L’isola di Lark
- Autore: Julie Mayhew
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Corbaccio
- Anno di pubblicazione: 2020
Era un’attrice Julie Mayhew, ma è passata dall’altra parte del set, dalle scene al dietro le quinte, alla sceneggiatura e poi alla scrittura. Autrice di titoli young adult, ha debuttato nella narrativa per il pubblico più ampio con un romanzo che sta lasciando il segno, L’isola di Lark, edito da Corbaccio (2020, traduzione di Rita Giaccari, 303 pagine), un thriller pieno di suggestioni ipnotiche in una location claustrofobica, straordinariamente adatta a una storia gotica moderna.
C’è l’isola sperduta nel Mare del Nord, ci sono le nebbie, atmosferiche, etiche, psicologiche, ci sono dinamiche malate e ancestrali tra uomini e donne, oltre a un che di stregoneria adolescenziale, da far venire alla mente le vicende delle streghe ragazzine di Salem, nella prima America di fine 1600. Lì si trattava di una colonia britannica nel Massachusetts, qui di un insediamento di appena 253 abitanti, sulle rotte per l’Islanda e la Groenlandia, ma con l’aggiunta di un cerchio druidico di pietre, che fa tanto antichi riti e misteri da notte dei tempi.
Secondo una leggenda, l’isola di Lark era molto più vicina alle maggiori britanniche del Nord, ma un gigante azzannò un pezzo di scogliera e lo trovò tanto disgustoso da lanciare con rabbia l’intera piccola terra emersa molto più lontano, nel freddo mare settentrionale.
Viola e la madre hanno navigato tre giorni in un battello puzzolente per raggiungerla, con pochissimi altri passeggeri. Deborah Kendrick, la figlia sedicenne e la cagnolina Dot vanno ad aggiungersi ai pochi residenti nell’isola, che ai loro occhi appare accogliente: campi scoscesi si allargano, rivelando una riposante sfumatura di verde, punteggiato da vacche, capre, pecore. Una scena idilliaca.
“C’è solo del buono a Lark”, è il benvenuto del capo del Consiglio locale. Ma la scena pastorale e le assicurazioni di mister Crane contrastano con la vecchia cascina in cui andranno ad alloggiare. Ha l’aspetto desolato di un ranch del vecchio West precipitato in quel promontorio a Nord, battuto incessantemente dal vento. Una costruzione che ha bisogno di qualcuno che voglia amarla e prendersi cura delle riparazioni necessarie. Intorno, campi incolti, terra infestata dalla gramigna. C’è tanto da fare.
I battelli collegano l’isola alla terraferma solo dalla primavera all’autunno. Da settembre a maggio inoltrato, la nebbia isola Lark. Nessuna nave arriva o parte e le provviste restano quelle traghettate nei mesi buoni, oltre a quanto si riesce a produrre in proprio. “Il razionamento dei mesi della chiusa” è una costante per la ridotta popolazione isolana.
Da lì tutti vorrebbero andare via, mentre a Viola e alla mamma sembra la terra promessa. Alle spalle hanno “una sciagura”, lascia scivolare la scrittrice britannica, che ha rinunciato a fare la giornalista per recitare e poi ha abbandonato anche le scene, per assumere un ruolo più creativo. Ha scelto la sceneggiatura, prima di passare alla narrativa, perché non riusciva a trovare “parti” brillanti per le donne.
Il suo proporre particolari che non sviluppa subito durante il racconto, non solo è apprezzabile ma aggiunge curiosità, genera partecipazione, attesa. Anche i personaggi vengono su solo vivendo, man mano che agiscono e dialogano. Quanto al tempo, è divisa tra un “dopo”, il 2018, e un “prima” o “durante”, 2017 o giù di lì. In più, c’è il libro di Leah, ovvero miss Ceddars, la buona (?) insegnante che prepara gli allievi al diploma. È stata ragazza anche lei, non da molto e ha qualche segreto da rivelare, cosa che ci guarderemo dal fare, in ogni caso.
A proposito di ragazze, ecco altre tre fondamentali sedicenni, native di Lark. Stanno sbocciando di colpo. Britta è un’isolana pura, come dimostra la lunga chioma corvina. Jade-Marie ha i capelli ribelli castani, ereditati dal padre, un missionario approdato nell’isola nei primi anni ‘90 e annegato nel Grande Naufragio. Anna, che non riesce a mandare giù il marchio di “immigrata”, sfoggia un caschetto di un bel biondo.
A loro si aggiunge Viola, coi capelli rossi, che per i superstiziosi isolani sarebbero di cattivo auspicio, ma c’è chi dice che se le quattro tinte si mettono insieme il malaugurio perde la sua nefasta potenza e la nera, la castana, la bionda e la rossa formano un quartetto perfetto, fin troppo.
Tutte donne le protagoniste, a parte il capo e preside Crane e padre Daniel? Che dire allora di Ben Hailey, l’insegnante arrivato con le due Kendrick a movimentare il trantran degli isolani, soli soletti per tanti mesi?
Nell’estremo Nord dell’isola, oltre il bosco, sorgono da sempre nove megaliti di granito, disposti in un cerchio perfetto, le Sisters Stones, le pietre sorelle.
Tra le pietre sacre e la nebbia, si fanno strada i vedo non vedo, capisco non capisco, di una storia che ha volutamente qualcosa di oscuro, di “spettrale” come ha suggerito la critica anglosassone all’uscita del libro.
I tre nuovi arrivati in una comunità apparentemente serena non possono non scatenare dinamiche inedite, alterare equilibri e relazioni. Non dimentichiamo un substrato di conflitto di genere, qualche retaggio di misoginia, un fondo di stregoneria, tanta superstizione e aggiungiamo un “cerchio” di ragazze, un insegnante carismatico, la nebbia, le notti e un cadavere.
L'isola di Lark
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: L’isola di Lark
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