Sono trascorsi 100 anni dalla morte di Katherine Mansfield, ma la breve vita della scrittrice regna ancora sovrana al centro delle cronache letterarie. Un’esistenza bruciata d’un lampo e segnata dal presagio costante della fine; un passaggio terreno lieve che tuttavia ha lasciato un’impronta indelebile attraverso una scrittura senza eguali.
Katherine, affettuosamente chiamata “Kass” da amici e familiari, ci sorride imperturbabile dalle fotografie in bianco e nero che la ritraggono eternamente giovane. Nelle immagini appare nobile e diafana, con un sorriso mite simile a quello della Monnalisa che racchiude appieno il suo mistero.
Appariva fragile “come una porcellana cinese”, tuttavia era forte abbastanza da tenere testa agli scherzi crudeli del destino ed era animata da una fierezza indomita. Negli ultimi anni è stato riscoperto il suo lato “ribelle” che la rende un’autentica icona del Novecento letterario e pone in ombra l’immagine artefatta di una Mansfield più mansueta.
Il 9 gennaio 1923 Katherine Mansfield morì di tisi mentre era ricoverata presso l’Istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo di Georges Gurdjieff a Fointainebleau, nei pressi di Parigi. Nell’ultimo anno le sue condizioni di salute si erano aggravate drammaticamente, e le scarse cure sperimentali dell’istituto - nel quale era stata ricoverata nel 1922 - non contribuirono certo a risanarle. Si racconta che Gurdjieff la facesse dormire nuda in una stalla, circondata da maiali, perché il fiato degli animali, la cosiddetta “radiazione del magnetismo animale”, aiutasse i suoi polmoni a ristabilirsi. Oggi un simile metodo “curativo” sarebbe contestato, ma all’epoca nessuno osava contraddire la filosofia di Gurdjieff, il “Socrate contemporaneo”.
Il vero tracollo di Kass tuttavia avvenne quando le fu impedito di scrivere persino le lettere e i diari: era stata la scrittura a permetterle di sopravvivere, e quando le fu tolta la sua fonte primaria di vita venne meno anche il respiro.
Dall’età di vent’anni Katherine Mansfield aveva consacrato la propria stessa esistenza alla scrittura, seguendo le orme del suo maestro di vita, l’autore russo Anton Cechov. Quando morì non era famosa, aveva pubblicato poco, appena una manciata di racconti e lasciato un’eredità immensa di scritti inediti. Le sue opere furono pubblicate postume dal marito John Middleton Murry, anche lui scrittore. Murry badò poco alla malattia della moglie poiché era all’epoca era un autore impegnato e uno dei critici inglesi più stimati, totalmente immerso nel suo lavoro. Per un curioso destino, oggi il nome di Murry è svanito nell’oblio, mentre quello di Katherine Mansfield regna incontrastato nell’Olimpo dell’immortalità.
Scopriamo la sua vita e le sue opere.
Katherine Mansfield: la vita
Katherine Mansfield nacque a Wellington, in Nuova Zelanda, il 14 ottobre 1888. Figlia di una famiglia benestante, la giovane Kass ricevette la miglior educazione possibile. Mostrò da subito un talento precoce per la scrittura iniziando a scrivere racconti e articolo per il giornale del liceo locale. Da giovanissima, però, la sua ambizione era quella di diventare una violoncellista di fama.
Nel 1903 si trasferì a Londra per proseguire gli studi presso il Queen’s College: l’esperienza londinese segnò uno spartiacque nella sua vita e l’avrebbe cambiata per sempre.
Nella capitale inglese Kass iniziò infatti a condurre un’esistenza piuttosto sregolata, intrecciando varie relazioni sentimentali con donne tra cui si ricordano Maata Mahupuku e Edith Kathleen Bendall.
Terminati gli studi fece ritorno in Nuova Zelanda, ma la quieta vita provinciale le parve impossibile da condurre, e dopo poco tempo ottenne dai familiari il permesso di tornare a Londra.
Nel 1909 sposò frettolosamente il proprio maestro di musica, George Bowden; ma il matrimonio non fu mai consumato e, si dice, durò appena un giorno. Per mettere a tacere le malelingue la madre Annie decise di spedire la figlia in Baviera cogliendo al volo la scusa delle cure termali. Durante il ritiro in Baviera, Kass fece l’incontro letterario che avrebbe cambiato per sempre la sua esistenza: lesse i libri di Anton Cechov e ne fu folgorata, da quel momento capì che avrebbe dovuto consacrare sé stessa non al violoncello, ma alla scrittura.
Poco tempo, nel 1911, Katherine Mansfield pubblicò ma la sua prima raccolta di racconti dal titolo In a German Pension e iniziò a entrare in contatto con il mondo letterario londinese. Conobbe D.H. Lawrence e una Virginia Woolf all’epoca ancora misconosciuta (Mansfield sarebbe stata la prima autrice pubblicata della Hogarth Press dei coniugi Woolf con la raccolta Prelude, Ndr). Tra le sue conoscenze “letterarie” dell’epoca apparve anche un certo John Middleton Murry, scrittore e critico letterario, che Katherine avrebbe sposato nel 1918.
