Mio padre è stato per me l’assassino è il titolo di un celebre sonetto di Umberto Saba pubblicato nel 1924 nella raccolta Autobiografia, in seguito confluito nel grande romanzo in versi Canzoniere.
Nella poesia Saba parla ai lettori del padre - una figura sfuggente e fantasmatica nella sua vita. Il tono del poeta è tuttavia sereno perché, divenuto adulto, riesce ad affrontare con maggiore consapevolezza quel padre sempre assente e a riconoscere le sue colpe e le sue ragioni.
Umberto Saba e la figura paterna
Il rapporto di Saba con il padre, al secolo Ugo Edoardo Poli, fu complesso e travagliato. L’infanzia del poeta fu infatti segnata dall’abbandono del padre e, dunque, dalla profonda assenza lasciata dalla figura paterna.
In un’altra poesia dedicata alla sua infanzia nel ghetto ebraico di Trieste, dal titolo Quando nacqui mia madre ne piangeva, Saba si definisce “unico figlio che ha lontano il padre” alludendo a quella condizione come di una mancanza. Nella stessa lirica il poeta descrive la lontananza del padre come la prima delle sue malinconie.
La madre di Umberto Saba, Felicita Rachele Cohen, crebbe infatti il figlio da sola fin dalla sua nascita. Era stata abbandonata dal marito subito dopo il matrimonio, proprio perché incinta.
L’infanzia di Saba fu quindi popolata da figure femminili. Tra tutte ricordiamo in particolare Peppa Sabaz, la balia slovena che dona al piccolo Umberto tutto l’affetto di cui dispone rivedendo in lui il figlio che aveva perduto. Saba trascorse con Peppa Sabaz i suoi primi tre anni di vita, e in una toccante poesia in seguito l’avrebbe definita “madre di gioia”.
Non bastò tuttavia l’amore della balia né le premure della madre e delle zie a colmare in Saba il vuoto dato dal padre assente.
Nella poesia Mio padre è stato per l’assassino Saba ripercorre il difficile rapporto con il padre partendo dalla sua travagliata infanzia fino alla riappacificazione, avvenuta in età adulta.
Scopriamo testo, parafrasi e analisi del componimento.
Mio padre è stato per me l’assassino: testo
Mio padre è stato per me l’“assassino”,
fino ai vent’anni che l’ho conosciuto.
Allora ho visto ch’egli era un bambino,
e che il dono ch’io ho da lui l’ho avuto.Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto,
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d’una donna l’ha amato e pasciuto.Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.“Non somigliare – ammoniva – a tuo padre”.
Ed io più tardi in me stesso lo intesi:
eran due razze in antica tenzone.
Mio padre è stato per me l’assassino: parafrasi
Mio padre è stato per me l’assassino, perché così lo definiva mia madre, e così è stato finché non l’ho conosciuto attorno ai miei vent’anni.
Allora ho scoperto che in realtà lui era come un bambino e che ciò che io ho di bello l’ho avuto in dono da lui (gli occhi azzurri, Ndr).
Aveva infatti il mio stesso sguardo e nei momenti più duri sfoggiava anche lui un sorriso dolce e furbo. Viaggiò sempre per il mondo ed è stato amato e accudito da molte donne.
Era allegro, gioviale e spensierato: non come mia madre che sentiva sulle spalle il peso del mondo intero. A un certo punto lui le sfuggì di mano come un palloncino scappa dalle mani di un bambino.
“Non assomigliare a tuo padre” mi ammoniva mia madre nell’infanzia. E io capii solo molto più tardi cosa intendeva dire.
Loro due (i genitori, Ndr) erano due persone diverse e inconciliabili che mai sarebbero potute andare d’accordo nella vita. I caratteri opposti della madre e del padre sono gli stessi che si agitano, in perenne opposizione, nel cuore del poeta.
Mio padre è stato per me l’assassino: analisi
Nella poesia, fortemente autobiografica, Saba racconta il primo incontro con il padre avvenuto attorno ai vent’anni.
