Marcello Mastroianni (1924-1996), di cui ricorre il centenario della nascita, fu l’interprete della Dolce vita (1960), Divorzio all’italiana (1961) Una giornata particolare (1977) e di molti altri film di successo, alcuni dei quali furono tratti da racconti e da romanzi importanti della letteratura del Novecento. Tra questi, in questo articolo analizziamo la sfortunata sorte del film Lo straniero del 1967, ispirato al romanzo omonimo di Albert Camus e diretto da Luchino Visconti.
Lo straniero: il romanzo di Albert Camus
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Albert Camus (1913-1960), l’autore de La peste e de Il Mito di Sisifo, premio Nobel per la Letteratura nel 1957, considerato dalla critica uno scrittore e filosofo esistenzialista e nichilista – in un’intervista lui si distaccò da quelle categorie -, nacque nell’Algeria, allora territorio di conquista francese, da una famiglia di coloni francesi, i cosiddetti pieds-noirs.
Pubblicò il breve romanzo Lo straniero nel 1942, edito per la prima volta in Italia presso l’editore Bompiani nel 1947. Il romanzo ebbe un grande successo editoriale in tutto il mondo.
Meursault, il protagonista del romanzo è un modesto impiegato, ma al contrario dell’impiegato sognatore di Notti bianche di Dostoevskij, è una persona apatica, annoiata che vive un’esistenza desolata e anonima, quasi una forma di estraneità nei confronti di se stesso e del mondo. Rappresenta un’umanità che non riesce a trovare nell’universo una giustificazione all’esistenza e tutto gli si presenta assurdo e privo di senso. Su questo tema rimando al saggio Il mito di Sisifo del 1942, perché la vita umana è un’eroica inutilità e come Sisifo, condannato dagli dei a far rotolare senza posa un macigno dalla montagna,
“non esiste punizione più terribile del lavoro inutile e senza speranza”.
La storia è ambientata ad Algeri e già l’incipit del libro è agghiacciante nel presentare la personalità del protagonista che appare senza emozioni alla notizia del decesso della madre:
“Oggi è morta mamma. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall’ospizio: ’Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti’. Non significa niente. Forse è stato ieri”.
Il giorno dopo l’esequie della madre, Meursault va in spiaggia, incontra una ragazza, vanno a cena, vanno al cinema a vedere un film con l’attore comico Fernandel, si divertono e poi fanno l’amore. Questo comportamento, nello svolgersi della storia, sarà poi considerato un’aggravante, una dissonanza, una stonatura (da absurdus = stonato) esistenziale.
La parte centrale della storia è ambientata su una spiaggia, dove Meursault uccide senza volerlo un arabo con cui aveva litigato e da qui l’arresto, il processo e la condanna a morte. Meursault, pur non sentendosi colpevole, non tenta di difendersi durante il processo e non cerca alcuna giustificazione al suo gesto. In attesa dell’esecuzione il protagonista non si dispera, pensa al ricorso presentato dal suo avvocato e a una possibile grazia e, se questa non arriverà, dice:
“Be’, allora morirò. Prima di altri, evidentemente. Ma tutti sanno che la vita non vale la pena di essere vissuta. In fondo sapevo che morire a trent’anni o a settanta importa poco. (…) dato che si muore, il come e il quando non importa, era chiaro”.
Rifiuta le visite del cappellano perché non crede in Dio e non vuole essere aiutato:
“mi mancava il tempo di interessarmi a ciò che non m’interessava (…) mi restava poco tempo. Non mi andava di perderlo con Dio”.
Il romanzo - e il film di Visconti - si conclude con una frase forte e drammatica:
“... dovevo solo augurarmi che ci fossero molti spettatori il giorno della mia esecuzione, e che mi accogliessero con grida di odio”.
Recensione del libro
Lo straniero
di Albert Camus
Lo straniero: la stroncatura della critica al film di Luchino Visconti
L’adattamento o la trasposizione di un romanzo per il grande schermo (o la TV) è un’operazione alquanto delicata per il motivo che la scrittura del libro e la scrittura cinematografica – per immagini, per suoni, per la fisicità e la recitazione degli attori - sono diverse e solo il regista e un bravo sceneggiatore possono tentare di rimanere il più possibile fedeli alla spirito originario di un romanzo e, naturalmente, alla voce dello scrittore. A maggior ragione se il romanzo – stile, ambientazione, atmosfere, caratteri dei personaggi, dialoghi, riflessioni, voce narrante, ecc. - è quello di Camus, scritto con un linguaggio secco, che tratta un concetto difficile come l’assurdità dell’esistenza.
