Il 30 novembre 1935 si spegneva a Lisbona Fernando Pessoa; aveva soli 47 anni. Leggenda narra che l’ultima frase che il poeta scrisse fosse in inglese e rivolta al futuro: “I know not what tomorrow will bring”, letteralmente: “non so cosa mi porterà il domani.” Certamente una frase enigmatica, non quanto ci si aspetterebbe da un uomo in punto di morte.
Il pensiero è annotato su un foglio ora ingiallito dal tempo che riporta la data del 29 novembre 1935, le lettere sono ravvicinate, irregolari, la grafia sottile e nervosa, l’intera frase si presenta come la linea vitale di un elettrocardiogramma; non c’è nessun punto posto a segnarne la fine. Appena più sotto si spalanca una pagina bianca, come se ci fosse ancora una vita intera da scrivere. Ma Fernando Pessoa non avrebbe più scritto, sarebbe morto, solo, il giorno seguente, nonostante le sue ultime parole si spalancassero come una visione luminosa sul domani.
Un componimento si rivela centrale per comprendere la poetica di Fernando Pessoa, il poeta dell’inquietudine, è il Magnificat scritto dall’autore mascherato dietro il nome dell’eteronimo Álvaro de Campos. La lirica riporta in calce la data del 7 novembre 1933, Pessoa la scrisse solo due anni prima di morire e curiosamente questa poesia getta una nuova luce sulla sua morte. Tra i tanti interrogativi aperti che si susseguono nei versi ne troviamo uno singolare, che appare come una specie di contraddizione in termini: “Quanto mi desterò dall’essere desto?” Cosa intendeva dire Pessoa con questa frase? È possibile svegliarsi mentre non si sta dormendo?
Il Magnificat è stato interpretato dalla critica come una poesia trascendente, in particolare Dalila Pereira da Costa vi ha visto una “teofania”, ovvero una “manifestazione divina”. Nell’elevazione spirituale espressa nei versi di Pessoa possiamo ritrovare la spiegazione di quell’ultima frase annotata di fretta, con grafia nervosa, come ultimo appunto da lasciare ai posteri prima di morire. Forse scrivendo quel “tomorrow” Pessoa intendeva dire che la morte non era davvero la fine di tutto poiché la sua anima era pronta a svegliarsi in un’altra dimora, dove avrebbe dischiuso gli occhi a un nuovo giorno.
In una delle sue poesie esoteriche, La morte è la curva della strada, l’autore non aveva espresso un concetto poi molto diverso. Nel Magnificat addirittura si supera a livello concettuale e giunge a teorizzare un’ipotesi sconcertante: e se la nostra vita non fosse che un sogno?
Allora la morte sarebbe un risveglio ed è per questo che l’anima, nella conclusione, sorride al nuovo giorno. Non poteva che essere un poeta modernista come Pessoa, del resto, a teorizzare la “divina irrealtà delle cose”.
Il testo del Magnificat è contenuto nella raccolta Una sola moltitudine, riedita da Adelphi nel 2019 con testo portoghese a fronte e la traduzione di Antonio Tabucchi.
“Magnificat” di Fernando Pessoa: testo
Quando passerà questa notte interna, l’universo,
e io, l’anima mia, avrò il mio giorno?
Quando mi desterò dall’essere desto?
Non so. Il sole brilla alto:
impossibile guardarlo.Le stelle ammiccano fredde:
impossibile contarle.
Il cuore batte estraneo:
impossibile ascoltarlo.
Quando finirà questo dramma senza teatro,
o questo teatro senza dramma,
e potrò tornare a casa?Dove? Come? Quando?
Gatto che mi fissi con occhi di vita, chi hai là in fondo?
Sì, sì, è lui!
Lui, come Giosuè, farà fermare il sole e io mi sveglierò;
e allora sarà giorno.
Sorridi nel sonno, anima mia!
Sorridi anima mia: sarà giorno!(Traduzione di Antonio Tabucchi)
“Magnificat” di Fernando Pessoa: analisi e commento
Link affiliato
E se tutta la nostra vita non fosse che un sogno? Non sono stati solo i poeti a formulare l’ipotesi dell’esistenza come di “un sogno lucido”, alcuni filosofi come il tedesco Schopenhauer che, riprendendo la grande opera dello spagnolo Pedro Calderon de La Barca, sosteneva “la vita e il sogno sono le pagine di uno stesso libro”.
Il concetto metafisico di irrealtà di Fernando Pessoa sembra riprendere questa ipotesi: la vita appare come la perenne attesa di un giorno che tarda a venire, è un dramma senza teatro, una rappresentazione senza palcoscenico.
In un appunto, datato 21 dicembre 1931, Pessoa scriveva un concetto che richiama il tema del Magnificat:
Sono quasi convinto di non essere mai sveglio. Non so se non sogno quando vivo, se non vivo quando sogno, o se il sogno e la vita in me non siano che cose mescolate, intersecate, da cui il mio essere cosciente si formi per interpenetrazione.
L’attesa del risveglio ritorna nei versi di questa poesia, in cui l’autore, schiacciato dal dubbio e dall’angoscia di vivere senza seguire una precisa direzione, immagina la fine del proprio “pellegrinaggio errante”. Tramite la metafora dell’alba e del nuovo giorno Pessoa sembra teorizzare una nuova vita possibile, che finalmente lo riempirà di appagamento e saggezza ritrovata. Una sensazione di straniamento pervade l’intera poesia: il sole brilla così forte che gli occhi non lo possono guardare, le stelle sono fredde e spente, mentre il cuore “batte estraneo”. L’esistenza si regge su un’irrealtà fragile che si fa tangibile nella poetica di Pessoa, in cui tutto diviene attesa di un momento epifanico, di una sorta di rivelazione.
Quando verrà quel momento? si interroga angosciosamente Pessoa nella strofa finale, ipotizzando un risveglio nel quale l’anima sorride, scoprendo una luce oltre le tenebre. Anche il finale del Magnificat presenta i verbi coniugati al futuro, proprio come l’ultima annotazione di Pessoa:
I know not what tomorrow will bring
A ben vedere in quella frase è contenuta la vastità di un pensiero sconfinato, tutte le moltitudini di Fernando Pessoa, poiché in una sola riga è custodito il dubbio “I know not” e la speranza “tomorrow will bring”, che per la prima volta non si presentano in antitesi tra loro né in opposizione. Per congedarsi dal mondo il poeta dell’inquietudine aveva scelto parole attraverso cui continuare ad esistere, eternamente.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Magnificat”, la poesia di Fernando Pessoa: e se la vita fosse un sogno?
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Adelphi Storia della letteratura Fernando Pessoa
Lascia il tuo commento