- Come stai? – gli chiedete. Il ferito ruota le pupille in direzione della vostra voce, ma non vi vede e non vi comprende […] Un po’ più in là vedete un vecchio soldato, il quale si sta cambiando la biancheria. Il viso e il corpo sono di un colore marrone e magri, come uno scheletro. Gli manca completamente un braccio: è stato tagliato via alla spalla. Se ne sta seduto tutto gagliardo, si è rimesso, ma dallo sguardo morto, spento, dalla magrezza spaventosa e dalle rughe del viso vedete che questa creatura ha già trascorso nelle sofferenze la parte migliore della sua vita. A un altro capo vedete su una branda il viso sofferente, pallido e delicato di una donna, con tutta la guancia accesa di un rossore febbrile. - È la moglie di un nostro marinaio che il 5 è stata ferita alla gamba da un proiettile di mortaio – vi dirà la vostra accompagnatrice – stava portando da mangiare al marito al bastione. – Cioè l’hanno amputata? – L’hanno amputata sopra il ginocchio. Adesso se avete i nervi saldi, varcate la porta a sinistra: in quella stanza fanno le fasciature e le operazioni. Vedrete lì i dottori con le braccia coperte di sangue fino al gomito e con le facce pallide, rabbuiate, indaffarati attorno a una branda sulla quale, con gli occhi aperti e dicendo come in un delirio parole sconnesse […] è steso un ferito sotto l’effetto del cloroformio. I dottori sono indaffarati nell’operazione ripugnante ma benefica dell’amputazione. Vedrete l’affilata lama ricurva entrare nella carne bianca sana; vedrete il ferito tornare di colpo in sé con un urlo spaventoso, straziante e imprecando; vedrete l’infermiere gettare in un angolo il braccio amputato; vedrete steso su una barella della stessa stanza un altro ferito e lo vedrete contorcersi e gemere nell’assistere all’operazione del compagno, non tanto per il dolore fisico, quanto per le sofferenze morali dell’attesa.
Mi scuserete la copiosa citazione ma non ho inteso risparmiarvi nulla: i Racconti di Sebastopoli di Lev Tolstoj sono la guerra vista da vicino e dal lato peggiore, quello che le fazioni giornalistiche dei nostri talk show, data la partigianeria da curva Sud nemmeno si immaginano, o se si immaginano nascondono per amor di cachet.
“Racconti di Sebastopoli”: cronache da una città assediata
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Così era la guerra ai tempi dell’assedio di Sebastopoli, così sarà sempre, se non peggio ancora. In tempi di guerre dichiarate e decine d’altre sottaciute, fa bene l’editrice Voland a ripubblicare in una nuova traduzione di Leonardo Marcello Pignataro le cronache dalla città assediata che lo scrittore redasse in tempo reale nel 1854.
Appena ventiseienne, e ancora indeciso sulle direzioni da dare al proprio futuro (scrittore e militare?), combatteva come artigliere fra i bastioni della città sotto assedio. Combatteva, osservava, redigeva per scritto, giorno dopo giorno, stagione dopo stagione, le pagine del suo romanzo giovanile dell’orrore. Un impietoso e acuto diario dal fronte, il prologo ideale e già lucidissimo di Guerra e pace. La prosa traspare dotata di esattezza chirurgica, lo scandaglio psicologico dei soldati - impegnati in una lotta per la patria e per la vita, sempre più disperante -, è di nitore documentaristico.
“Racconti di Sebastopoli”: umanità e realismo nell’orrore della guerra
Come evidenzia lo storico Alessandro Barbero in prefazione:
È il Tolstoj che sa entrare nella lingua e nell’anima dei suoi soldatini analfabeti, riprodurre esattamente il linguaggio della truppa e quello dell’ufficiale di stato maggiore, cogliere con precisione chirurgica il modo in cui le differenze sociali si traducono nelle locuzioni e nei gesti timidi o sfrontati, descrivere i nobili signori che bevono cercando di nascondere la paura prima di andare al fuoco e i medici che si parlano in latino mentre già segano ossa.
Redigendo la sua cronaca e il suo atto di dolore per Sebastopoli, strisciando nel fango, tra colpi colpi di mortaio, oltrepassando trincee, intrattenendosi in rabberciati ospedali da campo, Lev Tolstoj demolisce il mito dei combattenti strenui per amore della madre Russia, restituendoli fra le pagine alla loro umanità, ordinari anti-eroi capaci di eroismo come di codardia, capaci di slancio ideale e di sentimenti meschini.
Nel suo realismo, a tratti crudo al punto da risultare opprimente, risiede la forza e l’attrattiva dei Racconti di Sebastopoli, romanzo capace di alternare campi lunghi e altri strettissimi sulla materialità della guerra: le geografie abbrutite dagli armamenti, la vita quotidiana degli abitanti che si reitera anche sotto i proiettili e le granate, i corpi dei morti e dei feriti. Dappertutto Racconti di Sebastopoli si impone come attendibile resoconto delle fasi dell’assedio, una pagina di storia documentata da chi c’era, e silenziata dai dispacci militari.
L’informazione di guerra è omertosa e mendace per fini strumentali. Qualcuno lo dica a chi prende per oro colato le veline dai fronti degli attuali conflitti, spacciate dai telegiornali.
Recensione del libro
I racconti di Sebastopoli
di Lev Tolstòj
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Perché rileggere “Racconti di Sebastopoli” di Lev Tolstoj in tempi di guerre
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