La Bufera nella poesia di Eugenio Montale diventa la più tetra rappresentazione della guerra. Tuoni, fulmini, grandine diventano allegoria del rombo dei cannoni, dello schianto della morte. Ambientata in un tempo e in un luogo imprecisati e indefiniti, La Bufera sembra annunciare una spettrale apocalisse, la stessa di cui si trovavano preda gli uomini nel corso della Seconda guerra mondiale, consapevoli di vivere in un “tempo senza tempo”, svincolati dalla prospettiva salvifica di un senso.
La poesia, la prima della raccolta Finisterre, era dedicata alla studiosa americana Irma Brandeis, nota dantista, presente nella lirica montaliana con il nom de plume di Clizia, una sorta di senhal che l’autore attribuì alla donna in omaggio alla ninfa narrata nel IV libro delle Metamorfosi di Ovidio.
Lo stesso Montale fece esplicito riferimento alla dedicataria in un proprio commento al componimento:
Sgombra la fronte: ricordo realistico. Il buio è tante cose; distanza separazione, neppure certezza che lei fosse ancora viva. Il tu è per Clizia.
Clizia era la musa, la donna-angelo che si rivelava come presenza salvifica; eppure, nell’infuriare tenebroso della Bufera, neppure lei aveva il potere di contrastare il male. Montale in questi versi la definisce “strana sorella”; un sentimento potente di affinità contrastato dalla guerra che li divideva come nemici, lui italiano, lei americana. Significativo a questo proposito è il finale, nel quale vediamo Clizia allontanarsi con un gesto di saluto. In questo saluto di Clizia possiamo individuare il passaggio di Montale dalla poesia oggettiva e paesaggistica di Ossi di seppia a quella metafisica.
Scopriamo il testo del componimento e perché fu sottoposto a censura.
“La Bufera” di Eugenio Montale: testo
La bufera che sgronda sulle foglie
dure della magnolia i lunghi tuoni
marzolini e la grandine,(i suoni di cristallo nel tuo nido
notturno ti sorprendono, dell’oro
che s’è spento sui mogani, sul taglio
dei libri rilegati, brucia ancora
una grana di zucchero nel guscio
delle tue palpebre)il lampo che candisce
alberi e muro e li sorprende in quella
eternità d’istante – marmo manna
e distruzione – ch’entro te scolpita
porti per tua condanna e che ti lega
più che l’amore a me, strana sorella, -e poi lo schianto rude, i sistri, il fremere
dei tamburelli sulla fossa fuia,
lo scalpicciare del fandango, e sopra
qualche gesto che annaspa...Come quando
ti rivolgesti e con la mano, sgombra
la fronte dalla nube dei capelli,mi salutasti – per entrar nel buio.
“La Bufera” di Montale e la censura fascista
La poesia in Italia fu oggetto di censura, a causa dell’epigrafe, tratta da un verso del poeta barocco francese Agrippa d’Aubignè (1552-1630), che faceva riferimento ai “principi persecutori”:
Les princes n’ ont point d’ yeux pour voir ces grand’ s merveilles, / leurs mains ne servent plus qu’ à nous persécuter.
Letteralmente: “i principi non hanno occhi per queste grandi meraviglie, le loro mani servono solo a perseguitarci”. Vi fu riconosciuto un riferimento al regime fascista e ne venne impedita la pubblicazione. La poesia La Bufera inizialmente era apparsa sulla rivista Tempo nel 1941 con un’epigrafe diversa, poiché era chiaro che il fascismo non avrebbe consentito la pubblicazione dell’epigrafe autentica:
Porque sabes que siempre te he querido
“Perché tu sappia che ti ho sempre amato”, così recitava l’edizione su rivista de La Bufera, focalizzando l’intero componimento su un piano personale e intimo.
La lirica, quasi con una funzione proemiale, fu posta in apertura di Finisterre, una raccolta smilza di appena una ventina di pagine che conteneva le poesie scritte dal 1940 al 1942.
Montale allora decise di pubblicare la raccolta all’estero. Finisterre fu edita a Lugano nel 1943 nella “Collana di Lugano” a cura di Pino Bernasconi. Solo successivamente sarebbe stata integrata nella raccolta La Bufera e altro edita nel 1956. Tentando di arginare la censura, furono inviate circa cinquanta copie numerate di Finisterre in Italia; ma nessuna di queste giunse mai a destinazione.
“La Bufera” di Eugenio Montale: analisi e commento
Cos’era dunque la Bufera? La guerra, come scrisse Montale in una lettera a Gianfranco Contini nel 1945:
La Bufera è la guerra, in ispecie quella guerra dopo quella dittatura (vedi epigrafe); ma è anche guerra cosmica, di sempre e di tutti.
Peculiare questa definizione montaliana di “guerra cosmica” che dunque riguarda tutta l’umanità e diventa metafora della vita, di una dimensione del male connaturata all’esistenza. Nella Bufera Montale mette in versi il trauma della storia, ma la guerra reale sembra fare da sfondo a una guerra personale, combattuta nel privato da ogni essere umano. Ecco quindi cosa intendeva dire il poeta nella sua spiegazione letteraria inviata a Contini: la guerra rivela la vera natura delle cose, il Male insito nel mondo, è come il lampo accecante che precede il tuono e getta luce nell’oscurità che incombe. Gli oggetti e i paesaggi sono ancora evocati con un valore fortemente simbolico, come in Ossi di seppia, ma presto trascolorano in un’altra dimensione.
Anche in questi versi il lampo si fa rivelazione: la condanna di Clizia (Irma Brandeis era infatti di origine ebraica) e la distanza irreparabile tra i due amanti sancita dalla guerra. La donna lo saluta con la mano, dopo essersi scostata i capelli dalla fronte: la presenza di Clizia/Irma è racchiusa in un gesto usuale, quotidiano, così umano da commuovere. Nel saluto di Clizia è racchiuso il dolore, indicibile, dell’abbandono. Nell’immagine del buio che inghiotte la donna - allegoria dell’Inferno dantesco o dell’Ade che prende con sé Euridice - emerge il Montale metafisico.
Mi salutasti – per entrar nel buio.
Qui c’è il passaggio dalle poesie de Le Occasioni (1939) in cui Clizia evocava l’immagine della donna salvifica dello Stilnovo e il nuovo Montale de La Bufera e altro che si approccia una visione politica e sociale della Storia.
Da questo momento in poi la donna non sarà più presenza, ma solo traccia, fantasma, “essere in fuga”; Eugenio Montale sembra donare alla sua Clizia una morte allegorica, facendola scomparire nel sottosuolo. Con la sua scomparsa si annuncia una nuova stagione della poetica montaliana e anche una visione più desolata e arida della realtà.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La Bufera”: la poesia di Eugenio Montale che fu censurata dal fascismo
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Eugenio Montale
Lascia il tuo commento