Era il 2011 quando usciva per la collana Einaudi Stile Libero un romanzo che avrebbe fatto parlare di sé: La vita accanto di Mariapia Veladiano. In copertina una finestra spalancata le cui tende bianche si libravano come in volo verso un cielo immerso nel nitore lattiginoso dell’alba. All’interno, nella prima pagina, una frase incisiva e sferzante: “Una donna brutta”, iniziava così, “non ha a disposizione alcun punto di vista superiore per raccontare la propria storia”.
Vincitore del Premio Calvino nel 2010, sarebbe arrivato secondo al Premio Strega l’anno successivo, piazzandosi subito dopo Storia della mia gente di Edoardo Nesi. Oggi La vita accanto diventa un film diretto da Marco Tullio Giordana, con protagoniste Sonia Bergamasco e Valentina Bellè, che uscirà nelle sale italiane il prossimo 22 agosto.
La narrazione poetica, claustrofobica e, a tratti, disturbante di Veladiano diventa un dramma familiare che mostra il lato oscuro della borghesia nella pellicola di Giordana. Il film è stato presentato in anteprima fuori concorso al Locarno Film Festival e c’è già chi dice sia il capolavoro del regista, omaggiato del Premio speciale alla carriera.
Vediamone trama, trailer e tutte le anticipazioni.
“La vita accanto”: dal libro di Veladiano al film
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La vita accanto di Mariapia Veladiano narra la storia di Rebecca: una “bambina brutta”, ci viene detto questo sin dal principio e senza mezzi termini, irreparabilmente brutta, tanto che la madre - che pure l’ha tanto desiderata - la rifiuta.
Nelle prime pagine del libro la condizione di Rebecca veniva presentata in maniera irreparabile, angosciante, con una violenza verbale disturbante:
Io sono nata così. Bello come un bambino, si dice. E invece no. Sono un’offesa alla specie e soprattutto al mio genere.
La consapevolezza di sé e del rifiuto materno (“Mia madre si è messa a lutto quando sono nata”, dice) spinge Rebecca a vivere isolata, reclusa, come se dovesse punirsi di una colpa che non ha commesso.
Il padre Osvaldo si rivela un inetto e lui a occuparsi di lei sarà la zia Erminia (interpretata nel film da Sonia Bergamasco), celebre pianista che subito riconosce nella nipote il suo stesso talento. Sarà proprio la musica, per cui è meravigliosamente portata, a liberare Rebecca - prima bambina, poi ragazza, infine donna - dalle gabbie delle convenzioni sociali e dalla claustrofobica situazione familiare. La musica, che lei sa suonare in maniera celestiale, le insegna che non tutto è perduto, che la vita la aspetta e lei ha tanto da dare.
L’imperfezione di Rebecca nel libro è narrata con toni apocalittici, tremendi, violenti (ricorda Fosca di Iginio Tarchetti), ma proprio perché è lei stessa a raccontarla, dal proprio punto di vista e sulla sua visione pesa, in maniera terribile, il rifiuto materno. Dopo l’angoscia del primo capitolo ci troviamo a interrogarci su quanto la bruttezza di Rebecca sia effettiva e quanto, invece, sia frutto di una concezione distorta.
L’intera abitazione - scenario claustrofobico in cui è ambientata la maggior parte del romanzo - si rivela un ambiente logoro, opprimente, quasi infestato dai fantasmi dei non detti che vi ristagnano:
C’è troppo dolore in questa casa.
Rebecca ricorda Elisa, la protagonista di Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, che vive chiusa in una stanza assediata dai fantasmi, il cui riflesso negli specchi la sorprende a tradimento. In realtà, procedendo nella narrazione, scopriamo che la “bruttezza” di Rebecca non è la vera ragione che giustifica l’abbandono della madre Maria (interpretata da Valentina Bellè), ma che dietro i comportamenti di questa famiglia perbene si nascondono segreti indicibili.
Rebecca è una bambina che vive un’infanzia e, in seguito, un’adolescenza solitaria e poi, lentamente, inizia a scoprire il mondo e l’amore degli altri. La vera tara della sua vita è il fatto di non essere amata e accettata, in primis dalla madre. L’arte, in questo caso la musica, si rivela salvifica, ciò che ripara o se non altro lenisce le ferite inflitte dalla vita.
Nella pellicola Rebecca ragazza è interpretata da Beatrice Barison che è una bravissima pianista e, infatti, nelle scene musicali suona dal vivo.
Recensione del libro
La vita accanto
di Mariapia Veladiano
“La vita accanto”: differenze tra libro e film
Tra libro e film ci sono similitudini e differenze. Nel romanzo Rebecca si descrive bruttissima e senza infingimenti guardandosi dritta allo specchio dice:
La bocca sottile che pende a sinistra in un ghigno triste ogni volta che tento un sorriso.
Nel film di Marco Tullio Giordana, invece, l’imperfezione di Rebecca è data da una vistosa macchia cutanea, un angioma, che le sfigura il viso: una maniera, certo, per rendere il suo difetto visibile e comprensibile senza bisogno di ulteriori spiegazioni. La stessa scrittrice ha trovato la macchia una scelta interessante, affermando che vi si nasconde un simbolismo utile allo svolgimento della narrazione: “è la macchia della colpa”.
La vera ferita di Rebecca, nel film di Giordana, non è la bruttezza, ma il dolore e il disagio che guastano un’intera famiglia rodendola dall’interno come un tarlo. Lo sguardo del regista si concentra non sull’aspetto individuale della storia, ma su quello corale, interrogando le crepe di una famiglia dell’alta borghesia vicentina, esplorando i “non detti”, i silenzi sino a quelli più pericolosi che nascondono le ragioni della disfunzionalità familiare.
Il pregio del romanzo di Mariapia Veladiano era nella capacità di guardare dritto in faccia il dolore e, in seguito, di risanarlo attraverso una voce poetica che trasuda un’umanità profondissima; il linguaggio visivo del film permette di metterne meglio in luce le tematiche, in primis il tema dell’accettazione. Rebecca ha un talento incredibile, ma rischia persino di non essere accettata al Conservatorio a causa della sua imperfezione: “quanto conta lo sguardo dell’altro nelle nostre vite?”
Questo l’interrogativo latente cui Veladiano tentava di rispondere mostrando la forza umana positiva, attraverso le figure speculari della zia Erminia e della maestra Albertina, che incoraggiano Rebecca a maturare le proprie capacità musicali e a non demordere.
Il film di Marco Tullio Giordana, lo stesso regista di La meglio gioventù, riesce a dare una dimensione visiva a un romanzo intimo - penetrato nell’interiorità di un io narrante e in ambienti chiusi, domestici - a dimostrare che il talento ha anche bisogno della benevolenza dello sguardo altrui per emergere.
Ancora una volta, è tutta una questione di sguardi: e questo forse è uno di quei rari casi in cui davvero il linguaggio cinematografico riesce a estendere e ad arricchire il linguaggio letterario, mantenendone intatta la poeticità.
“La vita accanto”: la recensione del film
La nostra collaboratrice Elisabetta Bolondi ha visionato il 19 agosto 2024 il film in anteprima presso il Cinema Ariston di Gaeta.
La sua recensione è disponibile sul nostro Profilo Instagram:
“La vita accanto”: il trailer del film
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La vita accanto”: al cinema il film tratto dal romanzo di Mariapia Veladiano
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