Confrontando le sorti di due film, entrambi con protagonista Marcello Mastroianni e regista Luchino Visconti (1906-1976), ossia Le notti bianche del 1957 e Lo straniero del 1967, scopriamo che ebbero diversa sorte di critica e di botteghino.
Mentre il primo vinse il Festival di Venezia (1957) e l’anno dopo conquistò tre Nastri d’argento, consacrando Mastroianni Migliore attore protagonista, il secondo fu considerato dalla critica uno dei film meno riusciti di Visconti ed ebbe pure una travagliata distribuzione che nel tempo lo portò ad una sorta di oblio.
Lo storico del cinema Morando Morandini lo giudicò “il meno riuscito e il più opaco film di Visconti”. Pure Mastroianni fu criticato per quella interpretazione.
Il critico letterario Giorgio Zampa sul nr. 39 della Fiera letteraria del 28 settembre 1967 scrisse che probabilmente Visconti si è
“attaccato a un testo che è lontano dalle sue corde e che Mastroianni non è Meursault (…) Meursault (Mastroianni) diventa uno scettico apatico. Nemmeno in Camus Meursault ha una grandezza personale; ma vi è in lui la grandezza d’una situazione umana che, lontano dell’eroismo, egli impersona fino in fondo con modestia e ostinazione. Anche questo nel film svanisce.”
Nonostante avesse cercato di rimanere il più possibile aderente al testo letterario, secondo il parere dei critici Visconti ha fallito, come ha deluso Mastroianni nel tentativo di incarnare anima e fisicità del personaggio chiave: apatico, disorientato, indifferente.
Eppure Visconti aveva già realizzato film di grande successo attraverso la trasposizione di romanzi importanti. Per esempio Il Gattopardo (1963), tratto dal romanzo di Giuseppe Tomasi da Lampedusa, è considerato ancora oggi uno dei capolavori della cinematografia italiana e mondiale.
Come non dire della grandezza interpretativa di Mastroianni in personaggi difficili come il già citato impiegato di Notti Bianche, il corrotto e ambiguo sacerdote di Todo Modo (1976) e il conduttore radiofonico omosessuale di Una giornata particolare (1977).
Altri film con Marcello Mastroianni tratti da libri
Per gli amanti dei film tratti da libri, appartengono alla filmografia di Mastroianni, oltre a quelli già citati:
- La bella mugnaia (1955) ispirato al romanzo Il cappello a tre punte di Pedro Antonio de Alarcón;
- Il bell’Antonio (1960) tratto dall’omonimo romanzo di Vitaliano Brancati;
- Rappresaglia (1973) dal libro Morte a Roma di Robert Katz;
- Per le antiche scale (1975) ispirato al racconto Dentro la cerchia delle mura della raccolta Per le antiche scale di Mario Tobino;
- Todo modo (1976) ispirato all’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia;
- La pelle (1981) tratto dal romanzo omonimo di Curzio Malaparte;
- Oci ciornie (1987) è ispirato ad alcuni racconti di Anton Čechov;
- Le due vite di Mattia Pascal (1985) ispirato al romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello;
- Sostiene Pereira (1995) tratto dal romanzo omonimo di Antonio Tabucchi.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Lo straniero”: la sfortunata storia del film di Luchino Visconti dal libro di Camus
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Faccio una premessa io adoro Visconti come regista (Senso, le Vaghe stelle dell’Orsa, la Caduta degli Dei, Ossessione, Morte a Venezia) tutti film che ho stra amato, Mastroianni poi per me è fantastico con Fellini è insuperabile. Però forse non era l’attore giusto per quella parte, Mastrianni è bravo nelle parti da esistenzialista ma meno drammatiche, pensate al giovane impiegato Mersault interpretato da Jean-Louis Trintignant......