Ieri, nella serata di apertura del Letterature Festival di Roma nella suggestiva atmosfera dello Stadio Palatino, l’attore Luigi Lo Cascio ha letto un racconto di Italo Calvino intitolato La memoria del mondo per celebrare il centenario dalla nascita dell’autore.
Nella lettura ritmata e carica di pathos di Lo Cascio il racconto di Calvino appariva come un lungo monologo teso a gettare una nuova luce sul nostro presente. Ricco di colpi di scena, come una pièce teatrale, il testo ha riservato ai lettori un finale spiazzante e incredibilmente contemporaneo per un’opera scritta nel lontano 1968.
La memoria del mondo non è certo uno degli scritti più noti di Italo Calvino, anzi, è un testo semi-sconosciuto dell’autore de Le città invisibili che tuttavia merita di essere riscoperto, rivalutato e riletto perché appare come una sorta di profetica premonizione di alcune delle nostre modernissime tecnologie digitali: la rete del web, Google, i social network, tutti strumenti, a ben vedere, che si propongono di creare una nuova “memoria del mondo” capace di prolungare o, in alcuni casi, persino sostituire quella umana.
Il racconto di Italo Calvino tratta poi un argomento distopico che oggi appare terribilmente attuale, data la nostra epoca connotata da guerre e crisi climatiche: la fine del mondo. Una prospettiva apocalittica tracciata con contorni così nitidi e veritieri da sembrare perfettamente realistica e, forse, non poi così distante. Calvino immagina che il mondo stia per finire e che, prima dell’estinzione, la razza umana si stia organizzando per tutelare la “memoria della propria specie” creando un apposito archivio in cui siano registrate tutte le informazioni, tutto ciò che sia conoscibile, catalogabile, spendibile. La deriva drammatica è intuibile sin dall’incipit, ma ciò che stupisce oggi è soprattutto la somiglianza tra la “memoria del mondo” immaginata dallo scrittore ligure e le nostre contemporanee tecnologie digitali che rimandano al problema della raccolta indiscriminata dei dati degli utenti.
Lo scenario fantastico (e futuristico) teorizzato da Calvino non è poi così distante dal vero; persino il finale - volutamente spiazzante - sembra essere balzato fuori direttamente dalle nostre cronache recenti.
Scopriamo più nel dettaglio la trama e l’origine del racconto di Calvino.
La memoria del mondo: l’origine del racconto di Calvino
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La verità è che La memoria del mondo di Calvino ricorda un episodio di Black Mirror ante-litteram. Un racconto distopico, conturbante e disturbante che presenta stretti legami con l’attualità che volgono al parodico e, infine, al tragico.
Come racconta lo scrittore nella prefazione del libro, questo volume nacque inizialmente da una precisa esigenza editoriale, doveva essere uno “scritto su commissione” ma prese un’altra piega. Nelle intenzioni dell’editore doveva trattarsi soltanto di una riorganizzazione tematica di racconti già presenti nelle precedenti raccolte di calviniane Le cosmicomiche (1965) e Ti con Zero (1967), l’autore però si appassionò all’argomento e decise di organizzare un vero e proprio ciclo di storie sulla Luna, sulla Terra, sulle Galassie, lo Spazio e il Tempo. Ancora una volta la vulcanica mente di Italo Calvino superò i confini della narrativa a progetto per raggiungere orizzonti inesplorati.
Mi accorsi che il libro che avevo messo insieme, e che s’intitolò “La memoria del mondo”, più che una rielaborazione di cose già pubblicate per avvicinare un pubblico di lettori nuovi, era il vero libro che avevo voluto scrivere fin da principio.
Il libro da scrivere, dunque, era questo La memoria del mondo e altre storie cosmicomiche.
Come osserva Calvino nella premessa alla prima edizione pubblicata dal Club degli Editori nel 1968:
Nell’uomo primitivo e nei classici il senso cosmico era l’atteggiamento più naturale; noi invece per affrontare le cose troppo grosse abbiamo bisogno d’uno schermo, d’un filtro, e questa è la funzione del comico.
In particolare il racconto che dava il titolo al libro era un testo profetico che, in sole sette pagine, narrava tutto il necessario - variando dal registro comico al drammatico con una leggerezza sorprendente e mai superficiale, dunque molto calviniana.
La differenza è che lo scenario descritto a un lettore medio degli anni Sessanta doveva apparire distopico, mentre al lettore del ventunesimo secolo deve apparire stranamente attuale o, comunque, non troppo lontano dal vero.
