Soprattutto nel lessico politico e nei talk show televisivi abbiamo a volte sentito la parola understatement, termine inglese che potrebbe essere reso in italiano con ipobole e che indica un’interessante figura retorica.
Come possiamo intuire finanche dal suono, il vocabolo ipobole richiama da vicino la parola iperbole: non si tratta di un caso, perché l’ipobole o understatement è l’esatto contrario dell’iperbole, proprio come nel greco antico il suffisso ipo- si contrappone a iper-.
L’ipobole o understatement, a ben vedere, ricorre non solo nei discorsi e nelle affermazioni di abili oratori che padroneggiano gli strumenti retorici ma anche nei testi di scrittori che, con i loro dialoghi, molto hanno insegnato a chi si occupa di giornalismo e, più in generale, di scrittura persuasiva.
Scopriamo allora insieme il significato dell’ipobole o undestatement e come si utilizza questa figura retorica.
Ipobole o understatement: cosa significa?
L’anglismo understatement è un sostantivo che deriva dal verbo to understate e che potrebbe essere correttamente tradotto con i termini italiani, diminuire, attenuare, sottostimare, minimizzare. Il vocabolo inglese è utilizzato, ad esempio, un un’espressione idiomatica come:
«That’s an understatement!»
che potremmo tradurre con:
«A dir poco!»
Il termine è stato introdotto nel nostro idioma dalla linguistica cognitiva e corrisponde al vocabolo italiano ipobole, più specialistico e abbastanza desueto.
E proprio a una diminuzione, a una riduzione intenzionale va ricondotta la funzione dell’ipobole, una figura retorica che attenua volutamente l’importanza o la gravità di un evento.
Quando ci troviamo di fronte a un’ipobole, dunque, non solo un fatto viene descritto senza alcuna enfasi e partecipazione ma le sue caratteristiche vengono volutamente ridimensionate, sminuite, sottostimate al fine di ridurne la realtà e di riportare la questione entro limiti, o toni, sensibilmente più blandi.
L’effetto che si ottiene è paradossale, perché il peso di quel che si dice o si narra è ridotto oltre i limiti del verosimile: in questo modo il discorso riesce ad assumere un sapore ironico, sottostimare una situazione riesce spesso a suscitare il riso. Non solo, per contrasto, si riescono a sottolineare ancora meglio i tratti distintivi di quello stesso evento che, in prima battuta, può sembrare addirittura banalizzato.
Al di là della linguistica e della retorica l’understatement può essere considerato anche come un atteggiamento, un abito mentale: in alcuni casi viene messo in atto occasionalmente, e in modo consapevole e mirato, soprattutto da quei personaggi che non fatichiamo a definire sornioni; in altre circostanze può trattarsi anche di un modo di porsi involontario, o di una consuetudine agita quasi inconsapevolmente. Ciò è vero soprattutto in alcuni professioni legate al mondo della politica e della diplomazia, dove lo stile comunicativo, e la tendenza a far passare tutto sottotraccia, è particolarmente importante e tende ad essere interiorizzato fino a diventare un tratto distintivo di chi lo esercita (si pensi ad esempio a Giulio Andreotti).
Ma può trattarsi anche di un elemento del carattere collettivo di una popolazione: gli inglesi, ad esempio, sono culturalmente abituati al contegno: non esternano troppo le loro emozioni, non gesticolano come noi italiani e sanno mantenere il discorso entro certi limiti, anche grazie alla loro ironia e all’understatement, strumenti che permettono di smorzare la tensione e di mantenere il giusto aplomb. Almeno finché non si alza il gomito.
Alcuni esempi di understatement
Cerchiamo allora di capire come viene utilizzato l’understatement e quali effetti può sortire in un discorso, orale o scritto che sia. Consideriamo, ad esempio, la frase:
«Mi sento un po’ assonnato - non dormo da due giorni!»
La sottostima del problema è evidente: chi non dorme per un tempo così prolungato sarebbe molto sofferente, avrebbe un calo dell’attenzione rilevante, con ogni probabilità non si reggerebbe in piedi e svenirebbe, nella parte inziale della frase, invece, troviamo “un po’”: ciò riduce tutto oltre il verosimile.
«Osserviamo La nascita di Venere di Botticelli. Come descrivereste la donna ritratta?»
«Mmm, sì, caruccia»
Anche in questo secondo esempio ci troviamo di fronte a una evidente, e volontaria, sottostima di una caratteristica: la donna o, meglio, la dea ritratta dal pittore dovrebbe essere l’immagine plastica della bellezza femminile, la bellezza per antonomasia, l’archetipo stesso della bellezza; il “caruccia” pronunciato dall’interlocutore irriverente, invece, riduce drasticamente il livello della caratteristica di cui si discute. E ciò, almeno in questo caso, non può che strappare un sorriso.
Ipobole o understatement: correlazioni e confronti con altre figure retoriche
L’ipobole o understatement, come artificio retorico che ci porta a dire meno, può considerarsi almeno strutturalmente affine alla tecnica dell’iceberg, una strategia di scrittura utilizzata non a caso da Hemingway.
È però importante anche distinguere con chiarezza l’ipobole da altre figure retoriche alle quali potrebbe essere accostata o con le quali potrebbe essere addirittura confusa.
Secondo alcuni l’ipobole è già contenuta nella figura retorica contraria, ovvero nell’iperbole dal momento che si tratta comunque di una estremizzazione oltre il verosimile, di una o di alcune caratteristiche, con un effetto ironico e paradossale. Tuttavia la differenza non è di poco conto: l’iperbole, infatti, accentua, estende, accresce, mentre l’ipobole fa proprio l’esatto contrario: riduce e sminuisce.
L’ipobole, poi, potrebbe essere confusa con la litote: anche in questo caso ci troviamo di fronte all’attenuazione di una caratteristica che, però, avviene mediante la negazione del suo contrario, quindi attraverso una costruzione linguistica differente. Senz’altro, però, il risultato ottenuto è molto simile, in entrambi i casi l’effetto è ironico.
L’ipobole, infine, non va confusa con l’eufemismo dove viene utilizzata una parola piuttosto che un’altra, o una locuzione piuttosto che un solo termine, al fine di smorzare e ridimensionare l’asprezza e l’offensività iniziali.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Understatement o ipobole: significato, quando si usa ed esempi della figura retorica
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