Ugo Edoardo Poli, ricco commerciante veneziano di nobile famiglia, aveva infatti abbandonato la moglie poco prima della nascita di Umberto.
Nel primo verso, dall’incipit folgorante, Saba definisce il padre come un’espressione che quasi trasuda odio: “assassino”. Appare chiaro in seguito che quella definizione gli era stata ripetuta dalla madre durante tutta la sua infanzia. La parola “assassino”, nel parlato popolare triestino può essere accostata anche a malandrino o mascalzone, non designa realmente un criminale.
Il poeta dunque durante l’infanzia ebbe modo di conoscere la figura paterna solo attraverso i racconti della madre che non erano certo lusinghieri. Agli occhi di Rachele Cohen, del resto, il marito doveva davvero essere un assassino, colui che aveva ucciso impunemente tutti i suoi sogni di gioventù lasciandola sola con la responsabilità di un figlio da crescere.
Il sonetto segue l’evoluzione del rapporto di Saba con la figura paterna dividendolo in tre momenti tra loro successivi. Nell’infanzia il padre è l’“assassino” descritto dalla madre; in seguito, durante l’adolescenza, quel padre ribelle divenne nell’immaginario di Umberto Saba un simbolo di libertà e, infine, una volta adulto il poeta sembra perdonare al padre le sue colpe e riconoscersi persino in quel suo carattere indipendente e irrequieto
In particolare nella poesia l’autore sottolinea l’antitesi tra la figura materna e quella paterna: la madre personifica l’autorità e l’intransigenza, colei che sente sulle sue spalle tutti i pesi della vita, mentre il padre riflette la libertà e la leggerezza. Con una metafora calzante il poeta descrive il padre che sfugge dalle mani della madre come un palloncino.
Una volta cresciuto Saba incontra il padre e scopre che i racconti pieni di rancore e odio che avevano costituito il ritornello costante della sua infanzia non corrispondevano a verità.
Il ritratto negativo del padre, definito “assassino” nel primo verso, si scompone quindi a poco a poco lasciando intravedere al lettore il volto di un essere umano. Saba parte dal particolare più evidente: gli occhi azzurri che sono uguali ai suoi e nei quali sembra riconoscere “il dono” che il padre gli ha dato alla nascita. In seguito l’analisi del poeta si fa più profonda e passa ad indagare l’animo del padre che è inquieto ed errabondo, incapace di veri legami.
Nella conclusione Saba addirittura si riflette nell’immagine del padre, riconoscendo le similitudini tra i loro caratteri. Ricordando l’ammonimento più volte ripetuto dalla madre “Non somigliare a tuo padre”, il poeta, ormai adulto e più esperto dei rapporti umani, conclude che i genitori non avrebbero mai potuto essere felici insieme perché troppo diversi.
Li definisce “due razze in antica tenzone”, due razze inconciliabili, in perenne disaccordo. E riconosce che quelle due personalità così opposte, della madre e del padre, sono le stesse pulsioni che lui sente agitarsi in perenne conflitto dentro il suo cuore.
Mio padre è stato per me l’assassino: commento
Nella poesia troviamo un’analisi matura e filosofica del rapporto padre-figlio, ma anche delle relazioni figli-genitori.
Una volta divenuto adulto il poeta sembra capace di riconoscere e perdonare alla madre e al padre le rispettive colpe. Saba vede finalmente i genitori come esseri umani, con i propri pregi e le proprie debolezze, ed è capace - con il distacco dato dall’esperienza delle cose della vita - di comprendere le ragioni di entrambi. Quel padre demonizzato nell’infanzia, definito assassino, non è in fondo che un uomo immaturo e forse mai cresciuto che non era pronto alla responsabilità di un figlio.
Nella chiusa della poesia Saba sembra perdonare il padre delle sue colpe e tentare, al contempo, una riappacificazione con se stesso e la sua difficile infanzia.
