La roba è una novella dello scrittore, drammaturgo e senatore italiano Giovanni Verga pubblicata per la prima volta sulla rivista "La Rassegna Settimanale" nel 1880. Ecco il riassunto e la spiegazione dell’opera, che è stata successivamente compresa nella raccolta Novelle rusticane del 1883.
Questa è una delle opere più celebri di Giovanni Verga, considerato il maggior esponente della corrente letteraria del verismo. In questa novella troviamo già diversi esempi di "straniamento", una delle tecniche narrative usate dallo scrittore che verrà ulteriormente sviluppata anche in Mastro Don Gesualdo, e che è volta a disorientare il lettore tramite la narrazione di un avvenimento attraverso un punto di vista estraneo all’oggetto.
Il tema dell’opera è la bramosia del possesso, l’avarizia e l’attaccamento ai beni materiali. "La roba" è una ricchezza che si misura in pascoli, terre, animali, fattorie, magazzini: è un bene che può produrre ricchezza. Il protagonista dell’opera, ambientata a Catania, è Mazzarò, un contadino. Tutto ruota intorno alla sua ascesa sociale e tragedia personale.
Riassunto di La roba
La tecnica narrativa che apre la novella è quella della narrazione indiretta per presentare la ricchezza del personaggio principale: un viandante che attraversa la pianura di Catania, lungo la strada che costeggia il Lago Lentini, contempla stupito la vastità delle proprietà di Mazzarò.
Poi lo stesso Mazzarò ci viene descritto seguendo un profilo sia fisico (basso e con una grossa pancia) che psicologico, e quest’ultimo viene davvero ben delineato grazie al racconto di come l’uomo abbia accumulato tanta "roba". Mazzarò è un uomo che ha sacrificato tutto nella sua vita, con fatica, perseveranza e ostinazione per accumulare più beni materiali possibili, ma è incapace di godere dei benefici che possono scaturire da tanta ricchezza. Non ha famiglia, vive in condizioni di povertà per non sprecare le sue ricchezze, lavora come un mulo nei campi. Non ha vizi, non ha amici. Ha allontanato tutti nella sua vita, per paura che potessero sottrargli la sua roba.
La sua ribalta da povero bracciante sfruttato e sottopagato a proprietario di tutti i beni che sottrae a quello che una volta era il suo padrone è un’ascesa sociale sterile. La sua scalata riesce grazie al sacrificio e alla furbizia, ma una volta guadagnata una posizione migliore, l’uomo sembra mandare in fumo ogni possibilità di crescita personale. Sleale nei confronti di chi lavora per lui e ossessionato dall’accumulo della ricchezza, Mazzarò vive nel terrore della morte: che fine faranno i sacrifici e i traguardi di una vita intera quando morirà? Durante la sua vecchiaia Mazzarò si rende conto di quanto vuota e povera sia, in senso metaforico, la sua vita, e dunque il suo attaccamento ai beni materiali diventa, se possibile, ancora più tossico. Non avendo eredi né conoscenti, va in fumo anche la possibilità di trasferire i suoi beni a qualcuno. Il pensiero di non poter portare con sé i suoi beni nella vita ultraterrena lo fa addirittura impazzire e il testo si conclude con una scena pietosa e indimenticabile: lui che vaga nei campi, accecato dalla follia, distruggendo raccolti e colpendo animali e gridando "Roba mia, vientene con me!”
Avete mai letto la novella di Verga? Vi aspettiamo nei commenti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La roba di Verga: riassunto e spiegazione della novella
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