Nell’inferno sovietico. Sulle orme di deportati in Siberia
- Autore: Irena Moczulska
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Anno di pubblicazione: 2010
Il traduttore Augusto Fonseca ci presenta il libro "Nell’inferno sovietico. Sulle orme dei deportati in Siberia" di Irena Moczulska, da lui tradotto e pubblicato a gennaio 2010 per la Collana Slavica di Zane Editrice.
La verità storica sulla realtà annichilente di due degli strumenti di potere dei sistemi totalitari piú abietti del secolo scorso, il lager nazifascista e il gulag comunista, può essere conosciuta in buona misura grazie alle preziose testimonianze di quanti l’hanno vissuta sulla propria pelle.
Tra i tanti sopravvissuti ai milioni di vittime della spietata inumanità dei due regimi, non tutti hanno voluto o potuto pubblicamente parlare o scrivere. Al ristretto numero di chi, subito dopo il miracoloso rientro in patria, si è impegnato con tutto se stesso a raccontare “a caldo” la propria esperienza, fa riscontro una moltitudine di persone che quell’esperienza a lungo se la sono portata
dentro in silenzio, quasi come inconfessabile vergogna.
Una splendida giornata di maggio del 1939, nella cittadina polacca di Pinsk nel cortile del Ginnasio/Liceo “Józef Pilsudski”, in un’atmosfera di lieta solennità, Irena Plazak (in seguito al matrimonio, Moczulska) aveva ritirato il diploma di maturità, che le avrebbe consentito di varcare la soglia del mondo dei grandi. Ad accoglierla in quel mondo, però, l’attendeva una tragedia a tenaglia: dall’ovest le divisioni naziste Totenkopft, e da est le truppe staliniane dell’Armata Rossa.
La Blitzkrieg, scatenata dai Tedeschi il 1° settembre 1939 contro la Polonia, genera il naturale contraccolpo dei Russi, che il 17 settembre successivo varcano il confine per impossessarsi della parte prevista dal patto MolotovRibbentropp. Ben presto i sogni della giovane polacca, insieme con quelli di innumerevoli coetanei e con la vita di altri milioni di connazionali, finiscono risucchiati dal secolare e insaziabile, spietato vortice russosiberiano sublimato da Stalin nell’impero sovietico.
Per quasi sessant’anni Irena Plazak si è portata dentro l’esperienza di sei anni vissuti spesso al limite della tragedia, ma che pure, all’improvviso, si trasforma, come per un magico intervento, in splendore regale, tanto da apparire come onirico abbaglio. Netto e violento è il contrasto fra la squallida quotidianità nelle varie carceri, nei carri bestiame, nelle marce estenuanti sulle piste siberiane e lo sfarzo fiabesco delle stazioni della metropolitana di Mosca, del Teatro dell’Accademia d’Arte e del mitico Teatro “Bol’sòj”, conosciuto grazie ad uno dei non pochi “miracolosi” interventi che in tutto il racconto l’Autrice evidenzia e non esita a definire, con devotissima gratitudine, “mano della Provvidenza”.
La lettura affascina per l’immediatezza espressiva, coinvolgente e gradevole come un racconto d’avventure; che, però, non consente di essere goduto come tale, poiché tratta vicende che hanno lasciato tracce cocenti nell’anima e sul corpo non di una sola persona. Grande merito della scrittrice è quello di aver dato voce e ruolo ad una serie di personaggi, tutti con autentici nomi e cognomi, che, diversamente, non avrebbero avuto la preziosa dignità di testimoni, in grado di aggiungere credibilità alla narrazione. Lettura edificante e meritevole di essere conosciuta e meditata, soprattutto dalle nuove generazioni che non pochi valori di vita, di bellezza e di amore possono cogliere in questo documento-romanzo.
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