Il 30 agosto 1797 nasceva a Londra Mary Wollstonecraft Godwin, che noi oggi conosciamo come Mary Shelley, la creatrice di Frankenstein. È passata alla storia con il cognome del marito, il grande poeta inglese Percy Bysshe Shelley; ma Mary era una figlia d’arte. Sua madre era la filosofa Mary Wollstonecraft, considerata la fondatrice del femminismo liberale, e suo padre il grande saggista William Godwin.
Mary Wollstonecraft morì dandola alla luce e sulla piccola Mary gravò, sin dal primo vagito, l’eredità materna: in onore al sacrificio da lei compiuto per metterla al mondo avrebbe ereditato il nome della madre, ma non ne avrebbe eguagliato il destino. Nel 1814 Mary avrebbe conosciuto l’unico grande amore della sua vita, il poeta Percy Bysshe Shelley. Noi oggi la conosciamo unicamente come Mary Shelley, legata per sempre alla memoria di Percy cui, nonostante la vedovanza precoce, fu eternamente devota. Sembra che conservasse il cuore del marito nel suo studio, avvolto in un drappo di seta sul quale era stata scritta la sua ultima poesia.
Mary Shelley e l’incontro con Percy Bysshe Shelley
Della sua storia d’amore con Percy Bysshe Shelley, nel 1828 Mary scrisse:
Era come recitare un romanzo, divenire un romanzo vivente.
La giovane scrittrice era stata educata in maniera molto progressista dal padre, William Godwin, un uomo colto, dalle idee liberali che - cosa straordinaria per l’epoca - credeva nel matrimonio paritario. Godwin aveva grande fiducia nella figlia; ma lei puntualmente la tradì.
Nel marzo del 1814 Mary aveva quindici anni ed era appena tornata dal suo secondo viaggio in Scozia quando incontrò il giovane poeta Percy Bysshe Shelley. Lui era un grande ammiratore di suo padre, diventato nel tempo un assiduo frequentatore di casa Godwin.
Shelley aveva ventidue anni all’epoca, ed era sposato con Harriet Westbrook da cui aveva avuto un bambino. Anche Harriet era un’assidua frequentatrice di casa Godwin.
Questo dettaglio, però, alla giovane Mary non importava: era troppo affascinata da Percy e dalle sue idee radicali. Shelley era stato cacciato dall’università di Oxford per aver diffuso dei pamphlet che promuovevano la necessità dell’ateismo. Tra i due nacque subito un’intesa data dalle letture e dagli interessi comuni, si perdevano in lunghe passeggiate e non smettevano mai di discutere. William Godwin notò l’interesse della figlia per il suo giovane ammiratore e cercò in ogni modo di ostacolarlo. Percy Bysshe Shelley era un uomo sposato, quella frequentazione avrebbe guastato la reputazione di Mary. Quando Godwin aumentò la sorveglianza i due innamorati iniziarono a vedersi di nascosto sulla tomba della madre di lei. Il cimitero era divenuto il covo clandestino dei loro appuntamenti. Passava il tempo e l’attrazione aumentava, mentre la sorveglianza di Godwin si faceva sempre più serrata. A un certo punto Mary e Percy Shelley decisero di optare per una fuga d’amore. La loro meta era la Francia e la loro complice era Jane Claire Clairmont, la sorellastra e migliore amica di Mary, che si offrì di partire con loro.
La fuga d’amore di Mary Shelley
Era il 28 luglio 1814, Mary e Percy Bysshe Shelley si trovavano nel bel mezzo della Manica quando un forte temporale estivo minacciò di farli naufragare. Erano partiti la sera prima da Dover, diretti alla volta di Calais.
In ricordo di quel momento Mary Shelley scrisse nei suoi diari:
Improvvisamente una tempesta colpì le vele e le onde si precipitarono sulla barca; anche i marinai credettero che la nostra situazione fosse pericolosa; il vento era ormai cambiato, e noi andavamo davanti a un vento che arrivava a raffiche violente.
Nel 1817 avrebbe pubblicato quel resoconto di viaggio con il titolo di History of a Six Weeks’ Tour. I due amanti sopravvissero al viaggio e, nel mese di febbraio seguente, Mary Shelley avrebbe dato alla luce una bella bambina. Il parto, però, era prematuro e la piccola morì dopo appena quindici giorni di vita. Il trauma della perdita gettò la giovane Mary in una depressione che la segnò profondamente.
La coppia riuscì comunque a mantenersi in Francia e anche in giro per l’Europa, grazie alla cospicua eredità di un nonno di Percy. Una lettera di William Godwin dall’Inghilterra intanto comunicava ai due amanti clandestini tutto il suo disprezzo.
