L’uomo di Marte
- Autore: Andy Weir
- Genere: Fantascienza
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2014
Gli appassionati di fantascienza di tutto il mondo dovranno attendere fino a Dicembre 2015 per potersi gustare “The martian”, il film con Matt Damon tratto da questo libro uscito alla fine dello scorso anno. Più di dodici mesi, quindi, separano l’uscita del libro "L’uomo di Marte" di Andy Weir da quella del film. Vale comunque la pena, nel frattempo, di affrontare la lettura di questa storia in bilico tra la fantascienza di maniera e l’originalità. Della fantascienza classica ci sono tutti gli elementi “tecnici”, compresa l’azione di salvataggio rocambolesca disturbata da mille imprevisti che vengono risolti in maniera quasi “artigianale”. L’originalità sta nel fatto che Mark Watney, l’astronauta abbandonato su Marte, non deve affrontare improbabili omini verdi o mostri a tre teste, ma lottare per la propria sopravvivenza contro la scarsità di cibo e acqua e le avverse condizioni atmosferiche del pianeta rosso, che per lui rischia di diventare nero. Un racconto, quindi, che non cede alle lusinghe del fantasy ma pone l’accento sulla parola “scienza” piuttosto che sul prefisso “fanta”.
Il fallimento della missione Ares 3, bruscamente interrotta dall’arrivo di una tempesta che ha costretto l’equipaggio alla fuga, si è lasciato dietro proprio Mark Watney, creduto morto dai compagni, dopo essere stato colpito da un’antenna che ha perforato la sua tuta oltre che il suo corpo. Ma Mark è vivo e ha addosso una rabbiosa voglia di sopravvivere, malgrado le comunicazioni interrotte e la limitatezza delle scorte alimentari e idriche. Sostenuto, oltre che dall’istinto di sopravvivenza, anche da uno spiccato spirito ironico, che alimenta il suo ottimismo e la sua tenacia, Mark si avvale delle sue conoscenze di botanico per allestire un campo di patate nel suo hab, utilizza la tuta di ricambio di un compagno come serbatoio dell’acqua, apporta modifiche all’attrezzatura spaziale, smonta, riassembla, taglia, ricuce, in una situazione nella quale il cerchio dell’umanità sembra quasi richiudersi, congiungendo era spaziale e preistoria: Mark è quasi un futuristico uomo delle caverne, che ha dalla sua il bagaglio scientifico acquisito fino a quel momento, ma è svantaggiato dall’ambiente ostile del pianeta che, contro la sua stessa volontà, continua a ospitarlo.
Nel frattempo, alla NASA, Mindy Park, una semplice addetta al monitoraggio di Marte, scopre per puro caso un segnale della presenza di Mark. Riaccesa la speranza, tutti si mettono in moto per cercare di riportarlo sulla Terra: ma cosa dire all’equipaggio di Ares 3, che sta tornando indietro, il cui comandante Lewis non riesce a far pace con i propri sensi di colpa per aver abbandonato Mark?
Il finale è in accelerazione e tiene il lettore col fiato sospeso. Bisogna però evidenziare che, per chi non abbia buone nozioni di chimica, fisica, eccetera, le prime 50-100 pagine del libro possono risultare veramente pesanti. I continui calcoli che Mark, ovviamente, deve fare per procedere nel lavoro, sono, sì, parte integrante della storia, ma poco comprensibili a un pubblico più “generalista”, che rischia di ritrovarsi annoiato dalle cifre. E’ quando entrano in gioco la NASA e l’equipaggio di Ares 3 che il romanzo si fa più interessante e appassionante, mostrandoci tutti i suoi risvolti umani, lasciandoci un messaggio positivo di generosità e solidarietà e facendoci capire quanto la vita di un uomo, chiunque egli sia, valga la spesa più astronomica e anche, se necessario, il rischiare altre vite.
L'uomo di Marte
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