

Napoleone
- Autore: Vittorio Criscuolo
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
“L’imperatore di Francia che da bambino non parlava francese.”
“Stette la spoglia immemore, orba di tanto spiro” (Manzoni, Ode 5 maggio 1821).
Un grande, certamente, Napoleone da Aiaccio, ma protagonista ottimo o pessimo della storia? Più di diciassette anni fa, il prof. Vittorio Criscuolo (insegna storia moderna alla Statale di Milano), ha proposto uno degli studi più agili, che offre la possibilità di trovare da soli una risposta. Quel saggio, rielaborato già nel 2009 dopo l’uscita nel 1997, è tornato in libreria nei Paperbacks il Mulino: “Napoleone” (Il Mulino, 2015 - 268 pagine 14 euro).
Buonaparte, corso-italiano o Bonaparte, francese? Genio militare o tiranno? Condottiero fortunato o perfetto stratega? Innovatore dell’apparato amministrativo e legislativo o carnefice degli ideali di libertà della Rivoluzione? Infine, padre putativo dell’Europa unita o dominatore imperialista sotto le aquile francesi?
Di certo fu figlio della Rivoluzione e di certo da quella si allontanò per avviarsi sul trono imperiale. Da patriota corso, vide nel rivolgimento popolare del 1789 l’occasione per scuotere l’odiato giogo della monarchia, ma con i grandi successi militari dopo il primo Consolato abbandonò i principi rivoluzionari, arrivando a riproporre il diritto divino dei re e restaurare l’aristocrazia.
Quando mise piede per la prima volta sul suolo della nuova madrepatria, il piccolo Buonaparte aveva solo nove anni, secondo figlio di una famiglia numerosa ma non povera. Taciturno e orgoglioso, era in difficoltà con la lingua francese, che resterà a lungo il tallone d’Achille del giovane. Nel dicembre 1778 entrava nel Collegio di Autun e qualche mese più tardi in quello militare di Brienne, dove a spese del re i Padri Minimi preparavano al mestiere delle armi i figli delle famiglie nobili. Dopo cinque anni, fu la volta della Scuola Militare di Parigi, da cui uscì in un anno sottotenente di artiglieria, quarantaduesimo sui 58 compagni di corso. Non particolarmente brillante quindi. Gli andava a genio la matematica, al resto non badava molto.
La carriera militare rimase piuttosto sterile, prima e dopo la Rivoluzione, alla quale aderì. I mesi di licenza in Corsica superarono addirittura quelli di servizio effettivo. Fu congedato dall’Esercito e riammesso un paio di volte, fino all’occasione della vita, l’assedio di Tolone, dove un suo piano consentì di occupare una posizione dalla quale i cannoni francesi costrinsero la flotta inglese alla ritirata e di conseguenza i lealisti alla resa.
La svolta venne con la partecipazione alla repressione a cannonate dell’insurrezione monarchica del 1795. Non si sa se il suo ruolo nell’azione fosse o meno prevalente, ma certo venne notato dal potente Barras e il matrimonio con un’ex amante di questi, la creola Josephine, fece il resto. Era l’affascinante vedova di un ufficiale aristocratico ghigliottinato.
Il generale ventisettenne ottenne dal leader del Direttorio il comando della scalcinata Armata d’Italia, per un’azione diversiva nei primi del 1797, che avrebbe dovuto essere secondaria rispetto al fronte del Reno. Il piccolo corso sconfisse clamorosamente i piemontesi e fece arretrare gli austriaci fino all’arco alpino. Il resto della folgorante scalata di Napoleone è noto: dagli altari alla polvere dopo Waterloo.
Il testo di “Napoleone” è stato rivisto rispetto alla prima edizione e aggiornato con due capitoli nuovi. Il primo guarda ai rapporti con la Chiesa, l’altro alla dimensione europea dell’avventura napoleonica, in relazione agli sviluppi futuri della storia del continente. L’idea di Europa, intesa come coscienza della civiltà unitaria continentale, sia culturale che storica e sociale, è nata dall’Illuminismo e quindi è stata prima adottata da Napoleone e poi respinta. Indubbiamente, in questa dimensione illuministica dell’unità europea spicca la visione di Montesquieu, che considerava il vecchio continente l’espressione storica di una società più colta, più evoluta, più ricca di quella del mondo orientale, paralizzato dal dispotismo:
“In Asia si son visti sempre grandi imperi. In Europa non hanno potuto sussistere a lungo”
È stato così anche per Napoleone. Consacrato imperatore a Notre-Dame il 2 dicembre 1804, ma rovesciato dieci anni dopo, sconfitto a Lipsia e costretto ad abdicare, nel maggio 1814.
Certo che aveva fatto di tutto per cancellare dal continente la libertà in cui tanto credeva invece il connazionale Montesquieu. Aveva anzi cercato di realizzare il progetto della monarchia universale del Re Sole. Il tramonto del 18 giugno 1915, a Waterloo, cancellò il suo sogno dispotico.

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