La biografia di Iosif Brodskij potrebbe iniziare come una favola, e l’ha narrata lui stesso. In quel fiabesco “c’era una volta” si avverte da subito, tuttavia, una nota stridente, una tonalità oscura, più cupa, che non lascia certo presagire il lieto fine:
C’era una volta un ragazzino, viveva nel Paese più ingiusto del mondo. Che era governato da individui i quali sotto ogni punto di vista umano dovevano essere considerati dei degenerati. E c’era una città, la più bella città sulla faccia della terra.
La più bella città sulla faccia della terra è Leningrado (oggi Pietroburgo, Ndr), dove lo scrittore Premio Nobel venne alla luce il 24 maggio 1940, proprio durante il lungo assedio nazista. Iosif Brodskij nacque in Russia, ma nel corso della sua avventurosa vita fu anche austriaco, americano; divenne straniero a sé stesso, cambiò paese e nome. Ormai si faceva chiamare Joseph, ma le sue poesie continuava a scriverle nella lingua che era sempre stata la sua: il russo. Non visse una sola vita, milioni di vite: fu operatore all’obitorio, tornitore, fuochista, guardiano di un faro, tentò persino di dirottare un aereo, poi divenne insegnante, saggista, ma soprattutto “poeta”.
Dopo essere stato esiliato dalla sua patria, la Russia, si presentava così:
Io sono ebreo, poeta russo, saggista inglese e cittadino americano.
Scopriamo la vita e le opere di Iosif Brodskij.
Iosij Brodskij: la vita
Il 24 maggio 1940, il giorno della nascita di Brodskij, era una data simbolo della Seconda guerra mondiale: è in pieno svolgimento l’invasione tedesca della Francia, l’avanzata delle truppe di Hitler appare implacabile. Appena un anno dopo, Leningrado fu assediata e ridotta allo stremo, isolata completamente per oltre cinque mesi. Fu l’inverno più freddo della storia della Russia, il numero di vittime era incalcolabile: ma, contro ogni previsione, Iosif Brodskij sopravvisse all’infanzia. Durante l’assedio di Leningrado vide morire di fame lo zio e, nonostante la tenera età, di quei giorni di morte il poeta ricordò tutto, come scrisse nella sua autobiografia: la povertà estrema della vita, le divise dei soldati, i colpi di cannone, e il “primo pane bianco” mangiato a sette anni, nel 1947.
Era figlio di un ufficiale di marina e di un’impiegata, la sua era una famiglia di discendenza ebrea. Per tutta l’infanzia Brodskij fu cresciuto dalla madre - una donna colta e raffinata che lavorò anche come interprete grazie alla sua conoscenza del francese e del tedesco. Il padre era lontano, impegnato a combattere una guerra atroce, come la maggior parte degli uomini in quegli anni. Fu congedato anni dopo, perché era ebreo e non poteva essere promosso a un grado superiore: per lungo tempo faticò a trovare lavoro e la famiglia visse in condizioni di estrema povertà. Brodskij lo ricordò nella sua raccolta saggistica più autobiografica, Fuga da Bisanzio (Adelphi, 1987) in cui narra la sua infanzia pietroburghese e la sua giovinezza impetuosa e ribelle, prima dell’esilio dalla Russia.
A quindici anni lasciò la scuola, deciso a non ritornarci più. Iniziò a lavorare in fabbrica, dove poté conoscere a fondo le dure condizioni di vita del proletariato. Dopo un anno decise di lasciare il lavoro, prostrato dalla fatica, e tentò di studiare medicina, ma la prima esperienza in un obitorio non lo convinse a continuare nell’intento. Abbandonata anche quella strada, scelse di dedicarsi alle spedizioni speleologiche, molto in voga in quegli anni. Riuscì così a visitare alcune delle regioni più sperdute della Russia e giunse sino in Siberia. In questo stesso periodo, saltando da un lavoro all’altro, Brodskij scoprì l’immenso potere dei libri, di cui si nutriva, in cui cercava compagnia, erano la sua ancora di salvezza in un mondo che non consentiva la libertà individuale.
A soli vent’anni partecipò al suo primo torneo poetico, presso il Palazzo della Cultura Gor’kij a Leningrado. Qui lesse una poesia dal titolo Cimitero ebreo vicino a Leningrado
Una parte recitava così:
In questo modo prigioniero del materialismo interpretavano il Talmud, restavano idealisti. (...) Cercavano pace e l’hanno ottenuta nella decomposizione della materia.
La poesia suscitò uno scandalo: la sfida al materialismo appariva inconcepibile. Grazie a quell’opera Brodskij incontrò Anna Achmatova, che riconobbe il suo talento e sarebbe diventata la sua protettrice. La fama di poeta tuttavia non gli portò allori, ma problemi. Il regime lo definiva un fannullone, lo fece processare con l’accusa di “parassitismo”. Furono anni difficili per lui, venne ricoverato in cliniche psichiatriche, sottoposto a strane iniezioni. Nel frattempo instaurò una relazione con la pittrice Marina Basmanova, che gli era stata presentata sempre da Anna Achmatova. Marina sarebbe diventata sua croce e delizia, il tormento amoroso di tutta la sua vita. Insieme ebbero anche un figlio, Andrei. Brodskij scrisse poesie per lei persino dopo la loro separazione forzata a causa dell’esilio, avrebbe continuato a dedicarle liriche anche dopo la sua morte.
Il processo a Iosif Brodskij
A soli ventiquattro anni, nel febbraio 1964, fu arrestato: l’accusa era di “parassitismo sociale”. Per il regime era inammissibile che lui non lavorasse, perché in Unione Sovietica il lavoro era ritenuto un obbligo, un dovere sociale.
