La baronessa del ghiaccio di Nicole C. Vosseler

La baronessa del ghiaccio. Fino in capo al mondo (Beat, 2020, titolo originale Die Eisbaronin. Bis ans der Ende der Welt, traduzione di Roberta Scarabelli) è il primo volume di una appassionante saga familiare nata dalla fantasia di Nicole C. Vosseler, scrittrice tedesca nata e cresciuta ai margini della Foresta Nera e attualmente residente a Costanza. Vosseler ha studiato letteratura inglese, americana e tedesca, prima di dedicarsi alla narrativa; i suoi libri sono tradotti in molte lingue.

“Si avvicinava una bufera di neve”.

Russia, 1822. Non era stato il freddo a svegliare Grisa, ma un’irrequietezza nelle membra e il fatto che sul pagliericcio accanto a sé l’adolescente non aveva trovato il corpo familiare di sua sorella Katja, che di solito gli teneva caldo così come lui a lei.
Nel riverbero bluastro che filtrava attraverso le fessure e le giunture del legno, Grisa scorgeva la sagoma del padre nel suo giaciglio sopra il forno, i fratelli maggiori che dormivano sul pavimento, l’aria fuligginosa pesante per l’alito di cipolla e il sudore stantio, l’odore rancido delle candele di sego spente la sera. Ma la sua sorellina non si vedeva da nessuna parte, eppure era notte.

Alzatosi, Grisa aveva deciso di andare fuori, al gelo a cercare Katja. Le capre nella stalla belarono, sempre all’erta, e anche una delle oche guardiane emise un grido di avvertimento, come se rimproverasse Grisa perché andava in giro a quell’ora inopportuna. Dietro il capanno, dove si conservavano rape e cavoli, i campi e i pascoli riposavano sotto una soffice coltre di neve. Quella terra non apparteneva a loro, bensì al latifondista. Con il berretto di pelliccia d’agnello calato sulle orecchie, Grisa aveva seguito le piccole orme della sorellina nella neve. Katja nonostante il freddo, si trovava di fronte al grande lago ghiacciato che si estendeva luminoso nell’oscurità, avanzando passo dopo passo nell’acqua gelata: era felice, perché ascoltava il ghiaccio cantare una melodia che la riempiva di stupore. Anche Grisa possedeva un dono: il ragazzo capiva quando sarebbe arrivata la pioggia o quanto tempo sarebbe durato un periodo asciutto. Grazie a questo la famiglia poteva seminare o mettere al riparo il fieno o iniziare a innaffiare la terra, così crescevano bene la segale nel campo e i cetrioli nell’orto. Il dono di Grisa li aiutava a sbarcare il lunario, meglio della maggior parte delle altre famiglie nelle fattorie lontane dal villaggio.

“Ma il ghiaccio? Cosa significava mai che Katja sapesse qualcosa sul ghiaccio?”

Forse nonno Jacov, lo sciamano della pioggia, l’evocatore del sole, e il narratore di storie, avrebbe saputo interpretare i silenzi della nipotina e questo suo dono, ma il nonno era morto. Logorato dalle intemperie e reso fragile, era stato abbattuto dal primo gelo di quell’inverno così rigido. Non restava altro che andare avanti, in quel mondo ostile e gelido, il cuore caldo pieno di un sentimento di riscatto, che avrebbe condotto i fratelli, nati servi della gleba, dall’altra parte del mondo, per realizzare un sogno ritenuto impossibile ai più.

“Non esisteva peccato più grande che sovvertire l’ordine divino delle cose”.

Notevole è il talento dell’autrice tedesca, che tratteggia una vicenda coinvolgente che parte dalla Russia, passando per la Norvegia, i mari del Nord, Amburgo fino ad arrivare ai Tropici. Una storia di riscatto sociale e di sconfinata ambizione incastonata in un’epoca di grandi trasformazioni, che vede protagonista il ghiaccio, trampolino dell’ascesa sociale di due audaci fratelli. Il ghiaccio, limpido e fragile come il vetro, luccicante come un diamante, persistente ed eterno, instabile e fugace, duro come l’acciaio o soffice come la neve.

“Più è antico, più tesori e segreti conserva al suo interno, alcuni dei quali sono infiammabili o addirittura esplosivi. Come il cuore degli uomini”.