A Roma fino al 20 luglio 2014 la mostra dedicata allo sguardo che Pier Paolo Pasolini seppe imprimere sull’Urbe.
“Fuggii con mia madre e una valigia e un po’ di gioie che risultarono false, su un treno lento come un merci, per la pianura friulana coperta da un leggero e duro strato di neve. Andavamo verso Roma”.
Con questa frase Pier Paolo Pasolini (Bologna 5 marzo 1922 – Lido di Ostia 2 novembre 1975), uno dei più grandi intellettuali del Novecento, ricordava la sua partenza per la Capitale insieme alla madre Susanna Colussi, nel gennaio del 1950. L’immagine vivida è il passepartout ideale per i visitatori della mostra Pasolini Roma che si apre oggi al Palaexpo.
L’esposizione, curata da Gianni Borgna (recentemente scomparso), Alain Bergala, Jordi Balló riunisce tre città europee (Barcellona, Parigi, Berlino) che si uniscono a Roma per celebrare con un progetto innovativo la figura di Pasolini, l’intellettuale del XX secolo che più di ogni altro è riuscito a reinterpretare l’immagine della città di Roma, incarnandola in chiave poetica. Per Pasolini Roma non fu semplicemente uno scenario cinematografico o un luogo in cui vivere. Con questa città egli ebbe una relazione passionale, fatta di sentimenti misti di amore e odio, di fasi di attrazione e rifiuto, di voglia di allontanamento e di piacere del ritorno. Le circostanze difficili del suo arrivo a Roma (“abitammo in una casa senza tetto e senza intonaco, una casa di poveri, di estrema periferia, vicino a un carcere”) l’hanno catapultato in un mondo e in una lingua non suoi, appartenenti ai sottoproletari delle borgate, dove la precarietà della sua situazione economica lo costringeva a vivere.
“Adulto? Mai – mai -, come l’esistenza che non matura resta sempre acerba, di splendido giorno in splendido giorno. Io non posso che restare fedele alla stupenda monotonia del mistero. Ecco perché, nella felicità, non mi sono abbandonato, ecco perché nell’ansia delle mie colpe non mi ha toccato un rimorso vero. Pari, sempre pari, con l’inespresso, all’origine di quello che sono”. Diario (1950 – 1953).
Dalla scoperta di questo universo del tutto nuovo nascerà un’ispirazione potente ed è lì che Pasolini troverà, senza doverli cercare, i soggetti dei suoi primi romanzi e film. In seguito, per l’autore degli Scritti corsari, uomo pubblico e analista instancabile dell’evoluzione della società italiana, Roma sarà il principale punto di osservazione, il suo permanente campo di studio, di riflessione e di azione. Sarà anche il teatro delle persecuzioni che il poeta dovrà sempre subire da parte dei poteri di ogni genere, e dell’accanimento dei media che per vent’anni lo trasformeranno nel capro espiatorio, nell’uomo da demolire a causa della sua diversità e della radicalità delle sue idee sulla società italiana.
Pier Paolo Pasolini sul set di Accattone, 1961
Angelo Pennoni / © Reporters Associati - Roma
Uno scenario cinematografico articolato cronologicamente in sei sezioni progressive, dall’arrivo dello scrittore a Roma nel ’50 fino alla notte della sua tragica morte a Ostia nel novembre del 1975.
“Una mattina di novembre viene trovato morto all’Idroscalo di Ostia, vicino alla spiaggia”
Di tappa in tappa si ritrova il filo conduttore che permette di tracciare, attraverso 25 anni, il percorso della sua vitalità creativa: i luoghi in cui ha vissuto (abitazioni a Ponte Mammolo, Piazza Costaguti, via Eufrate, 9 e quartieri quali Monteverde, Pigneto, Appia, Eur). Poi i luoghi in cui l’artista ha ambientato romanzi (Petrolio, romanzo rimasto incompiuto, pubblicato postumo da Einaudi nel 1992) e film Mamma Roma (1962), Uccellacci e Uccellini (1965), Il Vangelo secondo Matteo (1964), Medea (1969), la macchina per scrivere Olivetti 22 proveniente dall’Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti, Fondo Pasolini del Gabinetto Letterario Viesseux di Firenze, la poesia, il cinema, gli amori, le persecuzioni, le lotte e gli impegni nella città. I manoscritti originali di sceneggiature, poesie, romanzi, saggi e articoli, corrispondenza con amici, intellettuali e artisti, i disegni e i dipinti di Pasolini, i suoi autoritratti, ma anche la galleria ideale dei pittori contemporanei da lui descritti con precisione in poesia: Morandi, Mafai, De Pisis, Rosai, Guttuso.
