Il 21 maggio 2024 ricorre il 51esimo anniversario della morte di Carlo Emilio Gadda, avvenuta a Roma nel 1973.
Secondo le sue volontà le spoglie furono traslate dal cimitero Flaminio di Prima Porta a quello acattolico detto “cimitero degli inglesi” dove riposano anche Gramsci, Goethe, Keats, Shelley.
Fu il sindaco Francesco Rutelli a inaugurare il 2 novembre 2000 la nuova lapide con un’epigrafe di Mario Luzi:
Qui nel cuore antico e sempre vivo di sogni e d’utopie, Roma dà asilo alle spoglie di Carlo Emilio Gadda geniale e studioso artista dalle forti passioni morali e civili signore della prosa.
Una definizione, questa, che calza a pennello per La cognizione del dolore il romanzo incompiuto che rielabora il trauma della morte della madre e i malsani sensi di colpa che scatenò. Per tacere la superiorità intellettuale del protagonista rispetto alla società che lo circonda, condannata in tutte le sue manifestazioni in quanto “oceano della volgarità”.
Paradigma soggettivo della “sofferenza” che completa e fa da contrappunto al “caos”, La cognizione del dolore fu composto per la maggior parte durante il 1937 a ridosso della morte della madre.
Alcune parti vennero pubblicate tra il 1938 e il 1941 sulla rivista “Letteratura”, la prima edizione in volume del 1963 gli valse il Premio Internazionale Formentor; la seconda del 1970 fu arricchita da inediti. Anche il Pasticciaccio presenta un non- finale, sospeso com’è sulle reiterate dichiarazioni di innocenza della principale sospettata, a fronte del commissario Ciccio Ingravallo che non le crede.
Ma trattandosi di un giallo la scelta strutturale colpisce maggiormente. Più avanti torneremo sulle ipotesi interpretative dell’epilogo interrotto de La cognizione del dolore.
D’altra parte l’intera produzione gaddiana è incompiuta, coerentemente con l’impossibilità di sbrogliare la complessità del reale che trasforma il non-finito in una necessità.
“La cognizione del dolore”: l’origine del romanzo di Gadda
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Si tratta di un romanzo impegnativo per lettori allenati a scalare le vette di una scrittura stratificata in cui convergono codici, linguaggi, gerghi, raffinati eufemismi e un pluristilismo mimetico.
Pronti ad affrontare la sfida di una storia in cui non succede niente o quasi. Però si può leggere in modo selettivo o insieme ad altri meno ponderosi. Avete mai provato a leggere più libri contemporaneamente? E se perdete il filo, che importa: Gadda è il primo a farlo. Infatti la trama, piuttosto esile a differenza del Pasticciaccio, ha un andamento frammentario perché esplode sotto la spinta centrifuga di continue digressioni.
L’ossessione per il dettaglio spariglia ogni gerarchia di riferimento tra principale e secondario, grande e piccolo e la ricchezza espressiva vi sorprenderà. Carlo Emilio Gadda scrive un romanzo psicologico - forte l’autobiografismo - quasi interamente dedicato alle nevrosi del protagonista.
La vicenda si svolge in un immaginario paese sudamericano appena uscito vittorioso da una guerra contro un Paese confinante (Italia vs Austria?) che ricorda tanto la Brianza, quanto la villa in cui esplode il conflitto tra i due protagonisti.
Prima di approfondire l’ambientazione, presentiamo la trama per sommi capi.
“La cognizione del dolore”: la trama del romanzo di Gadda
Controfigura dell’autore, il protagonista è don Gonzalo Pirobutirro d’Eltino, discendente da un’antica famiglia di hidalgos spagnoli che dopo la morte del genitore e del fratello vive con la madre detta “La Signora”.
