Memoriale del convento di José Saramago

Portogallo XVIII secolo. Il re Giovanni V dà il via alla costruzione del monastero di Mafra come ex voto per la nascita del sospirato erede. Intorno all’opera faraonica si muove una folla di molti poveri e di pochi ricchi e nobili, tra cui spiccano le figure di Balthasar, un soldato che ha perso una mano in guerra e Blimunda, una giovane dalle abilità di veggente, che si innamorano reciprocamente.
Protegge la coppia padre Bartolomeu Lourenco de Gusmào, una figura storica, detto il volatore per aver fatto sollevare da terra alcuni aerostati. Guidati da padre Bartolomeu i due costruiscono una macchina volante mossa dalla forza convergente di migliaia di volontà umane.

Lo scenario in cui è ambientata la storia permette all’autore di evidenziare i contrasti sociali fortissimi: la povertà dei ceti inferiori, lo sfruttamento del lavoro manuale, l’arroganza del potere, la superstizione e la povertà spirituale della Chiesa, tutti aspetti, attualizzabili, del quadro di critica politica e religiosa che caratterizza la prosa di Saramago.

La storia è abbastanza semplice, a tratti molto poetica, soprattutto nei passi che descrivono l’amore tra Balthasar e Blimunda, spesso ironica, ma sempre ricca di accenti lirici in cui si esprime la compassione dell’autore per i semplici, i poveri, i derelitti.

José Saramago, Premio Nobel per la Letteratura nel 1998, in Memoriale del convento racconta una storia lontana nel tempo, ma che appare viva e presente come se si svolgesse oggi sotto i nostri occhi. In essa le anime belle, ricche, sensibili, che sperano e sognano e hanno fede sono sempre quelle più umili e fragili pur se addestrate alle privazioni, alla sopportazione, al dolore.
In questo contesto la macchina volante (l’uccellaccio) costruita dai tre protagonisti è un chiaro simbolo, la via di scampo che eleva al di sopra delle brutture del mondo, che trascina là dove l’aria è pura, la terra bella e gli uomini sembrano tutti uguali. Accade però che il suo inventore diventi pazzo quando la coscienza si fa più chiara, che Balthasar perda l’orientamento e la vita e Blimunda perda il suo uomo. Questo perché nell’universo di Saramago l’uomo è sempre legato al fango e alla terra e per quanti sforzi faccia non può elevarsi all’altezza di un Dio creatore.