“Carissima mammetta, io qui faccio la solita vita: passo tutto il pomeriggio al Tevere con Penna, e anche la sera la passo con lui in infinite discussioni”.
In questa esposizione ricca di ogni genere di materiali, molti inediti riguardanti Pasolini, (una sua fotografia ritratto sulle sponde del Tevere all’inizio degli anni Cinquanta, e uno scatto dove alle spalle del giovane PPP si intravedono i sobborghi di Roma sempre all’inizio degli anni Cinquanta), si ha quasi l’impressione che sia lo stesso Pier Paolo a guidare il visitatore nel lungo percorso, un viaggio nella vita e nell’arte di un personaggio controverso.
“Carissimo Franco, la mia omosessualità è entrata ormai da vari anni nella mia coscienza e nelle mie abitudini, e non è più un Altro dentro di me. Ho dovuto vincerne di scrupoli, di insofferenze e di onestà... Ma infine, magari sanguinante e coperto di cicatrici, sono riuscito a sopravvivere salvando capra e cavoli, cioè l’eros e l’onestà”.
Dagli stralci di articoli dello scrittore friulano che si leggono lungo il percorso della mostra si evidenzia come PPP abbia compreso come andava il sistema. E sono passati quasi quarant’anni.
“Io so. Io so i nomi dei responsabili di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpe istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969. Io so i nomi dei responsabili delle stragi di Brescia e di Bologna dei primi mesi del 1974. Io so i nomi del vertice che ha manovrato, dunque, sia i vecchi fascisti ideatori di golpe, sia i neo-fascisti autori materiali delle prime stragi, sia infine, gli ignoti autori materiali delle stragi più recenti”.
Cos’è questo golpe? Io so, articolo pubblicato sul Corriere della Sera il 14 novembre 1974.
“Ho nostalgia di quei tempi, era un altro mondo e un’altra espressione di vita... Rivedendo queste immagini, le foto e i documenti mi ritorna tutto in mente... Sono contento che la mostra sia arrivata anche a Roma, secondo me finora la figura di Pasolini era stata trascurata in Italia e nella città che l’ha visto vivere, lavorare e morire. Ricordo che l’esposizione è già stata al Centre de Cultura Contemporania di Barcellona e alla Cinémathèque Parigi (qui la gente è stata letteralmente catturata da Pier Paolo) prima di arrivare alla Martin Gropius-Bau di Berlino. Pasolini ha detto delle cose che stanno accadendo solo ora”
sono le parole di Ninetto Davoli, amico di Pasolini e da quest’ultimo scoperto come attore, bravo coprotagonista al fianco di Totò in Uccellacci e Uccellini. All’anteprima stampa della mostra, Davoli con la sua tipica cadenza romanesca ha ricordato il lungo sodalizio umano e professionale con Pasolini.
“Cosa avrebbe pensato Pier Paolo dell’Italia di oggi? La risposta è semplice: Pasolini ora si troverebbe in Marocco, già allora avrebbe voluto lasciare il nostro Paese perché non gli piaceva la piega che stava prendendo l’Italia. Infatti l’aveva scritto... “.
“La spiegazione è semplice: oggi in realtà in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né, infine, un vuoto di potere politico in un qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé”.
Il vuoto del potere ovvero L’articolo delle lucciole dal Corriere della Sera del 1° febbraio 1975.
- Pasolini Roma
- 15 aprile 2014 – 20 luglio 2014
- Palazzo delle Esposizioni
- Via Nazionale, 194
- Roma
- Orario: martedì, mercoledì e giovedì dalle 10.00 alle 20.00. Venerdì e sabato dalle 10 alle 22,30.
- Lunedì chiuso.
- Biglietti: intero 12,00 euro, ridotto 9,50 euro.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Pasolini Roma: una mostra dedicata allo scrittore fino al 20 luglio a Roma
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