Il 9 novembre 1918 si spegneva a Parigi il poeta francese Guillaume Apollinaire, colui che aveva coniato il termine “esprit nouveau” (spirito nuovo, Ndr) per esprimere l’avanguardia dei tempi moderni. Guillaume Apollinaire era stato un innovatore, un genio visionario, il primo ad affermare l’esistenza della “pittura metafisica”, eppure ora sbiadiva nella schiera anonima degli innumerevoli morti dell’epidemia di spagnola.
Per introdurvi all’opera del grande poeta francese vi proponiamo la lettura di una delle sue poesie più belle, Il ponte Mirabeau (Le pont Mirabeau, Ndr), tratta dalla seconda edizione della raccolta Alcools (1913).
Alcools era l’opera più innovativa di Apollinaire poiché per la prima volta l’autore applicava alla poesia i principi della pittura cubista: ne emerge così una raccolta eterogenea in cui le liriche non sono accomunate da alcun tema, non c’è un soggetto ricorrente, seguono le schema del verso libero e non presentano punteggiatura.
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Le pont Mirabeau prende il nome dal celebre ponte sulla Senna, costruito nel 1893, che a Parigi unisce le due rive, la sinistra del XV arrondissement alla destra del XVI arrondissement. Inutile dire che nella visione di Apollinaire il ponte è un simbolo, diventa ciò che unisce tra loro le cose, metafora del sentimento amoroso. La lirica può essere letta infatti come una profonda riflessione sull’amore e sul tempo. Il tema malinconico e la visione onirica si fondono in una musicalità scandita, che rappresenta il tratto distintivo dello stile del poeta.
Nel testo originale francese de Il ponte Mirabeau possiamo osservare anche lo sperimentalismo grafico del calligramma proprio di Guillaume Apollinaire che si rivela nella peculiare disposizione dei versi che sembrano comporre un disegno sulla pagina seguendo una distribuzione non lineare. L’andare a capo del verso e la peculiare distribuzione delle strofe contribuiscono infatti a conferire alla lirica il ritmo di un canto. Visione e ascolto si fondono così in un tutt’uno: la poesia di Apollinaire non è solo parola, è anche tattile, udibile, percepibile con i cinque sensi, questa la straordinaria innovazione del poeta.
Scopriamo testo, analisi e commento di Le pont Mirabeau.
“Il ponte Mirabeau” di Guillaume Apollinaire: testo
Sotto il ponte Mirabeau scorre la Senna
E i nostri amor
Che io me ne sovvenga
La gioia mai mancò dopo il dolorVenga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancoraLe mani nelle mani restando faccia a faccia
Lasciam che giù
Sotto l’arcata delle nostre braccia
D’eterni sguardi passi l’onda lassaVenga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancoraL’amore se ne va come va la corrente
L’amore va
Come la vita è lenta
E come la Speranza è violentaVenga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancoraGiornate e settimane il tempo corre
Né più il passato
Né più l’amore torna
Sotto il ponte Mirabeau la Senna scorreVenga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora.(Traduzione di Giorgio Caproni)
“Le pont Mirabeau” di Guillaume Apollinaire: testo originale francese
Sous le pont Mirabeau coule la Seine
Et nos amours
Faut-il qu’il m’en souvienne
La joie venait toujours après la peineVienne la nuit sonne l’heure
Les jours s’en vont je demeureLes mains dans les mains restons face à face
Tandis que sous
Le pont de nos bras passe
Des éternels regards l’onde si lasseVienne la nuit sonne l’heure
Les jours s’en vont je demeureL’amour s’en va comme cette eau courante
L’amour s’en va
Comme la vie est lente
Et comme l’Espérance est violenteVienne la nuit sonne l’heure
Les jours s’en vont je demeurePassent les jours et passent les semaines
Ni temps passé
Ni les amours reviennent
Sous le pont Mirabeau coule la SeineVienne la nuit sonne l’heure
Les jours s’en vont je demeure.
“Il ponte Mirabeau” di Guillaume Apollinaire: analisi
Il ponte Mirabeau cantato da Apollinaire ha una profonda valenza simbolica. La scelta non è casuale, con l’immagine del ponte il poeta francese vuole fare riferimento alla fine della sua relazione con la pittrice Marie Laurencin. Il pont Mirabeau era infatti la strada che Guillaume compiva quotidianamente per giungere alla casa dell’amata.
La prima strofa è incisiva ed è intrisa di metafore: il riferimento alla Senna rimanda infatti all’acqua che per il poeta rappresenta lo scorrere del tempo. Lo scorrere del fiume parigino scandisce l’ora e rimanda alle parole di Eraclito “Perché il fiume scorre di continuo e anche noi cambiamo di continuo”.
Panta rei, dunque, tutto scorre: la morale della lirica è già tutta racchiusa nel primo verso, perfettamente costruito, di Apollinaire.
