Il 14 maggio 1925 la casa editrice Hogarth Press pubblicava Mrs Dalloway di Virginia Woolf. All’epoca Woolf aveva quarantatré anni ed era al suo quarto libro, dopo La crociera (1915), Notte e giorno (1919) e La stanza di Jacob (1922). Questa nuova opera, nella quale la scrittrice britannica riponeva grandi aspettative, rompeva con gli schemi narrativi tradizionali del realismo e utilizzava la tecnica dello streaming of consciousness per intrecciare i pensieri dei vari personaggi in una maniera quasi orchestrale.
Il romanzo Mrs Dalloway, considerato il capolavoro di Virginia Woolf, fu esposto nelle librerie al prezzo di sette scellini e sei pence e alla sua pubblicazione vendette appena duemila copie; al contrario di Gita al faro che ne avrebbe vendute tremila, richiedendo subito un’altra tiratura da mille copie. Ma il vero successo commerciale di Woolf sarebbe stato Orlando, che oltre ogni previsione - in origine ne erano state stampate circa 800 copie - vendette oltre 5000 copie alla prima tiratura e fu subito ristampato in altre 3000 e richiese persino una terza ristampa.
Nel 1929 Mrs Dalloway risultava già fuori catalogo, proprio come La stanza di Jacob, ma una nuova “Uniform Edition” avrebbe donato nuova vita ai titoli di Woolf.
Scopriamo la storia editoriale di Mrs Dalloway e alcune curiosità.
“Mrs Dalloway” di Virginia Woolf: un audace esperimento narrativo
La signora Dalloway rappresentava l’esperimento narrativo più ambizioso di Woolf, almeno fino a quel momento. Un libro quasi senza trama che rompeva con la tradizione letteraria ottocentesca del naturalismo inaugurando un nuovo genere in cui era invece il soggettivismo a prendere il sopravvento: l’interiorità dei personaggi conta più del concetto di azione e della stessa realtà oggettiva. Questa forma di rottura è testimoniata dai frequenti rintocchi del Big Ben che risuonano spesso nel corso della storia, come a testimoniare una discrepanza insanabile tra il tempo soggettivo (dei personaggi) e il tempo oggettivo (della storia). La durata della vita interiore, ci stava dicendo Woolf in quelle pagine, era più lunga e dilatata del tempo esteriore. L’intera trama del libro si volge nell’arco di una sola giornata, inizia alle dieci del mattino di un mercoledì di metà giugno del 1923.
Il tempo è uno dei temi principali del romanzo, testimoniato anche dal titolo originale: The Hours, Le ore, in seguito modificato con il nome della sua protagonista, La signora Dalloway, ovvero l’indimenticabile Clarissa.
Virginia Woolf e la prima edizione di “Mrs Dalloway”: il manoscritto originale
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La gestazione del capolavoro di Virginia Woolf fu complessa, come annota la stessa scrittrice nei suoi diari: era un’opera per la quale sentiva di avere “troppe idee”. Il primo vagito, l’intuizione creativa, è testimoniata da una prima nota dell’ottobre del 1922 in cui Virginia si propone di scrivere un romanzo su “La signora Dalloway che vede la verità”.
Dopo un anno di tentativi più o meno infruttuosi, Woolf scoprì quello che avrebbe chiamato il suo tunnelling process, ovvero una sorta di processo di scavo psicologico che le consentiva di recuperare il passato e portarlo nel presente della storia:
Scavo delle bellissime caverne dietro i miei personaggi... L’idea è che le grotte si colleghino e che ognuna venga alla luce del giorno nel momento presente...
Il trucco narrativo di Woolf, la sua nuova forma estrema di sperimentazione, consisteva nell’affondare la penna e lo sguardo dentro i suoi personaggi tessendo un filo impalpabile di echi, pensieri, riflessioni e corrispondenze.
“The Hours”, il primo titolo di Mrs Dalloway
La prima bozza di Mrs Dalloway fu scritta a mano da Virginia Woolf con un inchiostro viola su tre quaderni tra il giugno 1923 - data in cui è ambientato il romanzo - e l’ottobre del 1924. Il manoscritto originale ci testimonia che Woolf cambiò il titolo del suo romanzo (l’originale era “The Hours”) e modificò la prima frase. Lo straordinario incipit, La signora Dalloway disse che i fiori li avrebbe comprati lei, probabilmente uno dei più noti della storia della letteratura, dunque fu frutto di una correzione, di un emendamento.
L’originale, dal titolo The Hours, iniziava così:
In Westminster, where temples, meeting houses, conventicles, & steeples of all kinds are congregated together, there is at all hours.
Era Westminster con le sue campane, che scandivano i rintocchi fatali delle ore, a essere al centro della scena. Modificando le prime righe con quell’incipit memorabie, Woolf stava di fatto introducendo il discorso indiretto libero.
Mrs Dalloway said she would buy the flowers herself.