La memoria del mondo: la trama del racconto di Calvino
L’intera trama del racconto è impostata su un discorso, che si rivelerà essere più che altro un monologo dal momento che il principale interlocutore, più volte citato, il signor Müller, non risponde mai. Viene illustrato un passaggio di consegne tra i due direttori del modernissimo “archivio generale del tutto”. Un concetto che negli anni Sessanta doveva apparire futuristico, ma che ora ricorda - come un sinistro presagio - le nostre banche dati digitali (e gli scandali che ne sono conseguiti).
Il contesto è già di per sé drammatico: la fine del mondo si avvicina (il che porta il lettore contemporaneo a chiedersi: ora ne siamo poi così lontani?) e gli uomini si stanno attrezzando per creare una “memoria del mondo” che custodisca tutto quanto appreso, sperimentato e conosciuto dalla razza umana da consegnare ai futuri ipotetici abitanti del pianeta o comunque da lasciare al futuro come ultima traccia della specie terrestre.
La contestualizzazione dunque ci proietta in uno scenario apocalittico, tutto quanto vi viene narrato tuttavia non è distante dal vero. Dopotutto oggi Google, la rete e gli algoritmi digitali non cercano forse di “organizzare l’informazione del mondo”? La nostra memoria non è già stregata, soggiogata e persino in parte inficiata dall’algoritmo? Analizzando il delicato tema del ricordo Calvino si avvicina letterariamente anche a quello di menzogna: dopotutto la nostra memoria è una costruzione, un artificio e presuppone un processo di selezione che conduce a “salvare” delle cose a discapito di altre. Proprio qui risiede il voltafaccia tragico racchiuso nella narrazione calviniana: per quanto possa essere nobile il proposito di catalogare la “memoria del mondo”, d’altro canto rivela anche quanto sia fallimentare il tentativo umano di catalogare e organizzare “momento per momento” tutto quel che si conosce, e persino quel che non si conosce.
L’ambizione scientifica e razionale si scontra con l’irrazionalità insita nella vita, dunque i sentimenti, gli intrighi, la passione e, inevitabilmente, il grande mistero della morte. Apprendiamo così che il direttore uscente ha perduto la moglie, Angela, e si propone di utilizzare “la memoria centralizzata” per uno scopo più personale. Il riferimento alla perdita, dapprima soltanto accennato, si fa via via più insistente mostrandoci un profilo ben diverso da quello del vedovo inconsolabile. I toni professionali con cui il direttore si rivolge a Müller, assunto perché ha vinto il concorso grazie al progetto “Tutto il British Museum in una castagna”, diventano presto quasi deliranti.
Del resto anche lo stesso titolo del progetto di Müller, l’immagine del British Museum in una castagna, al principio strappa un sorriso al lettore ma in seguito lo fa riflettere: basta dare un’occhiata ai diabolici smartphone, i-phone e alle cuffiette i-pods che abbiamo sempre tra le mani per capire che in realtà quella bizzarra “castagna” è molto più concreta di quanto sembri.
Il tutto assume una piega più inquietante quando il direttore uscente rivela il proprio inevitabile intervento che sembra andare ben oltre il puro “progetto scientifico”:
Se nella “memoria del mondo” non c’è niente da correggere, la sola cosa che resta da fare è correggere la realtà dove essa non concorda con la memoria del mondo.
La vita che si adatta alla tecnologia e viceversa. Questa manipolazione, questo sovvertimento del reale è il lato oscuro delle moderne tecnologie, è il cosiddetto “specchio nero” (il cosiddetto “black-mirror”) con il quale ogni giorno ci interfacciamo attraverso gli schermi dei televisori, dei computer, dei cellulari; è l’algoritmo che interagisce con la nostra memoria (basti pensare ai “ricordi” di Facebook e agli “un anno fa” di Instagram) e con la nostra stessa vita.
Italo Calvino, con sorprendente anticipo, sembra metterci in guardia contro le derive del progresso tecnologico: forse è questo il vero scenario apocalittico, il prodotto stesso dell’intervento dell’uomo, e non la catastrofica fine del pianeta Terra.
Con la consueta lucidità Calvino mette in relazione l’elemento umano - che per natura è irrazionale, corruttibile, sfuggente - con l’ideale perfezione tecnologico-scientifica: l’esito non può che essere fatale. Non sfugge certo al lettore che nel delirio del protagonista - il direttore uscente dell’archivio - c’è qualcosa di indicibilmente reale, una follia che emerge ogni giorno dalle nostre pagine di cronaca, viene sviscerata e analizzata e indagata a ripetizione nei nostri telegiornali. Non è fantascienza, no, per niente: è una realtà che forse da tempo ha persino superato l’immaginazione.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La memoria del mondo”: il racconto di Italo Calvino che legge il presente
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