

Orizzonti perduti, orizzonti ritrovati
- Autore: Eric Salerno
- Genere: Letteratura di viaggio
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Il Saggiatore
- Anno di pubblicazione: 2021
Nel suo ultimo bellissimo libro pieno di viaggi, di racconti, di fotografie d’epoca, di aneddoti, di memorie, di persone incontrate, di confini attraversati, di musiche, libri, film, cibi, incidenti di percorso, di analisi puntuali su come sta il nostro pianeta oggi e come è stato nel passato, il grande giornalista viaggiatore Eric Salerno fornisce al lettore che si accinge a leggere Orizzonti perduti, orizzonti ritrovati (il Saggiatore, 2021) una serie di mappe fondamentali per comprendere itinerari e confini, in cui sono riportati i luoghi principali citati nel libro: Nord Africa, Terra santa, Asia meridionale, America centrale.
I venti capitoli in cui il volume è organizzato ci raccontano tuttavia molto di più del mondo senza confini e un tempo senza muri che il giornalista inviato del “Messaggero” e di “Paese Sera”, il viaggiatore curioso, l’autore del celebre libro Guida al Sahara, consultato dai tanti che si sono avventurati in quell’oceano di sabbia che incuriosisce ma può diventare la tomba degli inesperti turisti, ha attraversato nella sua lunga vita avventurosa.
Parlare del contenuto del libro di Eric Salerno è davvero complicato, tante sono le storie, le descrizioni geografiche, politiche, antropiche e ambientali che nel corso dei decenni hanno portato l’autore a percorrere una sorta di giro del mondo, in tempi diversi, con diverse compagnie, ponendo sempre la sua curiosità, la sua capacità di analisi di eventi e personaggi al servizio di descrizioni intelligenti e mai banali, corredate da informazioni certe, verificate sul campo, frutto di un’esperienza consolidata nei lunghi anni in cui il giornalista faceva esperienze professionali, per poi diventare, in tempi più recenti, un turista, un viaggiatore indomabile, come recita l’esergo dedicato alla moglie Suzanne: “Sempre in viaggio”.
Cerco di raccontare le parti del libro che più mi hanno colpito e coinvolto: l’infanzia a New York, nel Bronx, dove Salerno aveva vissuto dalla nascita (nel 1939) al 1951 e dove torna alla ricerca delle sue radici nel 1980, alla vigilia dell’elezione del presidente ex attore e cowboy Ronald Reagan. Ci era già tornato nel 1964, al tempo di Bob Dylan e Joan Baez, degli hippies, dopo la presidenza Kennedy che aveva cambiato il mondo. Il Bronx violento e pericoloso di allora forse oggi non esiste più, ora “passeggeri misti da pubblicità Benetton: bianchi, neri, marrone chiaro, marrone scuro, gialli” si incontrano nella metropolitana che negli anni ’70 di notte era off limits. Dunque per il giornalista un po’ italiano e un po’ americano tornare ripetutamente a New York ha significato fare una ricognizione sui mutamenti, sull’evoluzione e spesso l’involuzione di luoghi e società.
La Terra santa, così difficile da capire per noi, è raccontata da chi conosce perché ha vissuto quella realtà complessa e stratificata, con una grande chiarezza. Mi è piaciuta tanto la descrizione delle tappe sul corso del Nilo, in un Egitto “che è sempre stato un paese diverso dai suoi vicini”, per molti decenni affollata meta turistica, oggi purtroppo sito estremamente pericoloso, sia per la situazione politica, sia perché il fiume lungo migliaia di chilometri sta morendo, quasi prosciugato in alcune parti, una delle numerose piaghe dei cambiamenti climatici e dell’opera distruttiva dell’uomo.
Ricordo nella mia infanzia il nome della capitale del Pakistan, Karachi. Il paese era nato nel 1947 dallo smembramento dell’Impero Britannico; una nave italiana, l’incrociatore Raimondo Montecuccoli, nel 1956 aveva attraversato il canale di Suez per toccare India e paesi dell’Estremo Oriente. Mio padre, ufficiale di marina, era a bordo e io conservo una sua foto a Karachi (“Metropoli multiculturale, multietnica, e multireligiosa, aperta al mondo, più all’Occidente che all’Oriente”), che poi presto perse il titolo di capitale.
Oggi il Pakistan è sconsigliato ai turisti, considerato pericoloso per terrorismo e rapimenti, soprattutto nella parte nord, al confine con l’Afghanistan.
Non c’è città regione, continente, oceano di cui Eric Salerno non racconti un’esperienza di viaggio, una tappa, un incontro. Eccolo sulla barriera corallina australiana, o nelle Dolomiti presso lo splendido lago di Carezza, o nella penisola che era detta Indocina al tempo dei colonizzatori francesi, a rievocare la guerra del Vietnam, spartiacque nella coscienza della generazione che l’ha vissuta in gioventù. Il Nepal, lo Yemen, l’Everest divenuto una discarica per i troppi scalatori, molto spesso improvvisati, l’orizzonte perduto di Shangri-la, Acapulco, la celebre spiaggia di lusso frequentata da Frank Sinatra con Ava Gardner, dai Kennedy, da un mafioso come Sam Giancana, e per non essere da meno noi italiani ricordiamo tra gli ospiti il “venerabile” Licio Gelli.
Quanti personaggi dello scorso secolo sfilano nelle pagine di questo libro denso e coinvolgente, da John Lennon a Giulio Andreotti, Pier Paolo Pasolini, Luigi Barzini, Banksy, Agatha Christie, Francis Ford Coppola, Malcom X...
Quanti film, La Cina è vicina, Da 5 bloods-Come fratelli, quante canzoni, Blowing in the wind, quanti oggetti di culto, la Land Rover, la Coca-cola, la Giulia Alfa Romeo, le chiatte del Nilo; e ancora cibi essenziali oggi divenuti globalizzati, l’hummus, il caviale, i datteri, il lime, serviti in grandi alberghi lussuosi che non esistono più.
Salerno ci accompagna in un viaggio diacronico, tra come eravamo e come siamo diventati, con una leggera nostalgia, servendosi di una parola chiave che ricorre tante volte nel testo: orizzonte. È una linea apparente, simbolica, quella che delimita la nostra vista e la nostra conoscenza del mondo, quella che è sempre presente davanti al nostro sguardo spesso miope, che nella lunga narrazione di Eric Salerno diventa
“Orizzonte perduto, Orizzonte ritrovato. Orizzonti si perdono, altri si ritrovano, altri ancora appaiono con preoccupante tempestività.”
Peculiarità di questo libro, che mostra uno scrittore dalla profonda cultura che si estende nei campi più diversi, è la leggerezza della lingua, l’agilità dei passaggi da temi geopolitici complessi ad aneddoti familiari affettuosi, la facilità con cui i lettori possono confrontarsi con mondi lontani e sconosciuti sentendoli vicini e alla propria portata. Il genere “diario di viaggio” così frequentato nella letteratura mondiale segna qui una pagina davvero preziosa.

Orizzonti perduti, orizzonti ritrovati
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