Un verbale stenografato del processo ci dà una chiara visione delle ragioni dell’accusa:
Giudice: Qual è la sua professione?
Brodskij: Poeta, poeta e traduttore.
Giudice: E chi ha riconosciuto che siete poeta? Chi vi annovera tra i poeti?
Brodskij: Nessuno. (senza sfida) E chi mi annovera nel genere umano?
Giudice: Avete studiato per questo?
Brodskij: Per cosa?
Giudice: Per essere un poeta! Non avete cercato di completare l’università dove preparano... dove insegnano...
Brodskij: Non pensavo... Io non pensavo che ci si arrivasse con l’istruzione
Giudice: E come?
Brodskij: Io penso che...(confuso) venga da Dio...
La verità era che Iosif Brodskij era un intellettuale scomodo, sgradito al regime, bisognava trovare il modo di renderlo inoffensivo. Alla fine del processo, il 13 marzo 1964, venne condannato al massimo della pena: cinque anni di lavori forzati.
Non furono, in realtà, anni così terribili: lavorò in campagna, dedicandosi ai mestieri agricoli, nel tempo libero continuava a leggere e scrivere. Intanto Anna Achmatova, a Leningrado, si impegnava a guidare un movimento rivoluzionario in suo nome e riuscì, dopo ben due anni, a far annullare la sua condanna grazie al supporto di vari scrittori, tra cui Jean-Paul Sartre.
Brodskij e gli anni dell’esilio
Dopo la morte di Achmatova le cose per Brodskij in patria si complicarono di nuovo; era ormai venuto meno il “coro magico”, come venivano chiamati i poeti russi che circondavano la figura luminosa di Anna. Tempo dopo nel 1972, tramite un piano diabolico, venne costretto all’“emigrazione immediata”. Il regime non lo definì mai con il suo vero nome: “esilio”. Il poeta dovette firmare un modulo di espatrio, costretto con l’inganno da un colonnello che lo incalzava con lo sguardo e la voce.
Nel giugno del 1972 partì da Leningrado. Non vi sarebbe tornato mai più e non avrebbe mai più rivisto i suoi genitori che, nonostante le innumerevoli richieste di poter far visita al figlio, furono trattenuti in patria.
Iosif approdò dapprima a Vienna, poi partì alla volta dell’America dove gli era stato trovato un lavoro come insegnante presso l’università del Michingan. Doveva tenere un corso di poesia e letteratura russa. Iniziò così la sua seconda vita americana, divenne Joseph Brodsky.
Viveva nella terra promessa della democrazia, ma continuava a rimpiangere la patria lontana che aveva abbandonato. Dedicò numerose poesie a quel sentimento di nostalgia, la più straziante si intitola Quinto anniversario, la scrisse cinque anni dopo la sua partenza. Nel 1977 ottenne la cittadinanza americana, ma la sua anima restava russa, come ci dimostrano le sue Poesie scritte sempre in alfabeto cirillico.
Nel 1987 fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura, per la sua produzione letteraria di levatura eccezionale, “improntata all’ acutezza intellettuale e all’intensità poetica”.
Un premio che loda l’opera, ma soprattutto l’uomo che ha trasformato l’esperienza in scrittura, capace di muoversi oltre il tempo e lo spazio, superando confini linguistici, geografici, culturali. Scriveva con due macchine da scrivere: una verde con i caratteri cirillici per il mondo della poesia, e una blu, con i caratteri latini, per il mondo della prosa.
Io scrivo da un impero che distende tutti i confini fino all’ acqua / sulla pelle / ho sperimentato due oceani e due continenti: / mi sento quasi come il globo; / non c’ è più posto dove andare. Solo stelle, / più in là. / E brillano.
Iosif Brodskij era cardiopatico. Soffrì di angina pectoris già a trentatré anni, forse a causa del forte stress cui fu sottoposto dal regime sovietico.
Morì di infarto nel suo studio di New York il 28 gennaio 1996, a soli cinquantacinque anni.
Dove fu sepolto Iosif Brodskij? Non nella sua madrepatria, in Russia, come immaginano alcuni, ma nella sua patria d’elezione spirituale: Venezia, la città sull’acqua cui dedicò un libro che è un autentico atto d’amore Fondamenta degli Incurabili.
Sulla sua tomba, presso il cimitero di San Michele, ancora oggi vengono lasciate lettere, poesie e messaggi che sembrano consolarlo del suo eterno esilio.
Iosij Brodskij: le opere
I libri di Iosif Brodskij sono stati editi in Italia da Adelphi, tra i più importanti ricordiamo:
- Fuga da Bisanzio: una raccolta di saggi basata sull’esperienza di vita di Brodskij, soprattutto sulla sua infanzia e adolescenza.
Fuga da Bisanzio
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- Dall’esilio : la raccolta di tre discorsi sull’esilio pronunciati in alcune conferenze nel 1987, tra cui il discorso tenuto in occasione della cerimonia del Nobel a Stoccolma.
Dall'esilio
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- Fondamenta degli incurabili: un toccante libro-saggio dedicato alla città di Venezia che delinea tutta la meraviglia e il mistero della “città dell’acqua”.
Fondamenta degli incurabili
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- Poesie: la raccolta delle più belle poesie di Iosif Brodskij. Lui che riteneva la poesia come “il fine più alto della vita umana”. La considerava la “meta della nostra specie”.
Poesie (1972-1985)
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- Dolore e ragione: l’ultimo libro, pubblicato poco prima della scomparsa di Brodskij nel 1997. Contiene tre grandi saggi dedicati a Robert Frost, Thomas Hardy, Rainer Maria Rilke.
Dolore e ragione
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Chi era Iosif Brodskij, l’autore premio Nobel esiliato dalla Russia
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