Nel sottosopra degli anni Ottanta. Le contraddizioni di un decennio
- Autore: A.A.V.V.
- Genere: Musica
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2024
Nel sottosopra degli anni Ottanta. Le contraddizioni di un decennio, raccolta di saggi a cura della redazione di Macchina, è un tentativo di individuare le sfaccettature di un intero decennio.
Gli anni Ottanta sono stati pieni di tante cose, quasi nessuna buona. La penso così: lascio l’apologia di quegli anni ai presentatori rassicuranti delle tv di Stato e ai nostalgici di Pac-Man e Super Mario. Per il mondo occidentale gli anni Ottanta sono stati il tappetto che, sotto la trama plastificata dei colori pastello e degli smile, nascondeva la polvere dell’individualismo, della diseguaglianza sociale, delle prove tecniche di liberismo sfrenato. Insomma: sono stati anni di distrazione e volgarità di massa, anni senza cuore, ignoranti, idioti-idiotizzanti; anni affollati (Gaber) di discomusic, discoteche, travoltismi, thacherismi, reaganismi, craxismi, americanismi, drive-in, memorie corte intanto che l’Italia che resiste (De Gregori) smetteva di resistere, arresa a un’imbecillità da Paese dei Balocchi. Sono figlio di Sandokan e della Fata Turchina, pronipote di un’Italia in bianco e nero che andava a letto dopo Carosello e sorrideva agli sketch eleganti di Vianello e Mondaini. Il barzellettismo sessista delle truppe d’assalto del Biscione (leggi Mediaset et similia) non mi ha incantato, allegorico com’è di caduta di stile, intelligenza e valori.
Questo sono stati per me gli anni Ottanta: un precipitare a rotta di collo dall’attivismo impegnato del lungo Sessantotto all’indifferenza egotica di massa. Data la preponderanza di pedane “piene di scemi che si muovono” (Battiato) solo di tanto in tanto mi ricordo di avere scritto a lungo di cantautori. Quando nella nota introduttiva di “Nel sottosopra degli anni Ottanta. Le contraddizioni di un decennio” (curato dalla redazione di Machina, marchio editoriale del benemerito gruppo DeriveApprodi) scorgo la sintesi didascalica degli Ottanta – “stupidi ma belli” – sorrido disilluso. In quanto proprio Vasco Rossi incarna esemplarmente il ripiegare nichilista del decennio. E della canzone insieme con esso: passata dal diktat collettivo del messaggio a un vuoto para-esistenzialismo ombelicale. Al netto di ironia(?), cos’altro esprimerebbe(?) la prima poetica(?) vascorossiana?:
EGOISTA... certo... Perché NO! perché non dovrei esserlo!... Quando c’ho il mal di stomaco/ con chi potrei condividerlo!... oh! … Ce l’ho io mica te!
Per tornare al merito di Nel sottosopra degli anni Ottanta: già l’introduzione anticipa la sfida interpretativa raccolta, ciascuno per il suo ambito, dagli interventi saggistici che lo compongono. L’attuale attenzione per quegli anni (…) è una modalità di evasione, di fuga in una dimensione alternativa al mondo che ci è dato vivere? Oppure è un tentativo di trovare in quel decennio di impetuose trasformazioni, di frantumazione di identità, di distruzione di sicurezze, degli utili elementi per capire il caos odierno? (pag. 5)
Si evince, insomma, che il saggio non semplifica. Non si accoda a peana stile “migliori anni della nostra vita.” Tutt’altro: Nel sottosopra degli anni Ottanta si propone come testo oggettivo, e lo è. Attraverso sedici diverse inquadrature analitiche, restituisce infatti in chiaroscuro i caratteri – sociali, politici, culturali – di un decennio divisivo (conta fautori e detrattori) con cui tocca comunque fare i conti. Un decennio schizofrenico. Ibridato da gratuita euforia, memoria corta, e tuttavia dal nostalgismo di sparuti resistenti non ancora sottomessi al trend.
Nei primi anni Ottanta, per esempio, non tutti andavano “a la playa” (Righeira), qualcuno sparava ancora per ragioni politiche. C’erano gli yuppy e c’erano gli eroinomani. I giovani rampanti e i tardo/vetero movimentisti. Gli ideologi del pensiero debole e i già deboli di pensiero. C’erano i moderni e i postmoderni. Al cinema le vanzinate e Bianca di Nanni Moretti. Lo ripeto: appartengo al drappello dei denigratori a oltranza degli anni di Pongo (Bonifacci), ma apprezzo a maggior ragione l’equidistanza critica del lavoro voluto e coordinato dall’editrice Machina.
Nessuna damnatio memoriae pregiudiziale: arte, cinema, vita politica (al tramonto) e vita sociale, geopolitica, femminismo, post-fordismo, filosofia sono alcune delle stazioni topiche in cui si declina l’indagine ad ampio raggio sul famigerato decennio che non è finito mai. Il risultato è tra i saggi più autorevoli che mi sia capitato di leggere sull’argomento.
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