Piccole mani di Andres Barba

L’infanzia sottratta dal destino senza preavviso, un incidente d’auto che uccide i genitori e catapulta la vita di una ragazzina in un limbo senza nome, popolato di immagini rituali che si insinuano tra gli occhi e la mente, rinnovando infinitamente lo strazio di quell’attimo.
Accolta in un orfanotrofio, Marina intreccerà la sua storia con quelle di altre bambine, sconvolgendo l’equilibrio apparente di quel micromondo.

"Noi eravamo state felici prima che arrivasse Marina con il suo passato"

L’iniziale senso di disagio manifestato verso di lei dalle altre si trasforma a poco, a poco in un gioco che alterna ostilità e ammirazione verso qualcuno, la cui esperienza dolorosa svela il rischio di vivere.
E’ come se Marina portasse in un universo plastificato, il sapore della vita, la sua crudezza ma anche la sua irrinunciabile bellezza.
Il gioco si protrae fino a trasformarsi in autentica crudeltà, in un continuo scambio di ruoli.
Vittime e carnefici oscillano sul pendolo dei propri stati d’animo, fino a culminare nello spietato gioco della bambola, nel quale prende forma un sottile rancore verso il proprio destino e in cui la rinuncia alla propria volontà, rispecchia in fondo, l’intima convinzione di nulla poter opporre ai confini angusti della propria condizione.