Cosa c’entra Dante con Andrea Zanzotto? Dante permette al poeta recentemente scomparso di esprimere l’inesprimibile con la forza della concentrazione del lessico del Sommo poeta. Non ci credete?
Lo scopo principale di questo articolo è riflettere sul significato del titolo della poesia “Oltranza oltraggio” di Andrea Zanzotto, di chiara ascendenza dantesca. Ma vuole essere anche:
- un omaggio a Dante,
- un invito ai docenti a non spiegarlo ricorrendo a riassunti tematici, perché Dante merita di essere letto direttamente, malgrado le difficoltà espositive specialmente per lo studente di oggi,
- un omaggio a questo testo di Andrea Zanzotto praticamente ignorato nelle antologie. Che sia anche questo un oltraggio?
La visione di Dio nel Paradiso di Dante
Andiamo per ordine, cominciando da Dante:
"Da quinci innanzi il mio veder fu maggio/che ’l parlar mostra, ch’a tal vista cede,/e cede la memoria a tanto oltraggio."
Questa terzina, tratta dal XXXIII canto del Paradiso, riguarda il punto cruciale, per Dante uomo e cristiano, della visione di Dio che non significa vista: poiché per un mortale è impossibile vedere Dio, Dante di Lui ha progressive visioni che fissa nella mente (almeno ci prova) per cercare di penetrarne l’essenza.
La parafrasi della terzina è la seguente: “Da qui in poi le mie capacità visive aumentarono più di quanto si possa spiegare a parole, perché parola e memoria vengono meno di fronte ad un evento così smisurato.”
Cosa ci dice il Sommo poeta in questo punto del Paradiso?
- Il linguaggio umano è insufficiente per descrivere la sua esperienza.
- La memoria non ne trattiene il ricordo, ma una sorta di impressione.
- Per esprimere l’eccezionalità della visione di Dio, che si scontra con la finitezza intellettiva e sensoriale dell’essere umano, Dante sceglie il sostantivo “oltraggio”. Questo sostantivo, derivante dal francese antico oltrage, indica “qualcosa che va oltre il tollerabile, il limite”. E Dante lo usa in questa accezione. Nel tempo lo slittamento semantico ha fatto prevalere il significato di offesa secondo il codice cavalleresco.
Cosa c’entra Dante con gli audaci sperimentalismi degli anni Sessanta?
Ora entra in gioco Andrea Zanzotto, in parte riconducibile alla Neoavanguardia.
Il testo proemiale della raccolta La beltà del 1968 di Andrea Zanzotto reca il titolo Oltranza oltraggio. Il richiamo dantesco sembra d’obbligo: non si tratta di una coincidenza, né di un omaggio puramente esornativo all’autore della Divina Commedia.
Il sostantivo dantesco “oltraggio” è il passepartout che permette al lettore di orientarsi nel trobar clus di Oltranza oltraggio di Zanzotto.
Seguendo l’acuta interpretazione di Maria Corti, oltraggio è lo sforzo, mediato dalla poesia, di trovare schegge di significato in un mondo che appare inconoscibile in quanto incomprensibile. Oltranza, invece, è il risultato dello sforzo.
Pertanto, sulla scia esegetica di Corti, l’oscurità del testo di Zanzotto sarebbe coerente con il tema proposto e con l’adesione dell’autore alle teorie di Ferdinand de Saussure sull’arbitrarietà del segno linguistico che genera incomunicabilità.
Dante e Zanzotto si sforzano entrambi di descrivere/intravedere/ riportare/ tratteggiare qualcosa che va oltre il tollerabile, il limite”:
- Dante, la visione di Dio
- Zanzotto, uno spiraglio di senso in un mondo senza senso.
Mi sembra che, sotto questo profilo, la ricerca poetica ed esistenziale di Zanzotto sia più affine a Dante che alla Neoavanguardia a lui contemporanea.
La neoavanguardia destruttura il linguaggio per dimostrare la mancanza di senso nel mondo.
Zanzotto destruttura il linguaggio alla ricerca di un senso nel mondo con un passepartout d’eccezione: Dante.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Dalla terzina del Paradiso di Dante a “Oltranza oltraggio” di Andrea Zanzotto
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