I libri, “maledetto chi li scrive, chi li stampa, chi li vende, chi li compra, chi li legge”, diceva Pasquale Sorrenti, scrittore, critico, animatore culturale barese (1927-2003). Ma non è quello che pensava, ovviamente, perché amava i libri come figli e viveva di cultura più che dei ricavi della mitica bottega di via Andrea da Bari, con i volumi vecchi e nuovi impilati uno sull’altro. È curioso ma non causale che questo distico del principe dei librai apra il terzo dei cinque testi Maria Marcone e la critica, pubblicati tra il 1985 e il 2010 dalle Edizioni baresi Levante, a cura amorevole e certosina di Antonio Ricci, marito della docente, scrittrice, poetessa e pittrice, nata a Foggia nel 1931 e trasferita a Bari negli anni Sessanta, dov’è mancata nel 2014.
Nello sfogliare le quasi 1500 pagine complessive degli ultimi tre tomi – arricchite da fotografie, immagini, disegni e copertine – ho ritrovato anche quanto da me scritto in un articolo del 2005, che trovo attuale e confermo parola per parola.
“Alla scrittrice foggiana Maria Marcone, Levante dedica il quarto volume di un’antologia critica che riprende i giudizi su una voce fuori del coro, una donna che ha sempre voluto essere testimone del suo tempo, affrontando col cuore i nodi sociali e i problemi della gente. Il testo esce un quinquennio dopo il precedente e comprende gli anni 1999-2004. Maria non è mai andata in soccorso dei vincitori, sostiene il curatore, Antonio Ricci: ha preso le distanze dal comunismo ipocrita, alla moda, schierandosi dalla vera parte dei poveri, degli umili. Per questo la sinistra ufficiale non ha esitato ad ignorarla. Ha pure rinunciato allo sperimentalismo, per rispetto dei lettori e ha perso così il treno dei grandi editori e critici, che hanno snobbato la sua scrittura chiara, ispirata dai Greci, che esprimevano in maniera semplice anche le cose difficili”.
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Pubblicato nel marzo 2005, seguiva quindi il terzo volume, uscito a settembre del 1999. L’ultimo del quintetto, a febbraio 2010, recava in copertina la foto datata 1945 di una classe femminile del Liceo ginnasio "Lanza" di Foggia. Nell’immagine, tra le allieve, Maria Marcone e Rachele Scarangella Girone, che sarà anche lei docente di latino e greco nel classico "Orazio Flacco" di Bari. Nella didascalia dell’immagine veniva reso pubblico un significativo particolare privato: era stata Rachele a far conoscere Maria ad Antonio, durante la festa universitaria delle matricole, a maggio del 1954.
L’opera omnia di Maria Marcone
Nei cinque volumi Levante c’è quindi l’opera omnia di un’autrice vulcanica, uno spirito libero, una donna di grande cultura. Nei testi, tutto quanto utile a inquadrare perfettamente l’ampia produzione (saggi letterari, romanzi, racconti, anche per l’infanzia) e il carattere libero, irrefrenabile: una dettagliata bibliografia, notizie sui premi e riconoscimenti, epistolari, corrispondenza e tutti gli articoli che l’hanno riguardata o citata, pubblicati su quotidiani locali e riviste.
Nella presentazione del terzo volume si distingue una non violenta ma risentita invettiva di Antonio Ricci nei riguardi di quella parte della critica che ha invece trascurato l’autrice pugliese.
Partendo dalla considerazione che il secondo volume aveva riscosso consensi della stampa, da altri scrittori ed “eminenti accademici di varie Università italiane ed estere”, il curatore elencava i critici e giornalisti “che mai hanno risposto all’invio di libri e di lettere dell’autrice”. Menzionava, per nome e cognome e in ordine alfabetico, quanti si erano distinti nel “rifiuto assoluto di riscontro”. Critici, cattedratici, uomini e donne di lettere, giornalisti e firme tra le più note allora e tuttora in Italia. Molti non sono più tra noi e questo ci suggerisce di evitare anche un minimo esempio. Non si può fare a meno di riportare, invece, quanto lamentato da Ricci sull’esistenza di una questione meridionale anche nel mondo letterario.
“Critici, giornalisti, editori del Nord snobbano autori del Sud, conservando il monopolio delle loro scelte razziste”, contestava ventitré anni fa. A suo dire, se nel Settentrione risuonavano le trombe, dal Meriodione non si rispondeva nemmeno con le campane:
“la tragedia – sosteneva – è che molte volte critici giornalisti e piccoli editori del Sud non volendo peccare di provincialismo disdegnano gli autori del Sud facendo ponti d’oro agli autori del Nord”.
Di conseguenza, mentre nel Mezzogiorno i giornali si soffermavano a parlare esclusivamente di scrittori del Nord, la stampa nordista ignorava la maggior parte degli autori di talento del Sud.
Lanciati i suoi strali, il docente, letterato e marito faceva notare con orgoglio che il silenzio-stampa non aveva impedito più di tanto a Maria Marcone di camminare, “senza premi, senza aiuti di sorta, perché libera e indipendente come l’aria e il vento, mai asservita a logiche di partito né a mode letterarie, pura e semplice come acqua sorgiva, ma sempre e solo obbediente a ciò che il cuore e la mente le dettano”.
Concludeva togliendosi un altro sassolino dalla scarpa, negando che la moglie fosse mai stata iscritta a partiti politici, sebbene sempre sensibile alle istanze sociali. Le elezioni Politiche del 1983 l’avevano vista accettare la candidatura da indipendente al Parlamento per il Partito Socialista. Estranea alle logiche del potere, non era stata eletta, pur riportando i maggiori suffragi tra le candidate. Ma è rimasta sempre di sinistra, dichiarava il marito biografo, sebbene la Sinistra non le abbia mai riconosciuto alcun merito, tanto meno il Pci e l’Unità, neppure quando negli anni ’80 i suoi libri venivano tradotti in Cina.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Maria Marcone, scrittrice e poetessa pugliese controcorrente
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