La zia di Lampedusa
- Autore: Elvira Siringo
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2009
L’insegnante e scrittrice esordiente Elvira Siringo ci presenta personalmente il Suo libro "La zia di Lampedusa", edito nel 2009 dall’Editore Morrone. "La zia di Lampedusa" non è solo un romanzo giallo, ambientato su un’isola, luogo di approdo di clandestini...
- Perché ha scelto di chiamare i capitoli con i titoli delle canzoni di Claudio Baglioni?
La scelta dei testi delle canzoni di Claudio Baglioni non è casuale e non è neanche dettata da una semplice preferenza personale per questo tipo di musica. L’ambientazione lampedusana implica la necessità di tenere conto di due elementi imprescindibili e inseparabili fra loro: la presenza degli sbarchi clandestini e la manifestazione canora O’Scià.
Da sette anni a questa parte, Claudio Baglioni organizza una manifestazione chiamata O’Scià, un festival della canzone, una serie di quattro concerti gratuiti che si svolgono, alla fine di settembre, per quattro sere di fila, sulla spiaggia della Guitgia di Lampedusa, ai quali intervengono molti cantanti, comici, attori, presentatori. Lo scopo di questa manifestazione è di sensibilizzare le coscienze al tema dell’integrazione multietnica, e tutti coloro che partecipano diventano “lampedusani” adottivi.
Il nome O’Scià sta a indicare un saluto, letteralmente significa mio sciato, cioè fiato mio, ed è il saluto più affettuoso che il Lampedusano possa rivolgere a chi arriva, senza guardare al colore della pelle, al credo religioso, alla lingua, alla nazionalità.
Naturalmente non voglio svelarvi la trama, ma è ovvio che, ad un certo punto del romanzo, in qualche modo, entrano in azione dei “migranti” inattesi, imprevisti e in ... incognito. Essi svolgono un ruolo abbastanza importante per la risoluzione della storia. Il finale si ispira proprio al verso di una canzone non molto nota che Baglioni lanciò proprio a Lampedusa qualche anno fa, e recita: “Fa che il prossimo tu sia non soltanto chi ti è accanto ma anche il prossimo che verrà qui...” La canzone si chiama "Per Incanto e per amore", così ho preso a prestito il titolo e l’ho applicato al 19° capitolo del mio romanzo. Poi, rileggendo la storia, ho scoperto che anche gli altri capitoli potevano trovare una qualche rispondenza con altre canzoni e da qui è nata l’idea di prendere in prestito un titolo per ogni capitolo. Fanno eccezione il primo e l’ultimo. Il primo capitolo è legato ad una canzone inedita, scritta trent’anni fa da un mio caro amico nel periodo in cui frequentavamo con tanti altri giovani, la Comunità parrocchiale di Bosco Minniti, a Siracusa, con la guida spirituale di Mons. Sebastiano Gozzo. La canzone si chiama "Un’isola sola in mezzo al mare", e si riferisce metaforicamente all’isola di accoglienza che noi offrivamo in quella parrocchia, allora come oggi zona di frontiera, per coloro che ne avevano bisogno: disoccupati, bambini, vecchi, ragazze madri e anche ex detenuti.
L’ultimo capitolo, invece, è aggiunto alla storia: la vicenda gialla si risolve al 19° capitolo, ho voluto aggiungere il 20° perché contenesse un chiaro messaggio di speranza e di pace nel prospettare gli eventi futuri, la speranza che anche una piccola squadra possa diventare il motore di una rinascita... che Lampione, Lampedusa, la Sicilia, il Mediterraneo intero, possano diventare punto di riferimento e punto di incontro fra ebrei, cristiani e musulmani. Sogni! Chissà?
Allora, per coniugare un tempo futuro, occorreva servirsi di una canzone immortale, per questo ho scelto "Meraviglioso" di Domenico Modugno, che oltre ad essere stato un altro grande innamorato di Lampedusa (dove possedeva una villa nella quale è morto nel 1994), è forse il più grande cantante italiano di tutti i tempi. Meraviglioso è un inno alla gioia di vivere e, (oggi più che mai, fra mille amarezze e polemiche) un’esortazione ad amare ed esaltare ciò che ci circonda: il cielo, il sole, il mare, la terra della nostra meravigliosa Sicilia.
- Nel romanzo, lei affronta il tema scottante dell’immigrazione clandestina: spera che laddove non arrivi la politica possa giungere la letteratura?
Devo confessare una cosa, quando ho cominciato a scrivere questa storia non sapevo che sarebbero sbarcati gli immigrati clandestini, ne’ a Lampedusa, ne’ nel mio romanzo.
Avevo scelto lo scenario delle Pelagie solo perché mi serviva uno scenario ridotto, un luogo piccolo che potesse contenere un numero limitato di possibili colpevoli e di possibili vittime, ma con gli eventi successivi non era più credibile parlare di queste isole d’alto mare ignorando il fenomeno dell’immigrazione clandestina e senza tenere conto della storia attuale.
