La ricerca dell’assoluto
- Autore: Honore De Balzac
- Genere: Classici
- Categoria: Narrativa Straniera
“Ho dedotto l’esistenza dell’Assoluto! Una sostanza comune a tutte le creazioni, modificata da una forza unica, questa è la formulazione chiara e netta del problema posto dall’assoluto e che mi è parso risolvibile. Troverete in esso la misteriosa Triade, davanti alla quale si è per tanto tempo inginocchiata l’Umanità. Troverete in ogni cosa umana quel terribile numero Tre che domina le religioni, le scienze e le leggi.“
La ricerca dell’assoluto fu pubblicato da Garzanti con la traduzione dell’indimenticabile Andrea Zanzotto ed è uno dei classici di eccellenza nel quale è descritta la ricerca ossessiva di un’idea. Honoré de Balzac, grande narratore romantico, amava raccontare nella sua opera monumentale, Commedia Umana, le passioni e la storia dell’epoca, dove protagonista era la società francese con i possibili cambiamenti di costumi e di mutamento sociale (come la disfatta della Francia e la fine di Napoleone). L’autore, che suscitò ammirazione in Friedrich Engels, individuava nei rapporti economici, soprattutto nell’economia capitalista, la causa profonda di tutti i conflitti tra il bene e il male.
“Il mio corpo si trova in mezzo al fuoco, ai cannoni, ad uomini, attraversa l’Europa secondo il capriccio di una potenza alla quale obbedisco disprezzandola.“
Honoré de Balzac ne fece strumento di cronaca, ottenendo un tale successo di lettori da permettergli di vivere agiatamente.
Il romanzo La ricerca dell’assoluto narra le vicende del nobile fiammingo Balthazar Claes e della sua famiglia, una delle più agiate della città di Douai, appassionato di chimica e discepolo a Parigi fin da giovane del famoso Lavoisier. Ben presto però i dorati splendori dei salotti parigini, per quanto pieni di fascino e seduzioni, non erano riusciti a placare il bisogno della sua lontana casa e ne fece ben presto ritorno. Decise, a quel punto, di sposare la non più giovane e non bella Joséphine, discendente della famiglia spagnola della Casa-Real, che generosamente e ricca di sentimenti si dedicherà anima e corpo alla crescita dei loro figli e all’armonia della famiglia. Circondato da una serenità oltre le sue aspettative, Balthazar riprende l’antica passione e inizia a dedicarsi alla chimica e alla ricerca dell’Assoluto, la sostanza comune a tutte le creazioni. Giorn
o e notte non troverà più tempo per la sua famiglia e per l’amorevole Joséphine. “Spesso tratteneva a stento le lacrime vedendolo dopo cena sprofondato in una poltrona accanto al fuoco, taciturno e pensieroso, l’occhio fisso sopra uno dei pannelli neri, senza accorgersi del silenzio che regnava attorno a lui. Ella osservava con terrore i cambiamenti insensibili che devastavano quel volto che l’amore aveva reso sublime, da esso si ritraeva ogni giorno di più la vita dell’anima e ne restava come un teschio senza alcuna espressione.“
L’ossessione si rivelerà per Balthazar dannosa non solo per gli affetti familiari ma soprattutto per le spese sostenute per il laboratorio e la ricerca che gli hanno fatto dilapidare l’intero patrimonio. Il dolore della situazione finanziaria ormai allo sfacelo colpirà la triste e silenziosa Joséphine.
“La maggior parte degli uomini presenta squilibri di carattere che sono causa di continui contrasti e tolgono alla loro vita interiore quell’armonia che è il più bell’ideale della vita in comune; la maggior parte degli uomini è piena infatti di meschinità, e la meschinità produce tormento e sofferenza.“
La ricerca dell’assoluto, scritto nel 1834, narra non solo della passione che distrugge un uomo, ma del suo insolubile dilemma fra la scelta della conoscenza e la quotidianità delle cose. Un dubbio profondo ed eterno come fu vissuto dallo stesso Balzac, che con le sue ambizioni politiche era sempre alla ricerca di nuove verità, affidandosi finanche alla chimera dell’utopia. Ben presto, non riconoscendola come una legittima via, riconobbe la sua sconfitta.
