Lo scrittore francese Marcel Proust viene spesso identificato con la sua opera in un binomio inscindibile: Proust è la Recherche e la Recherche è Proust. Ebbene, è giunto il momento di rompere l’assioma e sfatare il mito secondo cui Marcel Proust è interamente contenuto nelle oltre tremila pagine del romanzo più lungo del mondo, ovvero Alla ricerca del tempo perduto. Esiste anche un Proust sfuggente e inafferrabile che si annida tra le molteplici correzioni e rifiniture delle lunghissime “paperoles”, nei saggi sulla pittura, la musica, l’arte, l’architettura delle cattedrali gotiche, nelle opere di critica letteraria e, anche, nelle poesie che scrisse sin da studente per puro svago.
Molti considerano il Proust poeta un Proust minore, invece nelle poesie troviamo forse la traccia più autentica dell’autore, poiché la scrittura poetica veniva praticata per diletto - quindi sfuggiva al correttivismo esasperato della narrativa e della saggistica - e ci restituiva lo sguardo purificato e diretto sulle cose, un tono di voce carico di humor e ironia, oltre a una carica introspettiva slegata dal motivo della rievocazione memoriale. Spesso le poesie di Proust sono inscindibili da un’occasione, un evento mondano o, soprattutto, da una persona. Ne è testimonianza uno dei componimenti più celebri, Lasciate piangere il mio cuore, tradotto da Franco Fortini nel 1989 per la prima edizione Einaudi delle Poesie di Marcel Proust.
Si tratta indubbiamente di una lirica a tema amoroso; ma sapete a chi era dedicata? A una persona molto importante nella vita di Proust, l’unica ad avere accesso alle prime bozze della Recherche e ad assistere l’autore sul suo letto di morte.
“Lasciate piangere il mio cuore” di Marcel Proust: testo
Lasciate piangere il mio cuore tra le vostre mani refrattarie,
il cielo scolorito fa appassire lentamente
il fiore dei vostri occhi chiari che quietamente
abbassa sul mio cuore le sue corolle affascinate.Che le vostre ginocchia mi siano pacifico giaciglio,
vestito dei vostri sguardi avrò caldo per la notte
e, sorvegliante magico, il vostro afflato terrà lontano
tutto ciò che insudicia e ciò che schernisce e ciò che nuoce.Il porto e i campi sono neri; dopo il giorno beffardo
la consolante notte viene intrisa di lacrime
e permeando di dolcezza la nebbia dispersa
i fuochi del desiderio di te si accendono nel mio cuore.
“Lasciate piangere il mio cuore” di Marcel Proust: analisi e commento
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Un Proust poeta d’amore che sembra rieccheggiare i versi di Shakespeare o i poeti dello Stilnovo; ma pur di Marcel Proust si tratta e, se c’è una cosa che l’autore della Recherche con la sua profondità ci ha insegnato, è proprio guardare oltre la superficie delle cose. Lasciate piangere il mio cuore non è infatti, come a molti appare, una poesia dedicata alla donna amata; è una poesia dedicata all’uomo amato, ovvero Reynaldo Hahn, il primo amore di Proust.
La relazione, naturalmente, era manutenuta segreta, anzi, segretissima: pochi sapevano e, secondo l’uso del buoncostume, tacevano. Erano gli anni in cui Oscar Wilde veniva condannato al carcere in Inghilterra con l’accusa di “sodomia e volgare indecenza”. In Francia, dal 1791, l’omosessualità non era un reato conseguibile penalmente, ma anche ancora considerata un “reato sociale”.
All’epoca Reynaldo Hahn era un illustre pianista, oltre a essere il principale promotore del Festival di Mozart era anche direttore della Filarmonica di Vienna. Quanto a Marcel Proust, non era ancora noto per essere l’autore della Recherche, ma godeva di una certa fama e rispettabilità negli ambienti intellettuali e nei salotti parigini. Va da sé che il “ruolo sociale” di entrambi era fondamentale - se non indispensabile - per le loro carriere. Dietro questo apparentemente innocente componimento amoroso, Lasciate piangere il mio cuore, si cela dunque una verità sommersa, negata e ancora incandescente.
La pena che Proust esprime in questi versi non è il dolore per la perdita della donna amata, ma un sentimento più complesso: dava voce a un amore che non avrebbe mai potuto vivere pienamente, quei “fuochi del desiderio” non solo lo bruciavano ma lo stavano consumando. A quell’amore proibito si abbandonava in segreto, protetto dalla complicità delle tenebre, da qui il riferimento alla “consolante notte intrisa di lacrime” che tiene lontano tutto ciò che insudicia e schernisce e soprattutto nuoce (così esprime in una magistrale successione di verbi posti a climax) a un amore che, già a inizio Novecento, Proust osava professare e dichiarare universale.
L’incontro tra Marcel Proust e Reynaldo Hahn
Marcel Proust conobbe Reynaldo Hahn quando aveva ventitré anni, nel salotto di Madame Lemaire. In quell’occasione mondana poté assistere per la prima volta all’esibizione di quel pianista che lasciò in lui un’impressione indimenticabile, riportata anche nella Recherche, in cui appare chiaro che non fu solo la musica a stregarlo:
La testa leggermente inclinata indietro, la bocca malinconica, un po’ sdegnosa, lasciando scappare il flusso ritmato della voce più bella, più triste e più calda mai sentita, questo strumento di musica di genio abbraccia tutti i cuori, inumidisce tutti gli occhi, nel brivido d’ammirazione che propaga lontano e che ci fa tremare
In questo breve testo c’è già tutto lo struggimento dell’innamoramento che colpì Proust come la classica freccia scoccata da Cupido. Iniziò così una storia d’amore intensa e tormentata tra lo scrittore e quel pianista originario di Caracas, da tutti già considerato un “piccolo Mozart”. I due si contaminarono a vicenda, influenzandosi reciprocamente anche nella produzione delle loro opere. La celebre sonata di Vinteuil, un motivo ricorrente nella Recherche se non la vera e propria colonna sonora, fu ispirata proprio dalla musica di Reynaldo Hahn. Quel brano musicale era il preferito di Proust che chiedeva a Reynaldo di suonarlo ripetutamente; dopo la morte dello scrittore il pianista lo trascrisse in una lettera perché rimanesse una traccia di quell’amore immortale. Marcel Proust dichiarò di aver trascorso con Reynaldo nell’estate al Castello di Réveillon i “giorni più incantevoli della mia giovinezza” e poco importa se il rapporto fu poi avvelenato dalla gelosia e dall’arrivo di nuovi amori, tra cui la celebre Albertine Simonet de la Recherche sotto cui si nascondeva in realtà il dramma di Alfred Agostinelli.
Reynaldo Hahn era stato il primo grande amore di Proust e l’unica persona, oltre al fratello medico Robert, che Marcel volle accanto a sé sul suo letto di morte in rue Hamelin quel 18 novembre. Chissà se gli domandò di suonargli un’ultima volta la sonata di Vinteuil, che a noi ora giunge soltanto attraverso la potente carica semantica delle parole della Recherche, capaci di farsi memoria e melodia.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Lasciate piangere il mio cuore”: la poesia di Marcel Proust dedicata a Reynaldo Hahn
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