Nel centro storico della capitale si trova una via che collega in linea retta piazza di Santa Maria Maggiore e piazza di San Giovanni in Laterano.
È via Merulana il cui toponimo deriva da “campus o prata Meruli”, proprietà fondiaria dell’omonima famiglia. Fino al 1871 era denominata via Coroncina. Qui è ambientata la maggior parte di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Carlo Emilio Gadda. Pubblicato parzialmente in una prima stesura sulla rivista “Letteratura” nel biennio 1946-1947, il romanzo esce in volume per la Garzanti nel 1957.
Si tratta di un giallo paradossale destinato a implodere. Infatti se la minuzia descrittiva di ambienti e personaggi è realistica, il percorso investigativo risulta simbolicamente votato alla ricerca di senso nell’indecifrabilità dell’esistenza.
Scopriamo trama e analisi del capolavoro di Carlo Emilio Gadda.
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: riassunto e analisi
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Al civico 219 di via Merulana si trova il cosiddetto “Palazzo degli ori” abitato da ricchi borghesi e aristocratici. Nel febbraio 1927 la contessa Teresa Menegazzi – vedova, anziana, sola - subisce un furto di gioielli. In base alle testimonianze, il malvivente ha agito in coppia: un ragazzo dalla sciarpa verdastra sembra il rapinatore, un complice non identificato avrebbe fatto da palo. A occuparsi del caso è il commissario molisano Francesco Ingravallo, detto Ciccio, della Squadra mobile capitolina.
Ma non è solo questo il “pasticciaccio” del titolo. Il “pasticciaccio” è un delitto efferato consumatosi più avanti nell’appartamento dirimpetto a quello della contessa. È il garbuglio psicologico delle due vittime. È il Caos della nostra vita e il pastiche linguistico che lo esemplifica.
Chi viene assassinato nello stesso edificio qualche settimana dopo il furto? Liliana Balducci che Ingravallo conosceva e al cui fascino non era insensibile. Infatti un mese prima del suo omicidio era stato invitato a pranzo proprio dai coniugi Balducci.
Gadda ci dà tre descrizioni del corpo della vittima. La prima è il resoconto sommario di un agente. La seconda, seguendo in soggettiva lo sguardo di Ingravallo, ne riporta le prime impressioni appena giunto sul luogo del delitto. La terza coincide con la ricostruzione dei fatti svolta dopo i rilievi della Scientifica.
Il commissario è tormentato dal rovello che Liliana si sia “concessa” al suo carnefice. Diamo uno sguardo alla scena del delitto, prima di soppesare il verbo “concedere”. Cassetti aperti recano tracce di furto di preziosi. Presso il lavandino di cucina le mattonelle del pavimento sono bagnate. Nel corridoio l’attenzione cade sull’arcipelago di macchie scure. La donna è stata ferita alla trachea con un coltello molto affilato che le ha reciso metà collo. Un lavoro da professionista: un colpo netto, di quelli che non lasciano al malcapitato margine di reazione e tantomeno di colluttazione. Le mani alabastrine non presentano tagli da difesa. Prive di anelli le dita. Da escludere, in relazione alla mancanza della fede, l’ipotesi di un gesto patriottico. Infatti sotto il Fascismo le coppie, mogli in primis, furono chiamate a consegnare gli anelli nuziali allo Stato per sostenere la guerra d’Etiopia e l’economia autarchica a partire dal 18 dicembre 1935.Immacolata la camera da letto, imbrattata di sangue la sala da pranzo. Allora cosa significa che Liliana si “era conceduta al carnefice” poiché il verbo viene usato per indicare consensualità in un rapporto sessuale? Secondo l’intuizione investigativa di Ingravallo, significa che Liliana sarebbe comunque invischiata nel Male.
Altro che nomen omen! Liliana, moglie fedele e timorata di Dio, potrebbe non essere quel candido giglio che l’etimo del suo nome suggerisce. Sensibile al fascino da maschio latino del marito, del cugino e non solo. Un bel caso di ’Ombra’ junghiana schermata dalla filantropia. L’ ambiguità di questo personaggio sostiene la suspense compromettendo la sua santificazione in quanto vittima. Perché non ha opposto resistenza? Per minorata difesa o per la volontà di “cedere” all’aggressore? È per questo che Gadda-Ingravallo sceglie il verbo concedere al posto di cedere. Torniamo alla vicenda
A chiamare le forze dell’ordine il 17 marzo dopo la macabra scoperta è il cugino della vittima, tal Giuliano Valdarena. Su di lui convergono i sospetti degli inquirenti anche a seguito del ritrovamento nel suo appartamento di un gioiello e di 10.000 lire appartenuti a Liliana. Un bel gruzzolo corrispondente a poco più di 8.000 euro. Messo sotto torchio il Valdarena, la polizia ricostruisce l’autopsia psicologica della donna. Affiora un quadro meritevole di approfondimento. La Balducci era solita accogliere in casa per qualche tempo come domestiche ragazze di umile famiglia rastrellate in periferia. Le chiamava “nipoti”. Una forma di risarcimento compensatorio per il fatto di non avere figli, tanto che la donna aveva accarezzato l’idea di adottare un eventuale pargolo del cugino. Quando viene provato che denari e monile sono regali per le sue nozze imminenti, viene scagionato.