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Fino a che punto è lecito a un uomo voler strappare alla natura le sue leggi, costi quel che costi? Dimenticando, nella foga della ricerca, ogni dovere familiare e sociale, il rispetto dei sentimenti altrui legati ai congiunti, la difesa del patrimonio non soltanto suo. Si può cadere in una forma di follia, mania di potenza, isolamento totale, autismo. L’Ecclesiaste recita:
"Dio ha fatto ogni cosa bella al suo tempo: egli ha perfino messo nei loro cuori il pensiero dell’eternità, sebbene l’uomo non possa comprendere dal principio alla fine l’opera che Dio ha fatta." (3:11-12)
È un monito per la nostra epoca che ha creato la bomba atomica.
I limiti vanno rispettati, diversamente si precipita nella rovina, nell’autodistruzione, preda di uno stato luciferino.
È questo il tema del bellissimo romanzo di Honoré de Balzac, pubblicato la prima volta nel 1834 "La ricerca dell’Assoluto" (Lucarini editore, pp.256, a cura di Luciano Poggi,1988).
Il libro ha avuto molte edizioni. Il regista François Truffaut nel suo primo lungometraggio ’I quattrocento colpi" lo ha inserito nella trama, mettendolo in mano al dodicenne Antoine Doinel, trascurato penosamente dalla famiglia, come accade ai figli di Balthazar Cläes, il protagonista della vicenda narrata da Balzac.
Cläes, nei primi anni dell’Ottocento, è l’erede di una ricca e rispettata famiglia borghese, a Douai, nelle Fiandre francesi. Sposa Joséphine Temninck, imparentata con la Casa-Real spagnola. L’uomo è un imprenditore tessile, i suoi avi hanno accumulato una ricchezza consistente tessendo le tele per le navi della Repubblica di Venezia. Balzac descrive i particolari della sua casa, le raffinatezze, i quadri di grandi pittori, gli intagli preziosi. Ugualmente penetra nell’animo dei coniugi, innamorati e dediti uno all’altro con la fusione delle due anime elette. Sebbene lui sia un colto viaggiatore (a Parigi è stato discepolo di Lavoisier), e lei, la sua Pepita, sia ignorante (allora alle donne la cultura era negata), essi si comprendono perfettamente. Lo scrittore, per renderli plastici e reali ricorre a Gall, padre della fisiognomica; di Balthazar scrive che aveva
"la maestosa andatura di un pensatore che trascina con sé interi mondi."
La sua fronte protuberante rivela capacità poetiche. Lei, pur essendo leggermente zoppa e gobba, trasforma questi difetti in gioielli agli occhi di lui; possiede occhi neri fiammeggianti capaci di esercitare
"un’incantatrice volontà onnipotente sugli uomini, ma senza presa sul destino."
La bocca sensuale rivela un’infinita tenerezza e dedizione.
Il loro paradiso dura 15 anni, allietato dalla nascita di tre figli.
Poi tutto si capovolge. Balthazar, nella soffitta della casa avita, comincia a dedicarsi in gran segreto all’alchimia, cerca la pietra filosofale, la materia universale, assistito dal fido maggiordomo. La moglie viene categoricamente esclusa dal mondo occulto, di cui il marito diventa prigioniero. Egli non dimostra più nessun sentimento paterno e maritale, lasciando Pepita nella più acuta disperazione. Non si accorge neppure che è rimasta incinta del quarto figlio.
Quando la moglie tenta di introdursi nella soffitta, il “gentiluomo” compie la sua prima violenza, spingendola fuori con forza e per un pelo non la fa precipitare giù dalle scale.
Insieme al "divorzio" silenzioso, accade che l’industriale, per acquistare materiale, strumenti, pietre, libri, si indebiti sempre più e ipotechi i terreni. Il notaio informa la donna ignara che esistono 300 mila franchi insoluti con una ditta francese.
Tutto precipita. Joséphine muore di crepacuore, amando sempre il suo uomo. Questi ormai quasi folle, trascura il vestiario, indossa pantaloni macchiati, panciotti scuciti, scarpe senza lacci, mostrando un’indecenza indegna del suo rango. La moglie, morente, fa promettere alla prima figlia, Marguerite, di accudire il padre costi quel che costi. La figlia, pur non approvando il genitore, soffrendo gli resta vicino fino all’ultimo respiro, insieme al marito. Sono ridotti in povertà.
Riuscirà Balthazar a coronare il suo sogno ossessivo?
Lasciamo il finale a sorpresa, ed è una gran beffa per il ricercatore scriteriato.
Balzac non fa a meno delle sue penetranti riflessioni:
Gli scopi di questo alchimista non sono mai stati spirituali ma mondani e materialistici. Cercava la gloria e ciò rende vana la missione, che dovrebbe essere svolta con altruismo.
Brava, Graziella!