Un anno prima del matrimonio, nel 1915, la giovane e intrepida Katherine Mansfield mostrò dei cenni di cedimento. La morte del caro fratello Leslie in guerra la provò dal punto di vista mentale e psicologico, mentre una malattia inguaribile iniziava a minarla nel fisico. Lo spettro della tubercolosi si stese su di lei e divenne una compagna di vita insolente e sgradita che non l’avrebbe mai più abbandonata. Quella giovane donna piena di promesse divenne un’invalida, schiava dei dolori. Iniziò la lunga trafila dei ricoveri: trascorreva gli inverni all’estero, in Francia o in Italia, nella speranza di trovare in quel nomadismo obbligato sollievo dalla malattia.
La scrittura intanto divenne una vocazione feroce, cui Mansfield si aggrappava con disperazione nel tentativo di mantenersi in vita. Collaborava anche con il marito Murry scrivendo recensioni per la rivista Athenaeum.
Katherine sentiva sempre più vicina la minaccia della morte e cercava di esorcizzarla attraverso i suoi scritti. Trascorreva molto tempo da sola in buie camere di albergo e il marito non si curava di lei, troppo indaffarato a inseguire la propria effimera fama letteraria. Nel 1921 le sue condizioni si aggravarono ulteriormente e dovette abbandonare la Costa Azzurra per trasferirsi a Montana, in Svizzera, paese ordinario e asettico che lei non amava.
Scriveva forsennatamente tutto il giorno, addirittura per quindici ore di fila, sperando che la scrittura - il “fuoco sacro” dell’ispirazione letteraria - potesse in qualche modo risanare il suo fisico malato. Il suo corpo era fragile, squassato da una tosse furibonda, ma la volontà era tenace e una fiera forza interiore la illuminava.
Un tragico destino la incalzava. Nel 1922 fu ricoverata presso l’Istituto per lo sviluppo armonioso dell’uomo di Georges Gurdjieff, in Francia. Fu l’inizio della fine. Quando le fu impedito di scrivere Katherine Mansfield fu perduta.
Morì in una gelida sera d’inverno, il 9 gennaio 1923, a causa di un’emorragia. Aveva lasciato ben in ordine un mucchio di pagine inedite, mai pubblicate, racconti dal timbro musicale che ne custodivano la memoria.
La sua persona scompariva dal mondo terreno, mentre il suo mito era appena nato attraverso la scrittura come una fenice che risorge dalle sue ceneri.
Katherine Mansfield: le opere
- Tutti i racconti: l’anima di Katherine Mansfield è racchiusa nella sua immensa produzione narrativa. Ecco le storie imprevedibili e anticonvenzionali, spesso senza una vera e propria trama ma fatte di illuminazioni epifaniche, attraverso cui Mansfield avrebbe rivoluzionato il genere delle short stories secondo Virginia Woolf.
Tutti i racconti. Felicità-Garden party (Vol. 1)
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- Quaderno di appunti (1905-1922), trad. di Elsa Morante (Milano-Roma, Feltrinelli, 2012)
Quaderno d'appunti
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- Viaggio in Urewera, a cura di Nadia Fusini (Milano, Adelphi, 2015)
Un diario di viaggio scritto da Katherine Mansfield a diciannove anni nel quale descrive la tribù dei Maori che viveva ancora in stato selvaggio nell’Urewera, la costa orientale dell’Isola del Nord della Nuova Zelanda.
Viaggio a Urewera
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- Sulla baia, trad. di Emilio Ceretti (Roma, Elliot, 2018)
Pubblicato per la prima volta nel 1922, quando l’autrice era ancora in vita, Sulla baia (titolo originale At the bay, Ndr) è giustamente ritenuto uno dei racconti capolavoro di Katherine Mansfield.
Sulla baia
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- I pini, i passeri, io e te (Roma, Elliot, 2021)
Una raccolta di racconti di Mansfield riedita dalla casa editrice romana Elliot edizioni che invita a riflettere sul rapporto tra l’uomo e l’ambiente. Una riflessione urgente e necessaria soprattutto per noi, uomini del Terzo millennio.
Il pino, i passeri, io e te
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Katherine Mansfield: un nuovo libro in occasione del centenario
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Proprio oggi 9 gennaio, in occasione del centenario della morte di Katherine Mansfield, la casa editrice Neri Pozza pubblica Nessuna come lei. Virginia Woolf e Katherine Mansfield: storia di un’amicizia a cura di Sara De Simone.
Una raccolta della corrispondenza originale tra Katherine Mansfield e Virginia Woolf che, avvalendosi di fonti e materiali d’archivio sinora inediti, getta una nuova luce sulla breve esistenza della scrittrice neozelandese.
Katherine Mansfield e Virginia Woolf si conobbero per la prima volta nel 1917, quando la prima aveva 28 anni e la seconda 35, nessuna delle due aveva ancora pubblicato il proprio capolavoro letterario, ma sono entrambe in procinto di scriverlo. Le accomuna la stessa passione e la volontà di porre la letteratura - e il demone dell’ispirazione letteraria - al primo posto. La rivalità annunciata si trasforma tuttavia, inaspettatamente, in amicizia. Quando seppe della morte di Katherine, Virginia Woolf ne fu devastata. In una lettera scrisse:
Ho avuto la sensazione di una reciproca comprensione.
L’incontro memorabile tra due autrici iconiche del Novecento letterario rivive oggi nelle loro stesse parole, attraverso le lettere manoscritte che resistono all’incendio degli anni e alle narrazioni fatue sorte sulle due autrici trasformate in personaggi dalla critica recente.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La breve vita di Katherine Mansfield e un libro edito a 100 anni dalla morte
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