La loro è una convivenza impossibile. Ingegnere quarantenne, scapolo, depresso, nevrotico, colto, incarna fin dal nome il contrasto tra una facciata altisonante e una dimessa quotidianità. “Butirro” è una varietà di pere (polpa fondente e buccia untuosa), il tino serve a raccogliere il vino. Ci avevate pensato? La sua infanzia, imbavagliata da un’educazione repressiva, ha conosciuto le ristrettezze economiche imposte dalla costruzione della villa e attività agricole sbagliate. Entra in scena indirettamente a romanzo inoltrato nei pensieri del dottor Higueróa che, da lui chiamato, lungo il tragitto ripercorre tutte le dicerie sul suo conto. Far conoscere il protagonista attraverso le malignità dei paesani, lo deforma in chiave grottesca e caricaturale in un mix tra comico e tragico. Cosa pensano? A parte rubare la donna d’altri, gli si attribuisce ogni nefandezza. Ciò conferisce una statura eroica e traduce l’ostilità per il diverso che spinge il gruppo a proiettare su terzi le sue paure.
Ha fama di scioperato che si abbandona a eccessi bestiali e maltrattamenti nei confronti della madre anziana, alla crapula peggio di Rabelais, è crudele con gli animali e di un’avarizia patologica. Cosa c’è di vero? Fino a che punto la sua rabbia esplode tra le pareti domestiche? La mamma è in pericolo?
Gadda mostra una sensibilità non comune nel descrivere la fragilità di una donna anziana e indifesa che teme le intemperanze fisiche e verbali del figlio. Torniamo all’ambientazione con una nota autobiografica.
Il padre di Gadda, imprenditore tessile, nel 1899 aveva fatto costruire una villa a Longone al Segrino, vicino Erba che oggi è un condominio. Privo dell’allure di case di campagna coeve, è un edificio squadrato con logge, archi e un terrazzo più pretenzioso che brutto. La sua costruzione determinò la rovina economica della famiglia, complici speculazioni sbagliate, la crisi del mercato tessile e l’onere di un’ipoteca. Le ristrettezze economiche avvelenarono il clima famigliare, facendo scattare in Gadda - la vendette proprio nel 1937 -, quel rancore verso le ambizioni dei genitori che ispira le pagine più aspre della Cognizione del dolore.
Un rancore che solo chi ha tanto amato prova con tale intensità. Bene, anche nella finzione narrativa la villa è stata fatta costruire dai genitori impoveriti di don Gonzalo, che non volevano rinunciare alle loro ambizioni signorili. Sul piano simbolico diventa il terreno arbitrale dello scontro tra chi si apre all’esterno e chi si chiude.
Più la madre apre le porte della sua dimora ai locali come un feudatario o si dedica ad opere caritatevoli dando lezioni di francese ai figli dei contadini (la mamma di Gadda Adele Lehr impartiva lezioni di francese). Più il figlio si esilia a casa sua per trovare riparo dalla grossolanità del mondo.
Agli occhi di Gonzalo non si salva nessuno. Rozzi i contadini, affettati i parvenu. Che volgarità le automobili, la radio, gli scempi dell’edilizia moderna. Che angustie l’orizzonte della vita in campagna che di idilliaco non ha un fico secco.
Detto così sembrerebbe un conservatore pago di vivere nella turris eburnea della filosofia kantiana. A ben vedere trabocca di rabbia, rancore, gelosia, ossessioni, conflitti irrisolti dai tratti edipici che segnano tanta narrativa del Novecento. Aggiungiamo la sindrome del sopravvissuto perché a morire in guerra è stato il fratello. E poi non riesce a escludere un esterno degradato e minaccioso che piano piano invade il suo spazio e ingarbuglia la mente, perché generalmente a scatenare il suo delirio è l’ingresso nella villa di un gruppo di locali di cui la madre ama circondarsi con signorile generosità.
Una sera due custodi, sospettando la presenza di una ladro, perlustrano l’edificio con l’ausilio di altri vicini che accorrono a scaglioni.
