Moda tra identità e comunicazione. L’abito e la costruzione dell’io sociale
- Autore: Marcella Sardo
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2007
Marcella Sardo, giovane laureata in Comunicazioni e Relazioni Pubbliche e scrittrice emergente, ci presenta personalmente il suo libro "Moda tra identità e comunicazione" pubblicato con Bonanno Editore nel 2007.
Buongiorno Marcella. Ci racconti da dove è nata l’idea di scrivere questo libro?
Io mi reputo una persona fondamentalmente curiosa. Nella mia vita mi sono posta sempre tante domande come, ad esempio, cosa c’è dietro la moda? Perché gli individui scelgono con attenzione l’abbigliamento da indossare? Perché definiamo “divisa” o “uniforme” il vestiario di un’organizzazione? Perché la mattina scelgo di indossare una gonna o un pantalone, una camicia gialla o una nera?
Come diceva, è una persona curiosa e la curiosità, come la sete, deve essere soddisfatta, non è vero?
Esattamente. Ho cominciato una ricerca profonda nei classici della moda, nei libri di semiotica, di comunicazione, di sociologia, di mass media. Da questi ho tratto un’importante verità che poi è diventata il fil rouge di tutto il mio percorso.
Vale a dire?
Per secoli la società ci ha fatto credere che la moda fosse un fenomeno futile, guidato solo da donne frivole e spendaccione; io, invece, l’ho sempre ritenuto lo specchio dell’identità e della personalità. La moda, infatti, deve essere annoverata nel campo della scienza sociale, quella disciplina che studia i comportamenti e gli atteggiamenti dell’essere umano.
Intende dire che così classificata la moda viene elevata a fenomeno antropologico e come tale analizzato?
Sì. La moda è un circolo virtuoso e, come tale, ogni risposta in merito si spiega sotto una chiave socio-antropologica. L’individuo, infatti, non può essere scisso dal contesto in cui vive e cerca, attraverso il vestiario, di provocare un’emozione o, più specificatamente, una reazione, nel proprio interlocutore. Sentimenti di approvazione o di contrasto, da parte del gruppo di appartenenza, trasformano il vestiario in un biglietto da visita per la persona che lo indossa.
Quindi comunicare attraverso l’abito è possibile?
Certo, addirittura direi che è inevitabile e, nel corso dei secoli, abbiamo avuto esempi eclatanti: il nero o il rosso, la minigonna o i pantaloni, infatti, non sono mai stati dei semplici indumenti, ma una chiara espressione politica o di rivoluzione sociale.
Quando si parla di “moda” si pensa immediatamente non solo all’abbigliamento ma si identifica anche al femminile. Perché?
La donna ha sempre avuto un legame quasi morboso con l’abbigliamento già dai tempi di Adamo ed Eva. Quest’ultima, infatti, ha fatto conoscere la vergogna e il pudore, una delle motivazioni per le quali l’individuo si veste oltre il coprirsi dal freddo e il desiderio di ornarsi. Oggi, nell’era della personalizzazione, la donna si sente libera di esprimere sé stessa e la propria personalità attraverso l’abito, cerca di attirare le attenzioni dell’uomo ricercando un abbigliamento sensuale ma sempre rispettoso del proprio corpo.
A proposito di corpo vorrei farle una domanda provocatoria: per essere belle bisogna somigliare alle longilinee modelle che calcano le passerelle?
Assolutamente no. Ogni donna può – e deve - trovare l’abito adatto a sé valorizzando i propri pregi e camuffando i difetti. Le rotondità adipose, pertanto, non devono discriminare la donna ma, semplicemente, basta affidarsi allo stilista che meglio riesce a valorizzare le “curve morbide”.
Rappresentativa del lavoro anche la copertina, realizzata da Gianfranco Pullerone. Cosa rappresenta?
La moda è rappresentata da una donna senza volto per associare in modo poliedrico l’abito alla personalità. Le maschere mostrano come, magicamente, la donna può, nella società, anche “essere anche ciò che non è”, in un gioco fatto di seduzione ed espressione di libertà. Lo sfondo, infine rappresenta un’immaginaria macchina del tempo, un vortice rappresentativo del susseguirsi di epoche diverse.
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