Artemis. La prima città sulla luna di Andy Weir

Artemis è una città lunare, poche migliaia di abitanti in assenza di gravità. Una colonia terrestre suddivisa in quartieri al coperto (detti bolle per via della loro conformazione a cupola), organizzati secondo parametri sociali prettamente terrestri: ricchi, poveri, e la fascia grigia di popolazione che sta nel mezzo, col contorno costante-sciamante di turisti in visita alla Luna. Preclusole il giro dei super-ricchi ai quali ambirebbe, Jazz Bashara si dà da fare col contrabbando.
Jazz è di origine mediorientale, attraente, giovane, sveglia, con un problema, anzi due: 1) lo stipendio ufficiale di “corriere” le basta a malapena per l’affitto; 2) i suoi obiettivi di scalata sociale a breve e medio termine sono, di contro, maledettamente costosi. Va da sé che, quando le viene proposto il classico colpo della vita, lei non si faccia pregare, trovandosi nel bel mezzo di un intrigo internazionale (interplanetario) che mescola insieme doppiogiochismo da spy-story, mafia-thriller, e sci-fi, naturalmente.

Sci-Fi quanta ne volete, poiché l’autore di questo “Artemis. La prima città sulla luna” (Newton Compton, 2017) risponde al nome di Andy Weir, demiurgo di “Sopravvissuto. The Martian”, longseller e blockbuster con Matt Demon.

La cifra scientifica di cui Andy Weir è maestro funzionale, è una delle colonne portanti del romanzo, contraltare a una prosa avvincente, che accelera, rallenta, stempera i toni via humor quanto deve, attraverso la voce di Jazz, anti-eroina e io-narrante di questo “giallo d’azione” futuribile senza grosse ambizioni letterarie ma destinato a ritagliarsi un posto di rispetto nell’alveo della narrativa-entertainment di qualità.