

La strage dimenticata
- Autore: Gabriele Paradisi, Rosario Priore
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
Due, quattro, sei... trentadue vittime di serie B.
Fiumicino, 17 dicembre 1973, la strage che non c’è. È accaduta, beninteso, ma non viene considerata tra le altre che hanno insanguinato l’Italia negli ultimi decenni, pur essendo l’attacco terroristico palestinese più pesante in Europa, con 32 morti di diverse nazionalità.
“La strage dimenticata” titolano le Edizioni Imprimatur il volume (302 pagine, 18 euro) che ricostruisce finalmente una vicenda finita nel dimenticatoio. Autori sono il giornalista forlivese Gabriele Paradisi e il magistrato salernitano Rosario Priore, pm del processo per l’abbattimento del volo Itavia, “Ustica 1980”.
Aeroporto internazionale Leonardo da Vinci, Roma, dicembre 1973, lunedì 17. Poco prima delle 13, cinque terroristi arabi, provenienti da Madrid, spianano i mitra nel terminal dell’aerostazione e prendono prigionieri i poliziotti di servizio nella sala transiti. Irrompono poi nelle piazzole davanti ai Gate 13, 14, 15 e uccidono il finanziere Antonio Zara, che aveva tentato di estrarre la pistola. Due si dirigono verso un Boeing della Pan American, salgono dalle scalette di prua e di coda e gettano tre ordigni (due bombe a frammentazione ed una incendiaria al fosforo bianco). I passeggeri sono legati ai sedili con le cinture, pronti alla partenza. Molti di loro muoiono carbonizzati nella carlinga devastata.
Tutti i fedayn, con 9 ostaggi, salgono su un 737 Lufthansa, catturano equipaggio e tecnici di terra, riescono con le minacce a far autorizzare il decollo.
La reazione delle forze dell’ordine italiane risentì della sorpresa e della rapidità dell’azione. D’altra parte, agenti, carabinieri e finanzieri erano armati solo di pistole calibro 9, con appena due caricatori ciascuno.
Lo scalo successivo è Atene, dove il commando esige la liberazione di due terroristi di Settembre Nero detenuti. A bordo è il panico. Si moltiplicano finte uccisioni, anche di hostess, finché viene freddato un italiano, Domenico Ippoliti, tecnico della compagnia di servizi aeroportuali sequestrato sulla pista romana.
L’aereo decolla di nuovo, con diciannove persone a bordo, due di meno, il povero caporeparto ASA assassinato e un poliziotto ferito. A Kuwait City, il giorno dopo, la trattativa conduce alla fine dell’incubo. Ostaggi rimessi in libertà e aereo restituito.
I terroristi sono liberi, ma verranno arrestati a breve e rilasciati dopo un altro dirottamento aereo, organizzato per ottenerli in cambio. Dei cinque responsabili del nostro 11 settembre si perderanno le tracce, come non si saprà più niente della strage. Eppure, sulla pista dov’era parcheggiato il volo Pan Am si era consumata una mattanza, che non è mai entrata nel conto delle tragedie nazionali, ricordate ad ogni anniversario. Per non dire che, dopo Bologna-Ustica 1980, è stato l’atto terroristico costato più vittime dal secondo dopoguerra in Italia, pochi mesi prima del treno Italicus, 7 anni prima del “mistero” Itavia e della strage alla stazione, 11 prima della bomba sul Rapido 904 (17 morti 267 feriti), tutti doverosamente celebrati nel Pantheon della memoria collettiva. Su Fiumicino 1973, una cortina di buio. Pochi giorni appresso, televisioni e giornali smisero di parlarne, come non è accaduto invece per quella del 27 dicembre 1985, sempre a Fiumicino. Non ha trovato spazio nemmeno nelle ventisette inchieste di cui si è occupata la Commissione parlamentare sul terrorismo. I nomi delle 32 vittime – gli italiani Zara, Ippoliti, l’ing. Raffaele Narciso, passeggero Pan Am come Giuliano De Angelis, con la moglie Emma Zanghi e la figlioletta Monica De Angelis, 9 anni – non vengono citati tra le 381 di tutte le violenze a carattere terroristico eversivo consumate nell’Italia repubblicana.
Una strage di serie B, con lo Stato e la stampa nazionale complici di un silenzio assoluto e cinico, osservano gli autori.
Una strage impunita, una strage dimenticata, aggiungono. I motivi? La ragion di Stato – evitare una scia di ritorsioni da parte del terrorismo arabo - e il disorientamento dei giornalisti, spiazzati da un episodio estraneo allo schema allora dominante della strategia della tensione. A favorire l’oblio, concorsero l’imbarazzo dei regnanti arabi moderati e le ambiguità dell’OLP palestinese, mentre l’atteggiamento dei governi occidentali tendeva allora a cedere alle richieste dei terroristi mediorientali. Per quanto riguarda gli USA, mai come questa volta avevano rinunciato a pretendere giustizia.
Il triste risultato di questa congiura del silenzio è che oggi, alla domanda “strage di Fiumicino 1973”, si risponda con un’altra domanda: Cos’è, un film?
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Prima di scrivere il commento ho letto bene tutto ciò che è vietato pubblicare.....forse sarebbe stato più opportuno ed onesto elencare ciò che l’utente può pubblicare. Quindi un elenco vuoto che ampiamente spiega l’oblio di quella strage ! Le rarissime volte che si riparla della storia che ha portato via da noi quei 32 poveri innocenti provo il più assoluto disprezzo per la vigliaccheria di coloro, vivi o morti, che ne sono responsabili e non temo smentite di chicchessia.