Quando trovano il coraggio di fare irruzione nella camera da letto padronale, si presenta ai loro occhi questa immagine, ultimo atto di una tragedia famigliare che l’intromissione di soccorritori e curiosi degrada e profana. “La Signora” è in fin di vita:
Un orribile coagulo di sangue si era aggrumato, ancor vivo, sui capelli grigi, dissolti, due fili di sangue le colavano dalle narici, le scendevano sulla bocca semiaperta. Gli occhi erano dischiusi, la guancia destra tumefatta, la pelle lacerata, e anche sotto l’orbita, orribile. Le due povere mani levate, scheletriche, parevano protese “verso gli altri” come in una difesa o in una implorazione estrema.
Esse poi apparivano graffiate: macchie e sbavature di sangue erano sul guanciale sul lembo del lenzuolo. Si accorsero che respirava, che solo le mani erano così, quasi fredde: tardo, debolissimo, il polso batteva ancora.
Il romanzo si interrompe una pagina dopo. Nei progetti di Gadda il colpevole non è esplicitamente il figlio. Come si legge in alcune annotazioni o tra i paesani serpeggia il sospetto che sia lui l’assassino oppure la madre, spegnendosi per cause naturali, per un attimo pensa che il responsabile della sua fine sia proprio il figlio. Questa soluzione appare piuttosto contorta, implicando l’angoscia del figlio al pensiero che la madre abbia sospettato di lui. E se la soluzione fosse un’altra?
Tenete presente che Gonzalo rifiuta la protezione dell’Istituto di Vigilanza Notturna dietro la quale è facile riconoscere la parodia dello squadrismo fascista.
È possibile che l’uccisione della donna, avvenuta di notte durante la sua assenza, dipenda da questa scelta.
Un romanzo in cui il dolore è l’unica realtà conoscibile può finire solo con la morte.
“La cognizione del dolore”: il significato del titolo del romanzo di Gadda
“Cognizione” è una voce dotta derivante dal participio passato del verbo latino cognosco che significa conoscere. Indica l’atto dell’intelletto con cui si apprende o l’effetto del conoscere.
Nella prima lectio “cognizione” è sinonimo di conoscenza, apprendimento e come tale compare nel glossario delle Scienze cognitive in relazione all’elaborazione dati dei nostri sensi. Si chiama “cognizione sociale” (social cognition) la teoria che studia il modo in cui si forma la nostra conoscenza sulla realtà a partire dall’esperienza soggettiva. Allora “cognizione” indica un processo influenzato da variabili culturali, sociali e via discorrendo oppure è sinonimo di dottrina, in quanto afferente l’oggetto della conoscenza?
Riportiamo la definizione della Treccani:
Il termine indica sia l’atto del conoscere e la facoltà stessa che consente di conoscere (la facoltà di apprendere e di valutare la realtà circostante, l’intelligenza), sia, specialmente usato al plurale, le “cose” conosciute, le notizie o informazioni procurate per via diretta o con lo studio.
È probabile che il titolo di Gadda mantenga entrambi i significati, in quanto conoscenza attraverso la scrittura e della propria sofferenza e della sua fenomenologia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La cognizione del dolore” di Carlo Emilio Gadda: trama e analisi del romanzo
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Mirabile apertura alla lettura de La cognizione di Isabella Fantin. Vorrei solo chiosare sulla questione della incompiutezza, che spesso caratterizza le opere di Gadda: secondo me è piuttosto incompletezza, nel senso di Gödel, cioè evidenziazione dell’incapacità del linguaggio, di ogni tipo di linguaggio, di saturare il vuoto che rimane protagonista d’ogni testo (e d’ogni vita). La rappresentazione che Gadda ha dell’esistenza è riportata nelle prime pagine del Pasticciaccio: è un processo stocastico, imprevedibile come l’errare di un ubriaco, non ci è dato prevedere alcunché, né ambire allo svelamento, alla verità. Ecco, infatti, come Gadda si esprime nella postfazione a “Il male oscuro” di Berto: la probabilità, nel suo valore combinatorio-effettuale cioè statistico, può chiudere l’evento sotto buona o cattiva stella, a salvezza o a disastro…