Mio padre è stato per me l’assassino: figure retoriche
Il componimento segue la struttura del sonetto con rima incantenata (ABAB ABAB CDE CDE).
La poesia viene inoltre suddivisa in uno schema simmetrico: le prime due quartine sono dedicate alla figura paterna, mentre le due terzine a quella materna.
- Metonimia: al v. 5 “sguardo azzurrino” che sottintende gli occhi azzurri
- Antitesi: al v. 6 “sorriso in miseria”; “dolce e astuto”
- Anastrofe: nei versi 7, 10, 11
- Enjambement: nei versi 9-10
- Allitterazione: v. 12 ripetizione dei suoni “n” e “z”.
Mio padre è stato per me l’assassino: una poesia per accettare un padre assente
di Isabella Fantin
Questa poesia di Saba è dedicata a chi non festeggia più la Festa del papà o non l’ha mai festeggiata, ma soprattutto a chi ha capito la necessità di accettare un padre assente, nella consapevolezza che la famiglia perfetta non esiste e che ognuno fa il padre come può.
“Mio padre è stato per me l’assassino” è un sonetto pubblicato nel 1923 nella rivista “Primo tempo” e tre anni dopo inserito nella raccolta “Figure e canti”. Il pubblico generalmente di Saba conosce Il Canzoniere, che raccoglie la produzione poetica maggiore del poeta triestino. Il titolo da un lato si richiama alla tradizione facente capo a Petrarca, dall’altro conferisce ai testi un carattere unitario: perché?
Il Canzoniere è il racconto della ricerca del significato della vita, la cui edizione definitiva risale al 1961.
I principali motivi del Canzoniere e Figure e canti sono:
- la crisi del proprio io che risale all’infanzia
- la rievocazione insistita dell’infanzia
- l’esperienza del servizio militare
- l’amore per la propria città, Trieste
- lo scandaglio nell’interiorità
- l’analisi delle sfaccettature dell’amore: dalla serenità coniugale alla pulsione sessuale chiamata “brama
- la scelta di forme metriche consolidate
- la convinzione che la poesia debba rifiutare l’artificio, privilegiando “chiarezza” e “onestà”
Qual è la dimensione biografica della poesia di Saba?
Non entro nei dettagli di una vita dolorosamente complicata, che sembra un romanzo. Riporto soltanto alcuni eventi che permettono una piena comprensione di “Mio padre è stato per me l’assassino”.
Saba è uno pseudonimo modellato su Sabaz, il cognome della balia che lo alleva fino ai tre anni e che Saba sentirà come la vera madre, protettiva ed affettuosa. Il padre biologico è un tale Poli: un dongiovanni superficiale ed irresponsabile che abbandona la famiglia prima della sua nascita.
La mamma è un’austera ragazza ebrea. Fino al terzo anno lo affida alla balia Peppa Sabaz, poi lo riporta a casa imponendogli un’educazione repressiva.
Ad un’infanzia alla De Amicis, senza il lieto fine, si aggiungono: il dolore e le conseguenze emotive dell’assenza della figura paterna; il vittimismo materno e lo strappo dalla balia; una nevrosi cronica e ricoveri in clinica ricorrenti. Da ultimo le persecuzioni razziali.
Che dire di fronte alla forza della semplicità di questo testo?
Saba tratteggia in punta di piedi il padre, che abbandonò sua madre durante la gravidanza. Ma a colpire come uno schiaffo fin dall’incipit il lettore è l’astio di una donna rancorosa, al punto da chiamare assassino l’uomo che le avrebbe ucciso sogni, speranze, progetti. Saba non ha parole negative per il padre, bensì la consapevolezza maturata nel tempo della sua natura superficiale, immatura, sfuggente di fronte alle responsabilità. E Saba sa bene che l’essere umano non può cambiare la sua indole e per questo in fondo sembra perdonarlo.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Mio padre è stato per me l’assassino: il controverso rapporto di Saba con il padre in una poesia
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Storia della letteratura Festa del papà Umberto Saba
Lascia il tuo commento