Nel romanzo io non faccio politica, nemmeno ci provo! Metto solo in risalto la grande disponibilità del lampedusano, che poi è anche un siciliano, all’accoglienza e alla solidarietà.
Lampedusa, come terra di emergenza, è sinonimo di Portopalo di Capopassero. Noi Siciliani siamo da sempre un popolo che accoglie chi arriva: siamo i figli di un complicato miscuglio di etnie. Diciamo che mi limito ad invitare chi legge ad una riflessione su questo tema perché ritengo che sia un’emergenza abbastanza seria che stiamo sottovalutando un po’ troppo. Io insegno storia e chi studia storia sa bene che i conflitti civili nei paesi africani sono una piaga che si sta allargando a macchia d’olio, della quale non si parla quasi per niente. Della quale noi vediamo solo un pallido riflesso, che spesso affrontiamo con indifferenza o addirittura fastidio: l’arrivo dei clandestini. Non ci chiediamo da dove vengono, da cosa scappano, ne’ perché sono così disperati da sfidare la morte.
A Lampedusa è stato eretto un monumento che si chiama la Porta dei Migranti, una grande porta di terracotta posta su una scogliera che si affaccia sul mar d’Africa, chi passa dalla porta è invitato a passare in silenzio, rivolgendo un pensiero o una preghiera per coloro che non sono riusciti ad arrivare!
E’ un’emergenza con la quale saremo presto chiamati, comunque, a fare i conti. Siamo cresciuti pensando che i problemi del mondo fossero legati alla divisione est-ovest: la guerra fredda, lo spionaggio, e così via... In realtà il problema oggi è il sud, povero, del mondo che sale come una valanga al rovescio, verso il nord, ricco e sprecone.
Non tocca a me suggerire soluzioni politiche, fra l’altro non ne sono capace, dovrei avere la bacchetta magica per questo. Penso che nessuno sappia in questo momento quale può essere la soluzione giusta. Io posso solo esortare chi legge ad aprire gli occhi, e non credere che debbano essere sempre solo gli altri a fare qualcosa.
Ognuno di noi, forse, può fare qualcosa. La conclusione del romanzo, ad esempio, suggerisce un’ipotesi... (che naturalmente non vi posso svelare!)
Per cominciare possiamo cambiare atteggiamento, informarci, interessarci, possiamo pensare tutti ad una soluzione, per lo meno perché ci si incammini verso un percorso di pacifico dialogo fra le tre grandi confessioni monoteistiche che, proprio nel cuore del Mediterraneo, intersecano i loro percorsi. La visita alla Sinagoga, di Papa Benedetto XVI, è un segno veramente rivoluzionario in questo senso di apertura al dialogo. Ebbene! Che sia di esempio a tutti noi, affinché possiamo predisporre il nostro animo allo spirito di accoglienza dell’altro.
- La storia e i personaggi sono un puro frutto di fantasia o sono controfigure della realtà?
La storia è nata interamente dalla mia fantasia, semmai ha subìto le suggestioni di altre storie lette in passato, ma si tratta comunque di storie inventate. Proprio per sottolineare l’aspetto immaginario ho assunto come luogo d’azione un’isola completamente disabitata, perché lo scenario del romanzo in realtà non è Lampedusa, (la zia è di Lampedusa, non il luogo della storia: il lettore distratto si inganna... ma in realtà io non ho mai detto di avere ambientato il romanzo a Lampedusa!)
La vicenda si svolge sulla più piccola delle isole Pelagie: lo scoglio disabitato di Lampione! Anche gli eventi che vengono riferiti come accaduti in località siciliane, vengono evocati, mai indicati apertamente, per evitare di offendere involontariamente delle persone reali.
I nomi, naturalmente, sono inventati.
Le descrizioni fisiche e le caratteristiche psicologiche sono “prese in prestito” da ignare persone viventi alle quali mi sono tacitamente ispirata: lavoro da più di vent’anni in una scuola, convivo quotidianamente accanto a un centinaio di colleghi e più di 1300 alunni, basta guardarsi attorno, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Tanto i miei “modelli” non lo sapranno mai!
Piuttosto, mi è capitato dopo, stranamente, di imbattermi in persone reali che sembravano uscite dal mio libro: quando sono stata a Lampedusa ho identificato, ad esempio, il “mio” carabiniere, identico in tutto e per tutto, dall’aspetto fisico alle piccole fissazioni e manie, a un Assessore, carabiniere in pensione, attivissimo all’interno della Giunta. (Per fortuna nel libro svolge un ruolo simpatico, perché temo che si sia riconosciuto anche lui!) Grazie al cielo i personaggi antipatici si autoimmedesimano un po’ meno: stentano a riconoscere la descrizione dei loro difetti. Ma vi posso assicurare che io, in settembre, ho proprio incontrato tutti, in carne ed ossa! Da qui è nata un’idea che svilupperemo presto: sarà indetto un concorso fotografico: “Fotografa la zia”, vinceranno le foto dei volti che la esprimono meglio, perché in fondo "La zia di Lampedusa" è la figura metaforica dell’accoglienza che possiamo incontrare e riconoscere in qualunque luogo.
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