Era il principio dei cosiddetti moments of being, i “momenti d’essere” che avrebbero connotato lo stile di Woolf: narrare una sola giornata nell’arco di una vita di una donna, nella quale era contenuto il senso della vita stessa. Questa la sfida di Woolf - che gioia! che salto! - il presagio di qualcosa che sta per accadere non solo sulla pagina scritta, ma anche nel mondo della letteratura. Con la creazione dei “moments of being” si perfezionava lo stile woolfiano che in seguito avrebbe dato origine ad altri capolavori, come Gita al faro e Le onde.
Il manoscritto originale mostra anche le note a margine della scrittrice, che ci testimoniano la sua esaltazione creativa:
“Sento che ora scriverò tutto ciò che voglio scrivere.”
Le note ci rivelano anche il progetto iniziale di Woolf: doveva essere Clarissa, la signora Dalloway a morire, a togliersi la vita. Solo più tardi, come testimoniano i taccuini, si sarebbe sviluppata la storia del veterano di guerra Septimus Warren Smith, che sostituirà Clarissa nel sacrificio necessario ai fini narrativi.
A margine del libro in divenire Virginia annotava anche il numero di pagine scritte e le intuizioni per i suoi saggi. Le bozze di Mrs Dalloway sono la prova autentica, concreta, di una vera e propria fucina creativa e anche della mente caleidoscopica, vulcanica, geniale, di Virginia Woolf immortalata, quasi fotografata, nel suo incessante lavorio.
Nel secondo taccuino woolfiano appare per la prima volta l’alternativa del titolo: The Hours o Mrs Dalloway, annota la scrittrice indecisa.
Nel terzo taccuino li inverte, mostrando una preferenza per La signora Dalloway, che sarà infine il titolo prescelto coronato dall’incipit che poneva al centro il personaggio di Clarissa, come era stato nell’intenzione originale, appuntata da Woolf nel lontano ottobre del 1922.
Il manoscritto della signora Dalloway a Vita Sackville-West
Dopo la morte di Virginia, il marito Leonard Woolf consegnò il manoscritto originale della Signora Dalloway nelle mani di Vita Sackville-West, che lo tenne con sé sino alla sua morte, avvenuta nel 1962. Vita descrisse l’opera di Woolf in questi termini: era vergata su “carte italiane colorate e a fantasia”, la carta preferita di Virginia.
In seguito il manoscritto fu acquisito dal British Museum e oggi è conservato nella British Library.
La prima edizione di “Mrs Dalloway”: alcune curiosità
Il primo capitolo di Mrs Dalloway traeva origine da un racconto intitolato Mrs Dalloway in Bond Street che riprendeva lo stesso incipit infine scelto da Woolf, presentando però i guanti (gloves) al posto dei fiori (flowers).
Una ricostruzione filologica ha permesso di attestare che altre parti di Mrs Dalloway erano già presenti in un altro racconto incompiuto di Woolf, dal titolo Prime Minister, “Primo Ministro”. Ne possiamo rintracciare un estratto quando Peter Walsh dice a Clarissa, con fare sprezzante, che lei sposerà un Primo ministro.
Il percorso compiuto da Clarissa, che cammina per le strade di Londra da Westminister al negozio di fiori di Bond Street, fu probabilmente compiuto più volte dalla stessa Woolf: ogni gesto della protagonista ha un parallelo nella realtà, persino la libreria di cui sbircia la vetrina, esiste ancora, si chiama Hatchards ed è considerata la più antica libreria britannica.
Il rintocco del Big Ben che scandisce le varie parti del romanzo era presente sin dalle prime pagine del manoscritto originale di Virginia Woolf e ci indica una precisa chiave di lettura dell’intera opera: le ore (“The Hours” era infatti il titolo originale) scandiscono il tempo passato e presagiscono il futuro. Il tempo dominante nella narrazione è l’imperfetto che sembra sancire un’eterna tensione di durata.
Non a caso, come ci riportano i diari, Virginia Woolf tra il 1922 e il 1924 era immersa nella lettura di Marcel Proust. Il vero protagonista della sua Signora Dalloway è dunque il tempo. Per tutto l’arco della giornata Clarissa sembra essere perseguitata dal proprio passato, sino alla notizia del suicidio di Septimus che giunge proprio durante la festa così organizzata e attesa.
Dunque, di cosa parla La signora Dalloway? Impossibile definire la trama del romanzo di Woolf con una risposta esaustiva. La stessa Woolf disse: “è una donna che organizza una festa”. Nel mezzo, però, c’erano la vita, la morte e ancora la vita, un tempo individuale e al contempo eterno, l’eterno battito delle ore scandite dal grande orologio nel cuore di Londra. “Che gioia! Che salto!”, ansia e terrore, la gioia e il suo opposto, e quel ritornello fear no more - non temere - ripetuto da Clarissa come consolazione per gli affanni che affliggono tutti gli esseri mortali.
Più non temere, dice il cuore, fear no more, dice il cuore, affidando il suo fardello al mare, che sospira collettivamente per tutti i dolori, e si rinnova, ricomincia, raccoglie, lascia cadere.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “Mrs Dalloway” di Virginia Woolf, 99 anni fa la prima edizione: storia e curiosità
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