Irrecuperabile ribelle
- Autore: Tina Modotti
- Genere: Arte, Teatro e Spettacolo
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Via del Vento
- Anno di pubblicazione: 2016
Nella curata ed elegante collana I quaderni delle edizioni pistoiesi Via del Vento è da poco uscito “Irrecuperabile ribelle”, un libriccino di pensieri sulla vita e l’arte della fotografa Tina Modotti, curato e tradotto da Francesco Cappellini che, nella sua postfazione, afferma:
“La fotografia autentica possiede sempre qualcosa di sovversivo e rivoltoso: le immagini della Modotti rimandano direttamente alla sua passione, al suo amore e al suo impegno per gli umiliati e offesi di cui scelse di mettersi al servizio… Tina rivolge la sua attenzione alla realtà umana e sociale che la circonda cogliendone la bellezza e la dignità senza mai correre il rischio di scadere, da una parte in una forma di miserabilismo e pietismo, dall’altra nel reportage fotografico etnografico fine a se stesso”.
Sovversiva e rivoltosa, quindi, come fotografa; “Irrecuperabile ribelle” come donna e attivista politica: Tina Modotti nacque a Udine nel 1896, e a diciassette anni raggiunse il padre, “agitatore socialista e libertario”, in California. L’accurata biografia che conclude questa pubblicazione ci narra le vicende turbinose della sua vulcanica esistenza, conclusasi nel 1942 a Città del Messico, dove Modotti fu colta da infarto all’interno di un taxi. La sua fine, come tutta la sua vita, fu avvolta da ipotesi leggendarie di complotti, perché l’artista e la donna mai si era sottratta alla radicalità dei sentimenti privati e dell’impegno politico, che l’aveva resa invisa al potere ma amata dal popolo e dall’opposizione di sinistra.
Con il primo compagno, un pittore canadese, si trasferì a Los Angeles, tentando la carriera cinematografica, ben presto abbandonata. Conobbe quindi il famoso fotografo Edward Weston, che la introdusse nel suo ambiente artistico, insegnandole i primi rudimenti del mestiere, di cui la giovane riuscì ben presto a impossessarsi con assoluta maestria. Insieme, si trasferirono nel 1923 in Messico, allora polo di attrazione per tutte le avanguardie politiche e culturali del mondo, negli anni di ricostruzione sociale post-rivoluzionaria. Qui l’abilità tecnica di Tina trovò nutrimento e spessore in una maturazione della sua coscienza civile e umana, interessata a testimoniare i disagi e le lotte della popolazione più umile. Prima arrestata e poi espulsa dal paese, riparò a Mosca, diventando membro del Soccorso Rosso Internazionale, e impegnandosi in attività clandestine e in missioni segrete internazionali a fianco del nuovo compagno Vittorio Vidali. Con lui partecipò alla lotta anti-franchista durante la guerra civile spagnola, stringendo rapporti di amicizia con Robert Capa, Hemingway, Machado e Dolores Ibarruri. Sempre con Vidali tornò poi in Messico, in un regime di semi-clandestinità.
Dell’attività di fotografa di Tina Modotti, limitata ad un arco di cinque anni (dal 1924 al 1929), rimangono solo duecento fotografie, alcune delle quali sono riportate in queste pagine, il cui valore sta soprattutto nel proporre al lettore l’unico scritto programmatico di Tina, e una scelta di lettere inviate al suo grande amore e mentore Edward Weston. Di questa breve antologia offriamo qui alcuni stralci:
“Penso di essere una fotografa, nient’altro. Se le mie fotografie risultano diverse da ciò che solitamente viene fatto in questo campo, è esattamente perché cerco di produrre non arte ma fotografie oneste, senza distorsioni o manipolazioni. La maggior parte dei fotografi cerca ancora effetti “artistici”, limitando altri mezzi o espressioni grafiche… La fotografia, proprio perché può essere prodotta solo in quell’istante e perché si fonda su ciò che oggettivamente esiste davanti all’obiettivo, costituisce il mezzo più soddisfacente per registrare la vita vera in tutti i suoi aspetti, e da ciò deriva il suo valore documentario”.
“Questo problema della vita e dell’arte è la mia tragicommedia – lo sforzo che faccio per dominare la vita è tutta energia sprecata che potrebbe essere usata meglio se la dedicassi all’arte – allora sì che avrei più cose da mostrare”.
“Edward caro – mi sento così ricca e fortunata per averti conosciuto in questa vita – per esserti stata vicino, per averti amato e per amarti. Benedetto il giorno in cui abbiamo capito che avevamo ambedue qualcosa da dirci”.
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