100 anni di Nadine Gordimer che nasceva a Springs, in Sudafrica, il 20 novembre 1923. La scrittrice, vincitrice del Booker Prize nel 1974 e premio Nobel nel 1991, è ricordata per il suo sguardo lucido sul tema della segregazione razziale e per la coraggiosa lotta contro l’Apartheid che combatté attraverso tutti i suoi scritti, denunciando, analizzando, mettendo in luce fatti storici, sociali e politici ancora oggi ignoti a molti europei.
Nadine Gordimer, un Nobel letterario contro l’Apartheid
Nel 1991 fu insignita del Premio Nobel per la Letteratura per la sua scrittura “epica e magnifica” che, come si legge nella motivazione del premio, è stata di “grande beneficio all’umanità”.
Insomma, il Nobel a Nadine Gordimer fu anche un Nobel per il sociale, un Nobel alla Letteratura e alla Pace, un premio che non omaggiava solo la scrittrice - sulla cui qualità letteraria non si discute - ma anche l’attivista. Perché Gordimer fu entrambe; pubblicò il suo primo racconto a soli quindici anni e, da quel momento, non avrebbe mai smesso di scrivere diventando anche una redattrice fissa del New Yorker, inoltre fu una delle amiche più fedeli di Nelson Mandela (e lo aiutò a editare alcuni suoi discorsi), militò sempre in prima linea senza mai tirarsi indietro di un passo.
Sin da quando prese coscienza del razzismo Gordimer iniziò a denunciarlo attraverso la scrittura. Nel suo toccante e ironico discorso in occasione della cerimonia del Nobel, l’autrice affermò che per lei la scrittura era una “una mano tesa con il meglio che abbiamo da dare”.
Dopo un simpatico siparietto in cui Gordimer paragonava il Nobel alla varicella, perché “si vince una volta sola” come le era stato fatto notare da una bambina, figlia di un suo amico, la scrittrice raccontò quindi il modo in cui si era avvicinata alla letteratura, ovvero come a una “presa di coscienza”:
Quando ho iniziato a scrivere da giovanissima in una società coloniale rigidamente razzista e inibita, sentivo, come molti altri, di esistere marginalmente ai margini del mondo delle idee, dell’immaginazione e della bellezza.
La vita di Nadine Gordimer
Link affiliato
Nadine Gordimer nacque il 20 novembre 1923 a Springs, in Sudafrica, da una famiglia di immigrati ebrei: suo padre, Nan Gordimer, era originario della Lettonia, mentre sua madre dell’Inghilterra. Fu proprio la madre, Isidore, a incoraggiarla sempre alla lettura e alla scrittura, poiché le avrebbero dato un’idea più vasta e critica del mondo.
A nove anni la piccola Nadine già scriveva i suoi primi racconti; a quindi ne avrebbe pubblicato uno, dal titolo The Quest for Seen Gold, sulla rivista The Children Sunday Express. Quel breve racconto per bambini era il primo vagito di una grande scrittrice. Nel 1948 Gordimer avrebbe pubblicato la sua prima raccolta di racconti, dal titolo Face to face.
Il romanzo che la portò alla fama internazionale fu The Conservatorist, con cui vinse il Booker Prize nel 1974, una storia che narrava il Sudafrica ai tempi dell’Apartheid dal punto di vista di un uomo bianco e conservatore, di nome Mehring, che si trova a mettere in discussione tutte le proprie idee tormentato dal pensiero che un uomo di colore, a lui sconosciuto, sia stato sepolto nella fattoria di sua proprietà.
Gordimer rimase a Johannesburg durante gli anni Settanta, anche nel periodo terribile dei conflitti, delle brutalità attuate nelle fasi della de-colonizzazione.
Lei da scrittrice sudafricana, bianca, fu sempre dalla parte del Black Consciousness Movement, in prima linea per abbattere la cosiddetta “barriera del colore”, ovvero la vecchia e concreta immagine del razzismo, della quale lei aveva scoperto concretamente l’esistenza durante gli anni universitari.
Disse che quella “barriera del colore” era come la porta della legge nella parabola di Kafka, chiusa al supplicante per tutta la vita perché non capiva che solo lui poteva aprirla. La missione di Nadine Gordimer divenne aprire quella porta sbarrata, servendosi non della violenza, ma della chiave della scrittura.
“Racconti di una vita”: l’ultimo libro e l’amore per l’Italia
Link affiliato
Il suo ultimo libro pubblicato è Racconti di una vita, edito in Italia da Feltrinelli nel 2014. Sulla copertina bianca lei appariva nitida, sfidante, con le braccia incrociate e gli occhi luminosi come due spilli.
In occasione del lancio del libro Gordimer rilasciò un’intervista a la Repubblica in cui dichiarava che sarebbe stato il suo ultimo scritto, in quanto era malata di tumore al pancreas e ormai non aveva più le energie necessarie per dedicarsi alla scrittura.
In quella stessa intervista dichiarava di amare l’Italia, che era il suo paese preferito da quando la figlia Oriane viveva in Piemonte. Elogiava gli italiani, definendoli indipendenti e coraggiosi (forse la sua visione battagliera era condizionata dal suo editore, il grande Giangiacomo Feltrinelli, cui la legò una profonda amicizia instaurata anche con la moglie di lui, Inge Feltrinelli, che ne proseguì l’attività culturale militante).
Gordimer affermava di non credere in Dio, ma di credere nella Letteratura, poiché consente “un’esperienza del mondo e di molte vite”, ed è ciò che davvero ci fa conoscere lo spirito umano. Forse sapeva di pronunciare parole quasi testamentarie.
Nadine Gordimer si spense serenamente nel sonno nella sua casa di Johannesburg, il 13 luglio 2014, all’età di novant’anni.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 100 anni di Nadine Gordimer, la scrittrice sudafricana che denunciò il razzismo
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo News Libri Storia della letteratura Nadine Gordimer Premio Nobel per la Letteratura
Lascia il tuo commento