Il tempo che passa è un agente distruttore che porta via ogni cosa con sé, persino l’amore. Anche l’amore sembra scorrere, proprio come l’acqua della Senna: ogni elemento è unito dalla medesima musicalità. Ma il poeta cerca di trattenere la memoria, come dimostra l’uso dell’aggettivo “nostro” riferito ad amore. Con ogni probabilità con l’uso del possessivo Apollininaire cerca di suscitare il ricordo del bel tempo passato anche in Marie, la donna amata, quel “nostro” si riferisce a lei. L’uso della forma verbale all’imperfetto tuttavia indica che quell’amore è ormai trascorso, passato, e non ritornerà. Da quel momento infatti il poeta abbandona la prima persona e adotta una forma di scrittura impersonale, priva di soggetto, come se volesse adeguarsi allo scorrere implacabile del tempo.
Viene introdotto quindi il distico che scandirà la lirica come un ritornello in una ripetizione anaforica:
Venga la notte rintocchi l’ora
I giorni se ne vanno io non ancora.
All’azione distruttrice e nefasta del Tempo, che tutto consuma, tuttavia il poeta oppone la permanenza dell’Io:“ io non ancora”, dice come a ribadire che l’amore è finito ma lui esiste e resiste. Nel verbo originale francese “je demeure” possiamo tuttavia trovare un riferimento alla morte. Con una sola parola Apollinaire riesce a rendere il sentimento eterno e tuttavia transitorio dell’esistenza.
Tutto ciò che è permanente viene ascritto alla semantica del lessico amoroso: l’amore sembra rappresentare l’eternità sfuggente cui ambisce ogni uomo. “ Le mani nelle mani; gli eterni sguardi”, sono le parole con cui il poeta ricorda la sua storia d’amore con Marie che certo è passata, ma vive ancora. Il riferimento all’amore segue la logica della permanenza, non della transitorietà: è il tempo che scorre, come l’acqua della Senna, ma non l’amore che rivive nella circolarità del gesto “le mani nelle mani”, “gli occhi negli occhi”.
Guillaume Apollinaire fa rivivere l’amore passato nella ripetizione e nella pluralità: non a caso usa la prima persona plurale, “noi”, “le nostre braccia”, come traendo a sé il ricordo di Marie. La metafora “il ponte delle nostre braccia” crea un effetto specchiante di riflesso tra il paesaggio descritto e il tema della lirica.
Infine la penultima strofa accentua il sentimento della malinconia e della solitudine. Tutto passa e l’amore non torna, conclude il poeta. La giovinezza e la felicità appaiono perdute per sempre, scorrono via come l’acqua. Il riferimento alla “speranza violenta” è una citazione, voluta, di Charles Baudelaire che nella lirica Spleen descrive la Speranza come un pipistrello che vola radente ai muri sbattendo le sue ali timide. La nostalgia per Apollinaire ha quello stesso suono, violento e timido insieme.
Il tema del tempo è, in definitiva, il nodo cruciale della poesia Il ponte Mirabeau. Lo possiamo cogliere anche nella scelta stessa dei termini lessicali che fanno riferimento alla medesima sfera semantica della temporalità: “giorni”, “settimane”, “passato”.
Ma la vera protagonista della poesia di Apollinaire è la poesia stessa. Tutto ciò che si salva dall’azione distruttrice e implacabile del tempo è questo dono di parole. Il dolore della separazione dall’amata viene lenito dalla bellezza, dallo splendore della parola poetica.
Nulla è lasciato al caso nella lirica di Guillaume Apollinaire che è costruita secondo una logica specchiante, quasi geometrica. Il nome stesso del ponte rimanda all’azione dell’“ammirare” e la Senna presenta una curiosa analogia con “scène”, messa in scena, rappresentazione. Tutto è illusione, dunque?
L’unico tratto d’unione, ciò che salva, sono le parole che nella costruzione poetica di Apollinaire assumono la stessa funzione salvifica della memoria.
La poesia visiva di Guillaume Apollinaire
Curiosamente nell’originale francese i versi di Le pont Mirabeau sono distribuiti secondo la peculiare disposizione del calligramma. Guardandoli da lontano, senza decifrare il significato delle singole parole, si può infatti vedere sulla pagina la formazione in rilievo delle arcate di un ponte. L’ultima parola del poema è ancora una volta “io non ancora” (je demeure), che sembra suggerire la fissità, la permanenza in opposizione al fluire acquoreo del tempo. I secoli passano, ma le parole restano e sono forse tutto ciò che sopravvive nel vuoto scorrere delle ere.
Con Guillaume Apollinaire la poesia si fa visione. La scrittura diventa una forma di architettura, una costruzione verbale che affonda le sue radici in una certa idea di eternità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Il ponte Mirabeau” di Guillaume Apollinaire: l’amore e il tempo in una poesia visiva
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