Monte Piana. Monte pianto
- Autore: Alberto Gottardo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
La copertina è da premio: riproduce per intero, senza contorni, davanti e sul retro, uno scatto d’epoca in bianco e nero - nitidissimo nonostante l’ingrandimento - che riprende fanti del III/54° al rancio in trincea, a ridosso della sommità meridionale di un monte delle Dolomiti di Sesto, che separa il Cadore dalla Val Pusteria in Alto Adige. Strepitosa la copertina, eccellente il libro, curato dal capitano degli Alpini della riserva Alberto Gottardo, con professionalità, dedizione e soprattutto rispetto per i caduti senza distinzione di nazionalità. Il titolo è Monte Piana. Monte pianto, pubblicato da Il Prato Publishing di Saonara-Padova (maggio 2024, collana “Tracce del Novecento”, 270 pagine). Straordinario il pregio grafico. Il testo è accompagnato da un diffuso materiale storico fotografico, in bicromia e in parte a colori, fornito e rielaborato sempre da Pietro Gottardo.
Due anni e mezzo di combattimenti, di assalti e strenue difese, di feriti, sacrifici, patimenti e morti (si parla di 14 mila caduti complessivamente dei due eserciti, ma una stima certa è impossibile). Non c’è stato un vincitore sul Monte Piana, in trenta mesi di sangue inutili, perché le linee si mantennero in cruento equilibrio fino a quando quella montagna dolomitica è rimasta prima linea. Anche per questo i soldati ribattezzarono Monte pianto un rilievo tozzo che si eleva a 2.324 metri, tra il Veneto e l’Alto Adige. Era denominato Monte Piana nella sommità meridionale cadorina e conosciuto come Monte Piano sul versante nord, in territorio tirolese.
Padovano, classe 1960, Alberto Gottardo presiede l’Associazione “Amici del Monte Piana”, che dal 1983 cura il Museo Storico all’aperto in loco. Ufficiale delle truppe di montagna e appassionato di storia della Grande Guerra, può essere considerato tra i principali conoscitori di quel territorio montano anche per il suo impegno nel recupero delle trincee e delle opere militari italiane e austriache, abbinato allo studio del terreno e della storia del luogo.
Risale al 1990 l’idea di narrare le vicende belliche che in trenta mesi avevano stravolto la vita di migliaia di giovani e cambiato l’aspetto naturale di un monte, ma la bozza di un libro è rimasta tale per anni. La spinta a riprendere il lavoro è arrivata nella ricorrenza del Centenario del conflitto 1915-18, ispirata da un sentimento di riconoscenza verso i caduti e la loro storia. La prima edizione ebbe successo, nel 2017, e viene integrata dalla nuova con ulteriori notizie d’interesse storico, rilevate direttamente sul terreno. Contiene inoltre precisazioni sui combattimenti, sulla vita quotidiana del soldato al fronte e sugli armamenti utilizzati. È stata reimpaginata in forma più idonea, arricchita da tavole esplicative e nuove foto, di allora e di oggi.
Nel rielaborare la pubblicazione, il capitano ha tenuto ad aggiungere ulteriori sezioni e varie monografie su argomenti di carattere generale, che mettono a fuoco l’organizzazione del campo di battaglia, accompagnate da semplici nozioni di logistica militare; tutte integrazioni suggerite dalle domande ricorrenti del pubblico durante le visite guidate nel Museo Storico all’aperto, per i quali si rende spesso disponibile come accompagnatore.
Gli è sembrato corretto dare spazio alla storia del rifugio Bosi e della chiesetta alpina, edificati per necessità e volere degli ex combattenti, che dopo la guerra salivano sul monte sempre più numerosi.
Complimenti sinceri, perciò, tanto al Vecio che agli ex commilitoni e ora compagni di fatica volontaria nel gruppo “Amici del Monte Piana”. Dopo avere portato lodevolmente a termine il recupero e ripristino di luoghi e materiali nelle zone dei combattimenti, assicurano la conservazione, manutenzione, gestione e fruizione pubblica dell’ecomuseo del Piana, tra gli allestimenti storico-museali in sito più significativi dell’area dolomitica. L’avvio del progetto si può retrodatare al 1977, quando cominciò a trovare concreta attuazione un’iniziativa del colonnello austriaco Walter Schaumann. Con i "Dolomiten freunde" operava per l’amicizia di popoli costretti a lungo a combattersi, ma gli “Amici delle Dolomiti” cambiarono zona qualche anno dopo, lasciando il sito ai partner dell’Associazione italiana, che nel 1983 avviò i propri pazienti interventi su elementi danneggiati ogni anno dagli agenti atmosferici e dal disgelo.
Tuttora, ad agosto, col sostegno del Comando Truppe Alpine, decine di volontari trascorrono le ferie ripulendo trincee e camminamenti, ricostruendo fedelmente tratti di muro a secco, recuperando ciò che resta dei vecchi ricoveri in legno, pulendo la montagna dai rifiuti, rinnovando la segnaletica e manutenendo i sentieri di accesso dalle valli circostanti.
Come ogni vicenda, anche le operazioni belliche sul Monte Piana hanno un inizio e una fine. Fatti d’armi si verificarono fin dall’avvio delle ostilità, considerata l’importanza della posizione. Eccezionalmente, mentre in genere i confini del 1866 favorivano dovunque gli austriaci, qui protendevano un cuneo tricolore verso Dobbiaco. Gli imperiali si erano perciò preparati ad affrontare la minaccia di una penetrazione, tappezzando di cannoni il Monte Rudo e dintorni. Già la mattina del 24 maggio, gli italiani costruirono trincee lungo l’orlo meridionale e un plotone si schierò nei pressi della Piramide Carducci, il posto più avanzato. Mancavano truppe sufficienti a occupare tutto il Piana e soprattutto artiglieria per mantenerlo. Nonostante assalti dall’una e dall’altra parte, il monte rimase conteso e mai scavalcato. A parte le offensive locali, costate perdite infruttuose, il problema di tutti i giorni rimase lo stesso: sopravvivere, per i combattenti con ogni uniforme.
Il 3 novembre 1917, in conseguenza della rotta di Caporetto, le truppe italiane lasciarono il Monte per attestarsi sul Grappa.
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