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L’influenza del Bardo sulla lingua inglese è innegabile, lo testimoniano i numerosi neologismi shakesperiani entrati comunemente nell’uso. William Shakespeare non si limitò a rivoluzionare la drammaturgia e la scena teatrale, ma agì a livello più profondo sulla sfera letteraria e linguistica, contribuendo alla standardizzazione dell’inglese contemporaneo. Possiamo dire - formulando un’equazione linguistica - che Shakespeare sta alla lingua inglese, come Dante, Manzoni e Leopardi stanno a quella italiana: possiamo considerarlo il padre fondatore dell’inglese moderno, colui che pur senza “sciacquare i panni in Arno” ha dato legittimità alla prosa scritta rivoluzionando, al contempo, il linguaggio parlato.
L’opera di Shakespeare rappresentò un importante canale di formazione nell’Inghilterra a cavallo tra Cinquecento e Seicento, quando il canone linguistico era ancora in procinto di delinearsi. Il drammaturgo creò parole composte, aggiungendo prefissi (il suo preferito era il prefisso un, con cui compose oltre 300 nuove parole), suffissi, coniò aggettivi e avverbi derivandoli da sostantivi e verbi, il suo genio poetico si declinò così in una nuova grammatica. Non è scorretto quindi dire che Shakespeare diede al popolo inglese nuovi strumenti per esprimersi, sancendo inoltre l’uso corretto dell’inglese scritto che, all’epoca, non era ancora standardizzato, anzi era soggetto agli influssi delle lingue straniere parlate nelle colonie. In tempi sismici per la lingua, il drammaturgo originario di Stratford-upon-Avon contribuì all’unificazione linguistica grazie alle sue innate abilità di paroliere.
Si stima che il Bardo abbia coniato circa 1700 nuove parole, molte delle quali sono in uso tuttora nell’inglese contemporaneo - e non solo - alcune le utilizziamo persino in italiano, come calco formale o semantico dall’inglese.
Secondo l’Oxford English Dictionary ci sono molte parole oggi da considerarsi autentiche creazioni di Shakespeare: tra queste troviamo ad esempio unreal (irreale); unearthly (ultraterreno); lonely (solitario); dwindle (avvolgersi); gloomy, (ombroso) e il suo opposto radiance, (radiosità, raggiante).
Il Bardo tuttavia non si limitò a inventare nuove parole, ma seppe anche riformulare quelle già esistenti donando loro nuovi significati: è il caso, per esempio, del sostantivo “friend” usato come verbo nella Dodicesima notte, dove troviamo “unfriended” per descrivere uno stato di inamicizia.
Scopriamo 10 parole inglesi inventate da Shakespeare. Piccolo spoiler: alcune le usiamo correntemente anche in italiano, ma probabilmente senza saperlo.
D’ora in poi, quando pronuncerete una di queste espressioni, sappiate che non deriva dalla saggezza popolare, ma dal genio creativo di una delle più talentuose penne della letteratura mondiale.
10 parole inventate da Shakespeare
Leggendo questa lista vi stupirà scoprire che non si tratta solo di avverbi, sostantivi o aggettivi, ma di veri e propri modi di dire entrati nel linguaggio comune corrente.
- Love is blind: una frase che Shakespeare cita, come un ritornello frequente, in numerose sue opere dal Mercante di Venezia all’Enrico V. In italiano si traduce nella celebre espressione: l’amore è cieco. Possibile che si trattasse di un mondo di dire già diffuso all’epoca nel linguaggio popolare, che Shakespeare ha contribuito a standardizzare (e a eternare) attraverso la scrittura.
- It’s Greek to me: quando qualcosa vi risulta incomprensibile avete mai detto sconfitti: “È greco per me!”, ecco, in realtà l’espressione deriva dal Giulio Cesare (1599) di Shakespeare quando Bruto, il cospiratore, chiede a Casca se lui abbia capito il discorso di Cicerone, ma quest’ultimo dice di non essere stato in grado di capirlo.
- Break the ice: letteralmente “rompere il ghiaccio”, viene utilizzata da Shakespeare in numerose opere come metafora e ora è, a tutti gli effetti, entrata nel linguaggio quotidiano per indicare la necessità di alleviare la tensione o favorire la conversazione tra persone sconosciute.
- Make your hair stand on end: questa espressione deriva dall’Amleto, dove la visione del fantasma del defunto re faceva davvero rizzare i capelli dalla paura.
Letteralmente il protagonista, Amleto, dice “I miei capelli si drizzano in testa, il mio cuore dentro di me muore” quando vede il fantasma di suo padre. Le metafore shakesperiane descrivevano appieno il terrore e la sensazione di shock provate in quel frangente dal suo personaggio, lo fece con una vivacità espressiva così riuscita che ancora oggi ne facciamo tesoro e ne subiamo il fascino.
