Le dodici tribù di Hattie
- Autore: Ayana Mathis
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2015
“Le dodici tribù di Hattie” (Einaudi, 2015), romanzo d’esordio di Ayana Mathis, si rivela un’opera di valore, una saga familiare in cui molte sono le tematiche reali e significative.
Le vicende ruotano tutte, per circa sessant’anni, attorno alla figura di Hattie, una giovane dalla pelle scura che, quindicenne, nel 1923, lascia la Georgia e si trasferisce a Philadelphia con la speranza di realizzare il proprio sogno americano. Il suo desiderio di libertà e di riscatto è fatto anche di una vita normale con casa, marito, figli, è intessuto di serenità e, soprattutto, intriso di quella dignità che il colore della sua pelle spesso non le aveva concesso.
Poco tempo dopo il trasferimento in città, Hattie conosce August e, dal loro incontro che sfocia in matrimonio, nascono subito due gemelli: Philadelphia e Jubilee. E’ la stessa giovane mamma a scegliere quei nomi che, per lei, sono simbolo di speranza e del desiderio di guardare avanti. Il destino si rivela, però, particolarmente crudele con la protagonista che, pochi mesi dopo la nascita dei due piccoli, li vede morire a causa di una polmonite. E’ un dolore fortissimo per la giovane mamma, una ferita che si rimarginerà ma che lascerà una profonda cicatrice nel suo animo. Con forza Hattie va avanti e molte altre nascite seguiranno: ad ognuno dei figli e ad una nipote sono intitolati i capitoli del romanzo, dodici per la precisione.
I ragazzi, maschi e femmine, paiono molto diversi l’uno dall’altro. Sono spesso succubi di un destino non felice che la protagonista non avrebbe di certo voluto; così lei si adopera dal mattino alla sera per prendersi cura dei suoi figli, risparmia a dismisura pur di comprar qualcosa ai bambini, accetta l’umiliazione di ricevere un sussidio e la continua visita dei servizi sociali pur di dar un pasto ai propri figli cui anche il padre August è affezionato anche se, per debolezza e leggerezza, egli è purtroppo incapace di prendersi cura di loro.
Traspare dalle singole figure a volte un senso di rabbia, a volte di rassegnazione perché gli eventi della vita mettono Hattie e i suoi figli a dura prova sia a causa della povertà, sia per la discriminazione dovuta al colore della pelle, sia per le tribolazioni della vita. Non sarà un cammino facile per Floyd, Six, Ruthie, Ella, Alice, Billups, Franklin, Bell, Cassie e sua figlia Sala che in Hattie non trovano, purtroppo, quella dolcezza tipica d’una mamma.
“Quando erano piccoli i figli di Hattie la chiamavano il Generale. Credevano che lei non sapesse e invece sapeva tutto d’ognuno di loro... Hattie sapeva che i sui figli non la consideravano una donna buona – forse non lo era ma quando erano piccoli non c’era tempo per i sentimenti . Aveva negato loro qualcosa di vitale ma che bene poteva fare, passare la giornata a dare baci e abbracci se non c’era niente con cui riempirgli lo stomaco? Non capivano che tutto l’amore che aveva dentro era servito a sfamarli, vestirli, prepararli ad affrontare il mondo?”
La miseria e la disperazione rendono Hattie dura anche se lei vorrebbe ancora sognare: è ciò che tenta di fare incontrando Laurence ma su questo nuovo amore vincerà ancora quello per i figli. Questo libro non ha un lieto fine o, almeno, il finale rimane aperto perché i protagonisti sono ancora lì a lottare con una realtà non facile. Mamma Hattie è, però, spesso, accanto a loro e, un po’ più anziana, comunque sempre forte di carattere, sopporta le difficoltà e vive per la sua grande famiglia.
Il romanzo si rivela davvero bello, coinvolgente, storicamente ben ambientato. E’ uno spaccato di vita americana assolutamente vero ma è anche, nell’insieme, un dipinto dell’umanità. Assai ben scritto, il libro è già un successo negli Stati Uniti e ora merita d’essere apprezzato anche all’estero.
Le dodici tribù di Hattie
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