Luciana Benotto
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