Il premio Nobel per la Letteratura allo scrittore russo Michail Aleksandrovič Šolochov resta una questione controversa. In realtà lo fu fin dal principio.
Nessuno scrittore russo si era infatti aggiudicato il Nobel prima di Ivan Bunin, nel 1933, e fu altrettanto clamorosa la candidatura di Boris Pasternak nel 1946 (al centro di una altrettanto difficile vicenda, nel 1958, fu costretto a rifiutarlo dalle attività sovietiche). Pare che proprio nel tentativo di scongiurare il Nobel a Pasternak (che poi l’autore di fatto ottenne) gli accademici sovietici proposero Šolochov come controcandidato. In seguito, nel corso di una manifestazione in Svezia, alcuni scrittori di sinistra affermarono che la ragione per cui Šolochov non aveva ancora ricevuto il Nobel era da imputare all’avversione dell’Accademia del Nobel per l’Unione Sovietica. La protesta politica, dunque, entrava nella letteratura - e non era certo la prima volta.
Nel 1965 Michail Aleksandrovič Šolochov fu insignito del Premio Nobel per la Letteratura con la seguente motivazione:
Per la potenza artistica e l’integrità con le quali, nella sua epica del Don, ha dato espressione a una fase storica nella vita del popolo russo.
In realtà Šolochov avrebbe già potuto ottenere il Nobel già l’anno prima, in seguito al rifiuto di Jean-Paul Sartre - come rivelano le liste recentemente desegretate: la lettera di rifiuto di Sartre giunse infatti troppo tardi, dopo la proclamazione del vincitore. Se fosse giunta prima il vincitore annunciato, nel 1964, sarebbe stato Michail Šolochov.
L’aspetto curioso è che dalle liste del Nobel erano esclusi alcuni dei maggiori scrittori russi, come Tolstoj e Cechov. Šolochov fu l’unico scrittore a vincere con il beneplacito del comitato sovietico, appoggiato da accademici russi e da un gran numero di sostenitori anche all’interno dell’Accademia di Svezia.
Ora la critica letteraria sospetta persino che la sua opera più famosa, la narrazione epica de Il placido Don, non sia stata scritta da lui; non per intero, almeno. Il caso Šolochov è noto tra gli esperti di letteratura: si pensa che la premiata opera dell’autore sia, in realtà, una truffa.
In occasione dell’anniversario della nascita, scopriamo la sua storia: vita e opere di Michail Aleksandrovič Šolochov.
Chi era Michail Aleksandrovič Šolochov
Michail Aleksandrovič Šolochov nasceva il 24 maggio 1905 a Vëšenskaja, in Russia, nel distretto del Donec’k.
Il padre di Šolochov era un commerciante cosacco, mentre la madre era di origine ucraina. Giovanissimo, Michail è costretto a interrompere gli studi a causa della guerra civile e, vivendo nei pressi dell’Alto Don, inizia a partecipare alla cattura dei partigiani cosacchi insorti.
Mentre combatte attivamente al fronte, Šolochov inizia a comporre drammi, opere e dei primi racconti. Nel 1923 pubblica su un famoso giornale di stampo leninista il suo primo racconto satirico, dal titolo La prova. Da quel momento inizia la stesura de I Racconti del Don che sarebbero stati pubblicati nel 1926, formando di fatto il primo embrione della sua grande opera narrativa Il placido Don (Tichij Don nell’originale russo, Ndr), che narra le lotte dei cosacchi negli anni tumultuosi della Rivoluzione russa, della Prima guerra mondiale e durante la guerra civile. Protagonista dell’epopea era Grigorij Melekov, un cosacco dell’Alto Don arruolato nelle file dell’esercito zarista.
Il placido Don fu pubblicato in quattro volumi (il primo volume, dal titolo omonimo, nel gennaio del 1928) e ricevette ampi consensi in patria, ottenendo tra l’altro il Premio Stalin (1941) e il Premio Lenin (1960).
Šolochov pubblica varie parti dei suoi libri (come Terre dissodate e Hanno combattuto per la patria, Ndr) sui maggiori quotidiani nazionali russi e inizia a farsi un nome come scrittore allineato al regime sovietico. Alla scrittura intanto affianca l’attività di corrispondente dal fronte, che gli avrebbe fornito materiale utile per i suoi romanzi.
