Monte Grappa. Giugno 1918
- Autore: Paolo Pozzato, Paolo Volpato, Luciano Favero
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2018
L’epopea del Grappa, l’ultima battaglia medioevale combattuta a metà giugno 1918 nella Prima guerra moderna di massa del ‘900. Ebbe aspetti epici, primordiali, di scontro uomo contro uomo, nonostante l’abbondanza di nuove armi che mettevano vittime e pretendevano un tributo di sangue.
Nel volume “Monte Grappa. Giugno 1918”, ristampato da Itinera Progetti in seconda edizione a novembre scorso a dieci anni dalla prima (208 pagine, 62 fotografie su carta patinata al centro fuori testo e 5 cartine, 20 euro), gli eventi che si sono sviluppati su quel massiccio montano sono proposti dai due punti di vista.
Gli accadimenti vengono seguiti tanto da un lato che dall’altro delle trincee opposte, secondo una prassi efficace, che si è soliti adottare negli ultimi anni e che si dimostra la più opportuna, tanto più nel caso, come questo, di eventi d’importanza decisiva nell’economia dell’intero conflitto.
Gli autori, Paolo Pozzato, Paolo Volpato e Luciano Favero, hanno raccolto materiali e testimonianze e offrendo una ricostruzione che guarda ai combattimenti dalle memorie italiane e da quelle austriache. Ci sono gli eroismi di ufficiali, graduati e soldati tricolori, le vicende del IX Battaglione d’Assalto (gli arditi del maggiore Giovanni Messe, futuro maresciallo d’Italia meno di venti anni dopo), ma anche i ricordi del generale von Bardoff, comandante della 60^ divisione del I Corpo d’Armata dell’imperiale regio esercito austro-ungarico.
Per una parte, quella battaglia aveva l’obiettivo di arrivare alla fine delle ostilità sul nostro fronte: l’ultimo sforzo, secondo le truppe già tanto provate dell’imperatore Carlo. Per l’altra, si trattava di lottare per la sopravvivere, occorreva assolutamente fermare il nemico, prossimo allo sbocco nella pianura padana, che l’avrebbe reso difficilmente contenibile. Questa, ovviamente, la delicata prospettiva per gli italiani, asserragliati sulle alture dell’unico ostacolo naturale elevato tra le due estese pianure del Veneto, controllate dai due eserciti avversari. Al centro di una cortina difensiva appoggiata a sinistra sul fiume Piave fino al mare e a destra sull’Altipiano di Asiago, il complesso montuoso del Grappa era il perno visibile dell’intera linea italiana, arretrata di oltre cento chilometri nell’ottobre-novembre 1917, dopo la rotta disastrosa di Caporetto.
Si lottò con le unghie e i denti, all’arma bianca, alla baionetta, con le vanghe, i paletti di metallo del filo spinato, gli uni per resistere agli assalitori e gli altri scatenati a superare le difese, stimolati dalla fame e dalla speranza di fare di nuovo bottino nei magazzini italiani, l’esigenza vitale che spingeva gli austroungarici sotto i reticolati, con il loro fiero grido di guerra: Hurrà!!
Nel corpo a corpo, interi reparti tennero, persero, occuparono, ripresero posizioni, decimandosi a vicenda, pagando un prezzo disumano in morti e feriti, lottando faccia a faccia. Intorno a loro fischiavano le pallottole, esplodevano proiettili di artiglieria di ogni calibro, volavano schegge mortali. Mitragliatrici sempre più efficienti sgranavano raffiche falcianti, i gas avvelenavano l’aria e il suolo. Al repertorio di armi grandi e piccole si era aggiunto un killer mostruoso: il lanciafiamme. Dall’una e dall’altra parte, getti ardenti e sinistramente rombanti di liquido infiammabile dispensavano una morte dolorosissima.
“Le ultime speranze di un impero”, “Le porte si chiudono all’invasore”: sono esempi dei titoli di due dei capitoli, scelti dai tre curatori.
Pozzato, bassanese come la casa editrice Itinera Progetti, è docente di storia e filosofia e ricercatore specializzato in storia militare e della Grande Guerra. Anche Volpato è uno storico, autore di importanti lavori sulla Guerra Bianca. Favero è un collezionista ed ha raccolto testimonianze e reperti catalogati nel “Piccolo Museo Roberto Favero”, a Solagna (Vicenza), dedicato al fratello scomparso prematuramente e come lui appassionato di cimeli e documenti della guerra che investì cento anni fa il loro territorio. Sono anche parenti di un ufficiale ed eroe del Grappa, Angelo Zancanaro.
A metà giugno 1918, l’esercito austroungarico scatenò tre offensive, quando avrebbe avuto uomini e materiali solo per una. Gelosie tra i comandanti di settore, Conrad e Boroevic e pressioni sul giovane imperatore, portarono a diluire le forze su tre grandi attacchi e mezzo. Sperando di minacciare la Lombardia, iniziò per prima l’Operazione Lawine (Valanga), fallita in poche ore sul Tonale. Infuriò per oltre una settimana l’Operazione Albrecht contro il Montello e il Piave, con qualche penetrazione iniziale, ma dopo un po’ di giorni gli italiani contennero lo sblocco austriaco e cominciarono a ricacciare il nemico oltre il fiume.
Contemporaneamente, era partita l’Operazione Radeztsky sul Grappa e l’Altopiano di Asiago, per mettere fuori gioco l’odiato e sottovalutato avversario italiano. Anche questa offensiva fallì, in poco più di una giornata e non per mancanza di determinazione degli attaccanti, che fu massima. Il miracolo lo fecero i nostri soldati ed i Comandi, che si guardarono finalmente dal ripetere gli errori del passato e applicarono teorie difensive efficaci, usando in modo più accorto l’artiglieria, migliorata tecnicamente e i nostri fanti, rinfrancati, motivati, meglio addestrati e disposti secondo un nuovo spiegamento difensivo. Non era più attestato sulla sola forte prima linea, ma ancorato a capisaldi indipendenti, che si rivelavano improvvisamente al nemico e che anche quando superati, continuavano a combattere senza perdere morale e arrendersi. Attendevano il contrattacco, dei nostri, che arrivava, puntuale e risolutivo.
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