- Knock knock! Who’s there?: Toc toc, chi è? Alzi la mano chi non l’ha mai detto, in realtà è tratto da Macbeth, quando nel secondo atto il portiere bussa prima di entrare nel castello del re di Scozia. Il testo poi divenne un celebre gioco, molto in voga non solo tra i bambini, ma è probabile che fosse già diffuso nei testi satirici dell’epoca.
- All the world’s a stage: tratto da Come vi piace, in cui è pronunciato dal malinconico Jacques. Tutto il mondo è palcoscenico, la metafora di Shakespeare è diventata di uso comune per descrivere il continuo gioco di maschere che la realtà ci impone. Il monologo nella pièce originale prosegue dicendo che “And all the men and women merely players”, ovvero che gli uomini e le donne sono semplici attori/giocatori, commedianti. Si prosegue infatti affermando che l’uomo recita molte parti lungo l’arco della sua vita, tante quanti sono i ruoli che è chiamato a svolgere.
- Star-crossed lovers: deriva da Romeo e Giulietta, l’opera per eccellenza dell’amore. Viene citata già nel prologo, per introdurre la coppia di amanti:
“Where civil blood makes civil hands unclean. From forth the fatal loins of these two foes. a pair of star-cross’d lovers take their life”.
Già nel principio del dramma si delinea il destino dei due amanti, sappiamo che perderanno la vita, ma anche che la loro unione era “destinata dalle stelle”. Il fato, in questo modo, viene addolcito dalla certezza dell’amore, del ricongiungimento romantico.
Con questa espressione nel linguaggio corrente si designa una coppia di innamorati destinati, sancendo così il legame imprenscindibile tra amore e destino. Ancora oggi usiamo questa frase in varie espressioni, spesso rimodulandola nel concetto: “è scritto nelle stelle”.
- Eventful: espressione coniata in Come vi piace, per descrivere qualcosa che è “ricco di avvenimenti”. Shakespeare amava giocare con suffissi e prefissi, in questo caso l’aggiunta di un suffisso stravolse il senso del sostantivo, ampliandolo: tramite una sola parola il poeta riusciva così a riassumere un’idea, un concetto, una successione di azioni. “Eventful” infatti esprime sia una singolare ricchezza di avvenimenti perlopiù inattesi, sia la sensazione di caos, di dinanismo, di frenesia.
- Swagger: deriva dall’Enrico V, ma fu utilizzata da Shakespeare ben 16 volte. Per il Bardo il significato della parola era “camminare o pavoneggiarsi con aria di sfida o insolenza”, indicava dunque l’atteggiamento di qualcuno molto sicuro di sé; ma il suo significato è stato ampliato e, negli anni Novanta, è giunto a designare una vera e propria corrente “Hip hop”.
- Brave New World: prima de Il mondo nuovo di Huxley, il cui titolo originale è proprio “Brave New World”, c’è stato Shakespeare. L’espressione è tratta da La tempesta (1611), viene pronunciata da Miranda per descrivere il suo stupore dinnanzi alla vita in società. Miranda, nell’opera, ha trascorso gran parte della propria vita isolata, in compagnia dal padre Prospero e del servo mostro Calibano, quindi accoglie con meraviglia l’incontro con il mondo.
L’esclamazione, nell’originale, è molto più prorompente: “Oh, wonder! How many goodly creatures are there here! How beauteous mankind is! O brave new world, that has such people in ‘t!”, ma l’espressione “Brave new world”, isolata, viene oggi a designare il medesimo atteggiamento di apertura fiduciosa e serena nei confronti del futuro e la scoperta di un “mondo nuovo”.
In conclusione possiamo dire che William Shakespeare ha concesso alla sua scrittura visionaria e talvolta iperbolica di riscrivere la grammatica corrente, donando nuova espressività al linguaggio. Ha fatto molto di più di ciò che uno scrittore abitualmente dovrebbe fare: non si è limitato a raccontare una storia o a narrare degli eventi, ha saputo creare parole nuove per esprimere concetti e idee che altrimenti non avrebbero avuto possibilità di essere detti. Ha portato la lingua a un altro, più elevato, livello di espressione e significazione.
Possiamo dire, a tutti gli effetti, che Shakespeare abbia coniato un Brave New Language e leggere la sua opera oggi con rinnovato stupore e ammirazione inesausta, con gli stessi occhi spalancati di Miranda quando si affaccia per la prima volta al mondo e non riesce a contenere la propria meraviglia che si unisce a un senso, quasi commovente, di riconoscenza.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: 10 parole inventate da Shakespeare che usiamo ancora oggi
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