Il suo capolavoro è tuttora ritenuto il romanzo epopea, Il placido Don, che Šolochov iniziò a scrivere giovanissimo e pubblicò tra il 1928 e il 1940. Una prova giovanile monumentale che, curiosamente, si discosta molto dalla successiva produzione letteraria di Michail Šolochov, piuttosto esigua, di poco conto, dal tono dimesso.
Lo ricordiamo, Šolochov era uno scrittore autodidatta, non aveva portato a termine neppure gli studi del ginnasio. Dopo la pubblicazione de Il Placido Don lo scrittore si sarebbe opposto alla ripubblicazione dei suoi racconti giovanili, i Racconti del Don, giudicandoli ingenui e puerili. Ora rimane il dubbio che Šolochov - così celebrato in patria - avesse in realtà qualcosa da nascondere.
Il caso Šolochov e l’accusa di plagio
Dopo la pubblicazione dei primi due volumi de Il placido Don, Michail Aleksandrovič Šolochov fu accusato di plagio e venne nominata una commissione di inchiesta per verificare l’autenticità della sua opera. Lo scrittore sarebbe stato assolto; tuttavia non è chiaro se per l’occasione siano state fatte le adeguate verifiche del caso. Uno dei più strenui accusatori di Šolochov era Aleksandr Solženicyn che era stato curatore dell’opera di uno scrittore cosacco di nome Fëdor Krjukov. Secondo Solženicyn l’opera epica di Šolochov si innestava su un romanzo incompiuto di Krjukov, almeno nella prima parte. Tuttavia non è mai stata certificata la veridicità di tali affermazioni. Il principale modello dello scrittore russo sarebbe stato ritenuto, come da lui stesso più volte ribadito, Guerra e pace di Tolstoj.
Il caso Šolochov si sarebbe riaperto nel 1965, dopo l’assegnazione del Nobel allo scrittore russo, ma in seguito archiviato per mancanza di prove. Il Nobel a Michail Aleksandrovič Šolochov fu molto discusso anche sul piano politico, perché fu considerato una vittoria dell’Unione Sovietica che si prendeva la propria rivincita, pochi anni dopo aver sottratto il Premio (meritato) a Boris Pasternak.
Šolochov: un Nobel sovietico?
Rimane ancora da capire se sia stata la peculiare congiuntura politico-economica dell’epoca ad aver gettato discredito su Šolochov, oppure se ci fosse, in quelle accuse, un fondamento di verità.
L’accusa di plagio era una calunnia? Michail Aleksandrovič Šolochov pagò il prezzo di essere uno scrittore allineato al regime sovietico? Il primo volume della sua opera monumentale fu pubblicato per la prima volta in Italia nel 1941, in contemporanea da Bompiani e Garzanti. Ora Šolochov è uno scrittore di culto in Russia, in cui è acclamato per aver portato il realismo socialista in letteratura, ma forse ancora poco noto nel nostro Paese, dove la sua opera risente di essere un prodotto della politica staliniana. È certo che Stalin censurò numerose parti dell’opera di Šolochov, perché ritenute contrarie al regime: sin dalla sua pubblicazione il romanzo dunque apparve fortemente emendato e depurato, al contrario del Dottor Zivago di Pasternak che, invece, fu pubblicato clandestinamente fuori dall’Unione Sovietica proprio per non incorrere nella censura. Il Premio Nobel della Letteratura, che Pasternak nel 1958 fu costretto a rifiutare, fu consegnato ufficialmente a suo figlio, nel 1989. Il confronto tra Šolochov, scrittore incoronato e incensato dal regime, e i travagli patiti da Boris Pasternak, morto solo e posto sotto un controllo ferreo dalla polizia sovietica, è inevitabile. Certo, la qualità letteraria delle opere non si discute.
Alla cerimonia del Nobel, in Svezia, Michail Aleksandrovič Šolochov se ne starà muto, senza dire una parola nei confronti degli scrittori russi perseguitati dal regime, sordo persino agli appelli rivoltogli perché si schierasse a favore degli scrittori incarcerati. Salvo poi farsi udire al congresso del Partito, dove avrebbe pronunciato parole di fuoco nei loro confronti, definendo i colleghi sottoposti a censura come “teppistelli dall’animo tenebroso”. Quel che si dice, uno scrittore allineato al regime, appunto.
Meglio un Nobel ottenuto o un Nobel rifiutato? Ai lettori l’ardua sentenza...
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Il caso Šolochov: il controverso premio Nobel russo
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