Fermiamoci un momento. Fino a questo punto il romanzo ha l’aria di un giallo tradizionale. Due fatti criminosi, il commissario incaricato delle indagini, l’individuazione di sospettato e movente, l’attività congiunta di polizia e carabinieri. Non manca nulla. Però Ciccio Ingravallo non crede alla linearità dell’inchiesta, di nessuna. Il risultato narrativo è una trama che nel risalire da una causa all’altra si ramifica come un labirinto multicursale. Il romanzo esplode in una serie di divagazioni che fanno perdere di vista il filone centrale, quasi il pasticciaccio della realtà invadesse l’economia d’insieme. Gadda ci fornisce comunque la bussola per intraprendere la giusta direzione di marcia. Ho scritto intraprendere, non giungere alla meta.
Il testamento di Liliana e le deposizioni di don Lorenzo Corpi, suo confessore, deviano l’interesse di Ingravallo e del superiore Fumi sulle cosiddette “nipoti”. La personalità della vittima rivela tratti morbosi e perversi, almeno sotto il profilo psicologico. Quelli di una madre mancata che – incapace di accettare i disegni della Natura - ha il disordine nel cuore. Intanto sul caso Menegazzi emerge che il ragazzo dalla sciarpa verdastra è il diciannovenne Enea Retalli detto Igino; che la sciarpa è stata da lui affidata alla proprietaria di una sartoria, tal Zamira Pàcori, per farla ritingere; che nell’esercizio commerciale lavora anche Ines Cionini fidanzata di Diomede Lanciani. Ines svolge occasionalmente il mestiere più antico del mondo. Diomede è un gigolò professionista con le turiste d’oltreoceano. Suo fratello minore Ascanio ha fatto il palo nel furto di gioielli ai danni della contessa Menegazzi.
Per i carabinieri che affiancano la polizia è un rompicapo giungere alla borgata dei Due Santi nella bottega di Zamira, una megera un po’ sarta e tintora; molto laida, maga e ruffiana. Ancora più difficile portare a termine l’interrogatorio in una stamberga che ricorda la tana degli accumulatori seriali. In questo frangente il brigadiere Pestalozzi si imbatte in Lavinia Mattonari che porta a un dito il topazio trafugato alla Menegazzi. La donna dichiara di averlo ricevuto in prestito dalla cugina Camilla. Purtroppo nel casello ferroviario dove quest’ultima abita gli inquirenti scoprono il resto della refurtiva occultato in un pitale. Camilla confessa di tenerla in custodia per conto del Retalli (ricordate il ragazzo dalla sciarpa verdastra che ha perpetrato il furto?). Nel frattempo Ascanio Lanciani (il palo) viene arrestato. Forse la chiave del mistero è Assunta Crocchiapani, una giovane di aggressiva bellezza molto legata a Liliana e ultima cameriera dei Balducci. Forse è lei il ponte tra il furto e l’omicidio.
Il sogno del brigadiere: il significato
Di cosa si tratta? Vi proponiamo il flash di una celebre divagazione. Mentre all’alba si reca da Zamira sulle tracce del malloppo, il brigadiere Pestalozzi è turbato dal sogno notturno. Il topazio sottratto alla contessa, trasformatosi in un topaccio impazzito, scorrazzava nella campagna romana. Intorno creature femminili impudiche in preda all’isteria, all’ebbrezza, al richiamo scomposto dei sensi. In testa alle baccanti la contessa Menegazzi. Tali excursus continuano ad allontanare il miraggio dell’epilogo.
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: la lettura di Freud
Letti in chiave freudiana, i gioielli sono molto più di una refurtiva. Sono il punto di contatto tra Teresa e Liliana e il collante della storia. Entrambe li possiedono e ne vengono derubate. Gadda dedica ai singoli pezzi descrizioni certosine. Hanno un valore affettivo o erotico. Liliana dona al cugino un monile non tanto come regalo di nozze, quanto come ricompensa per il figlio che nascerà; figlio da lei ossessivamente desiderato. La contessa collega il timore del furto a quello di subire una violenza da parte dei ladri. In realtà lo stupro lo brama con la stessa intensità con cui Liliana inconsciamente desidera l’aggressione (o l’aggressore?).
L’amore non c’è. Una sessualità animalesca, repressa, patologica, sublimata sì.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Quer pasticciaccio brutto de via Merulana: riassunto e analisi del romanzo di Carlo Emilio Gadda
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Ottimo commento. Mi ha aiutato a capire meglio il romanzo. Grazie!
Ringrazio Rogas per il suo apprezzamento.