Massimiliano Governi nasce a Roma nel 1962. È scrittore e curatore editoriale. È autore dei romanzi
- “Il calciatore” (Baldini & Castoldi, 1995),
- “L’uomo che brucia” (Einaudi, 2000),
- “Parassiti” (Einaudi, 2005),
- “Chi scrive muore” (Bompiani, 2011).
Fino al 2007 ha curato la collana di narrativa italiana “Le Vele” per la casa editrice Fazi, poi ha lavorato per Elliot Edizioni e, dal maggio del 2010, è curatore editoriale per Bompiani. Ha inoltre scritto la miniserie per Raiuno “Gino Bartali, l’intramontabile”, la serie Tv in 12 puntate sulla DIA, e Nannarella, fiction in 2 puntate su Anna Magnani, ancora inedita, sempre per Raiuno.
Da pochissimo è tornato nelle librerie con “Come vivevano i felici” (Giunti), un romanzo drammatico che ripercorre la vita di Bernard Madoff, considerato uno dei più grandi truffatori finanziari di tutti i tempi, causa della rovina di migliaia di investitori, della propria e di tutta la sua famiglia.
Massimiliano, intanto ti do il benvenuto a quella che non sarà la solita intervista chilometrica, ma solo 4 chiacchiere contate.
- Prima Chiacchiera: Hai lavorato per importanti case editrici come curatore di collane di narrativa italiana. Adesso sei a Bompiani. Che idea ti sei fatto della condizione dell’editoria nostrana? Siamo messi davvero così male come dicono?
Ti sembrerà strano, ma non so risponderti. Io lavoro da Roma, da casa. Sono praticamente una macchina da editing. Sto tutto il giorno rinchiuso nella mia piccola soffitta a lavorare sui file Word e di tante cose non ho percezione. Non so dirti nemmeno quante copie ha venduto il mio ultimo libro. Posso dirti come sono le condizioni della mia soffitta dove lavoro, questo sì. Incasinata, ma pulita.
- Seconda Chiacchiera: Non ti sei accontentato della drammaticità che la storia dei Madoff aveva già di suo. Hai deciso di affidare l’occhio narrante al primogenito, una delle principali vittime della sciagura causata dalle operazioni economiche di Bernard Madoff. Perché questa scelta? È vero che hai rielaborato i fatti, ma in storie come questa ciò che è realmente accaduto gioca un ruolo determinante. Come ti sei documentato?
Qualche ricerca su Internet e su Youtube. Io di solito vado a caccia di dettagli. Mi è bastato sapere come il povero Mark aveva deciso di ammazzarsi (con il guinzaglio del cane), che canzone avevano ballato al loro matrimonio (Holiday di Madonna), com’era vestito Bernard Madoff al processo (aveva il giubbotto antiproiettili sotto la giacca). Piccoli particolari preziosi. Ma la maggior parte delle cose che hai letto nel libro sono inventate.
- Terza Chiacchiera: Il tuo libro mi ha fatto riflettere molto sul significato della parola “felicità” che compare non a caso anche nel titolo. La felicità che ti dà la ricchezza, l’assenza di preoccupazioni in una vita di agi, lussi, alcol, sprechi, droga, come la definiresti? C’è stato, secondo te, un momento in cui i Madoff sono stati felici? E qualcuno, in quella famiglia, non avrebbe potuto ribellarsi? Staccarsi e decidere di non farne più parte? È davvero solo il padre l’artefice della loro condanna all’infelicità?
Non si può essere felici, quando dentro di te nascondi un tumore che ti divora giorno dopo giorno, non c’è mai pace, nemmeno quando ridi o vai alle feste o fai sesso. Questo penso, questo immagino. Il fratello minore si è staccato impazzendo. Il fratello maggiore impiccandosi. Questa è stata la loro ribellione.
- Quarta Chiacchiera: Raccontaci il lavoro di curatore editoriale. Che differenze ritrovi fra gli autori che hanno fatto anni di gavetta in realtà editoriali minori, e quelli che riescono direttamente a esordire in grande? Com’è rapportarsi con giovani ragazzi che vogliono fare gli scrittori? E che consigli daresti loro?
Non so. La gavetta va fatta a casa, in silenzio, in segreto, non pubblicando. Solo così si cresce. Pubblicare indebolisce, non rafforza, secondo me. Il rapporto con i giovani romanzieri non è facile. Io ne ho fatti esordire tantissimi, ma devo dire che la maggior parte di loro mi ha deluso. Non si danno il tempo necessario per crescere, non hanno pazienza, scrivono tanto e male, non impastano la pagina, la vomitano. Non sanno stare senza pubblicare. L’impulso di dire “ci sono”, “eccomi, sono tornato” del resto è una piaga del mondo di oggi.
Questa era l’ultima chiacchiera: non mi resta che salutarti e ringraziarti per aver accettato il mio invito. Ci lasci un tuo messaggio per i lettori?
Non ho messaggi da lasciare. Un saluto a tutti.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Massimiliano Governi
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