L’anno successivo, nel 1816, Mary avrebbe dato alla luce il suo secondo figlio, William, un bambino sano e forte. Pochi mesi dopo la nascita del piccolo la coppia si recò da Lord Byron, grande amico di Percy, che in quel periodo frequentava proprio la sorellastra di Mary, Jane Claire Clairmont.
Nella tenuta svizzera di proprietà di Byron, Mary Shelley ebbe l’intuizione per il suo libro capolavoro, Frankenstein. Pare che l’ispirazione fosse venuta alla giovane scrittrice grazie a un gioco: in un lungo pomeriggio uggioso Lord Byron propose ai suoi ospiti di raccontare storie di fantasmi. Suggestionata dall’atmosfera, il mattino dopo Mary avrebbe scritto l’incipit del suo Moderno Prometeo. La stesura durò in tutto nove mesi, come una gravidanza. Il libro sarebbe stato pubblicato nel 1818 con una prefazione firmata proprio da Percy Bysshe Shelley.
La morte di Percy Shelley
Alla fine del 1816 la coppia fece ritorno in Inghilterra; ma una tragedia si profilava all’orizzonte. Poco tempo dopo la moglie di Percy, Harriet, si suicidò gettandosi nelle acque del lago Serpentine a Hyde Park. Accadde il 9 novembre 1816. Harriet aveva lasciato sul tavolo della sala da pranzo della sua casa di Chelsea una lettera d’addio in cui augurava a Shelley: "quella felicità di cui mi hai privato". Nessuno la vide più finché il suo corpo non fu estratto dalle acque del Serpentine, il 10 dicembre successivo.
Superato il periodo di lutto Percy poté chiedere la mano di Mary, rendendola ufficialmente Mary Shelley. Nonostante l’avvenuto matrimonio la coppia non era ben vista in Inghilterra, i due quindi decisero di trasferirsi in Italia, a Firenze.
In quei luminosi anni italiani Percy Bysshe Shelley ritrovò l’ispirazione poetica e compose i suoi capolavori, come Ode to the West Wind, The Cloud, To a Skylark. La serenità, però, non era destinata a durare. Nel 1818 morì precocemente il figlioletto William; l’anno seguente perse la vita anche la secondogenita Clara. Nel novembre del 1819 Mary diede alla luce un altro bambino, Percy Florence, l’unico erede Shelley che avrebbe raggiunto l’età adulta.
Nel 1822 mentre i coniugi Shelley si trovavano in vacanza in Italia, nella villa ligure di San Terenzo, accadde l’impensabile. L’8 luglio, poco prima del suo trentesimo compleanno, Percy Shelley salpò a bordo della goletta Ariel, in compagnia dell’amico poeta Edward Williams. I due dovevano raggiungere Livorno, dove li attendeva Lord Byron; ma forse la barca fu travolta da una tempesta, peggiore di quella affrontata dai coniugi Shelley nella loro fuga d’amore, e naufragò. Mary Shelley fu avvertita tempo dopo - a distanza di mesi - da una lettera. La missiva le comunicava che suo marito, Percy Bysshe Shelley, era morto.
Il corpo del poeta inglese ora riposa nel cimitero acattolico di Roma. Il suo cuore, però, come narra una leggenda non poi così inverosimile, rimase a Mary.
Mary Shelley e il cuore di Percy
Per il resto della sua vita Mary Shelley si dedicò alla cura dell’eredità letteraria del marito. Raccolse e curò le poesie di Percy e scrisse anche la sua biografia. Nel frattempo si dedicava all’unico figlio che le era rimasto e che, guarda caso, portava il nome del padre. Percy Florence, grazie agli sforzi della madre, ebbe accesso a un’eccelsa istruzione e si laureò all’università di Cambridge.
Negli ultimi anni della sua vita Mary Shelley iniziò a soffrire di una strana paralisi, probabilmente a causa del tumore al cervello che l’avrebbe condotta alla morte a soli cinquantaquattro anni.
Un anno dopo la morte di Mary, Percy Florence aprì lo scrigno che la madre teneva sulla scrivania. All’interno c’era una delle ultime poesie di Percy Shelley Adonais, Elegia sulla morte di John Keats e, in un involucro di seta, erano custoditi i resti del cuore di Percy ormai calcificato. Mary lo aveva tenuto sulla sua scrivania per oltre trent’anni, a testimoniare un amore devoto e immortale.
Possibile che Mary Shelley avesse custodito il cuore di Percy? Secondo quanto riportano varie fonti storiche, nell’Ottocento era usanza piuttosto comune quella di conservare per ricordo i resti umani di un caro defunto. La moglie di Napoleone aveva fatto lo stesso con il cuore del marito.
Si narra che, alla morte di Percy Florence, il cuore del padre fu sepolto con lui.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mary Shelley e Percy Bysshe Shelley: un amore immortale
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