Ossi di seppia è la prima e più importante raccolta di poesie di Eugenio Montale.
Pubblicata per la prima volta nel 1925, racchiude testi che l’autore aveva composto negli ultimi dieci anni circa.
Nella seconda edizione, risalente al 1928, furono aggiunte 6 poesie e la struttura dell’opera venne modificata assumendo la sua forma definitiva.
In Ossi di seppia si trovano molte delle liriche più celebri del poeta ligure, nelle quali è facile cogliere tutti i principi cardine della sua poetica.
Vediamo significato, componimenti e tratti salienti della raccolta.
Ossi di seppia: struttura dell’opera
Ossi di seppia comprende in tutto 23 poesie suddivise in 4 sezioni tematiche:
- Movimenti, di cui fa parte la famosa “I Limoni“;
- Ossi di seppia, fra cui “Meriggiare pallido e assorto” e “Spesso il male di vivere ho incontrato”;
- Mediterraneo;
- Meriggi e ombre.
Significato del titolo Ossi di seppia
Gli ossi di seppia sono i residui calcarei dei molluschi che le onde del mare trascina sulla spiaggia.
L’immagine rimanda immediatamente all’idea di una condizione vitale povera, arida e inconsistente, esattamente rispondente all’idea che Montale aveva del compito del poeta, ovvero quello di levigare la parola il più possibile fino a ridurla all’essenziale, proprio come il mare fa con gli ossi di seppia.
Si tratta pertanto di una metafora che spiega l’essenza stessa della poetica montaliana, dichiaratamente scarna e semplice, in netta antitesi con quella di Gabriele D’Annunzio, decisamente più artificiosa, complessa e retorica.
Il linguaggio poetico e il paesaggio in “Ossi di seppia”
Due tratti salienti balzano immediatamente agli occhi di chi legge Ossi di seppia: il linguaggio poetico e il paesaggio.
Per quanto riguarda il primo, il tono che spazia dal discorsivo all’epigrammatico, dal descrittivo al sentenzioso, distingue nettamente Montale sia da Ungaretti, che in quegli stessi anni aveva operato una sorta di rivoluzione letteraria frantumando la parola, sia dalla Ronda, che si batteva per un ritorno al classicismo.
Il linguaggio di Montale in Ossi di seppia può essere accostato a quello di Giovanni Pascoli e, in particolare, di Myricae, e del crepuscolare Guido Gozzano.
Il paesaggio ligure, che costituisce lo sfondo della maggior parte delle poesie, è l’altra nota preponderante della raccolta.
Esso ha connotazioni ben precise e nette: lontano dalla Liguria turistica e accogliente, è invece quello brullo, aspro, dimesso, a volte addirittura squallido, dei territori più impervi e inospitali della regione.
Entrambi i suddetti elementi, linguaggio poetico e paesaggio, sono i mezzi d’elezione attraverso i quali l’autore estrinseca la propria interiorità e la sua stessa concezione della vita, che vede come una serie incomprensibile di eventi e di gesti senza senso, come una gabbia dalla quale è impossibile fuggire e in cui, a farla da padrone, sono la cupezza di un’angoscia opprimente e la consapevolezza dello scacco.
Il "male di vivere" pervade tutta l’opera di Montale e permea il significato stesso che egli attribuisce alla poesia nonché il ruolo che essa deve svolgere; bandita ogni forma di eloquenza e di slancio vitalistico e positivo, la poesia non può fare altro che mettere nero su bianco la negatività della vita, senza alcuna possibilità di cambiarla.
Manca in Montale l’idea di una funzione salvifica dell’arte poetica, che può soltanto offrire "qualche storta sillaba e secca come un ramo".
Il correlativo oggettivo nelle poesie di Montale
Un’altra costante della poesia di Montale è l’uso massiccio del correlativo oggettivo, una particolare tecnica espressiva che, con le dovute differenze, l’artista ligure riprese da Thomas Stearns Eliot, che la concettualizzò nel 1919 definendola con le seguenti parole:
"una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi pronta a trasformarsi nella formula di un’emozione particolare".
E così anche in Montale gli elementi della realtà, dai paesaggi agli oggetti più semplici e quotidiani, diventano l’emblema di uno stato d’animo.
Cose concrete esprimono, attraverso un’immediata assonanza, idee, sensazioni ed emozioni.
È questo un aspetto che lo differenzia enormemente da Giuseppe Ungaretti, padre dell’Ermetismo, che preferisce affidarsi alle suggestioni che l’analogia è in grado di evocare.
La negatività dialettica di Montale
La dimensione di Ossi di seppia è quella della negatività, ma si tratta di una negatività dialettica.
L’angoscia esistenziale, il male di vivere e lo scacco dell’uomo costituiscono sì condizioni assodate e inevitabili, ma ciò non significa che non si debba cercare un qualcosa, "una maglia rotta nella rete/che ci stringe", che possa liberarci dallo stato in cui, nostro malgrado, ci troviamo.
L’unica fioca ma tenace luce che tenta di farsi largo nel pessimismo assoluto che domina Ossi di seppia, è l’ipotesi, la speranza almeno, di positività e di riscatto cui il poeta, nonostante tutto, tende.
Il correlativo oggettivo di tale stato d’animo è il mare, emblema di vita vera e autentica che Montale anela a raggiungere pur nella consapevolezza di non poterci riuscire poiché sa bene di far parte "della razza che rimane a terra".
È questo l’unico, sottile e fragilissimo filo di speranza che attraversa Ossi di seppia e che contribuisce a caricare di significato le liriche che la compongono, incentrate sulla lotta incessante e sempre viva, anche se persa in partenza, fra la cruda realtà e l’aspirazione dell’uomo alla felicità.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Ossi di seppia: caratteristiche, stile e analisi della raccolta poetica di Eugenio Montale
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