Preparare un fuoco
- Autore: Jack London
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Feltrinelli
- Anno di pubblicazione: 2013
A meno di un euro, Feltrinelli offre al pubblico uno dei racconti più famosi di Jack London, tratto da Il richiamo della foresta. Leggibile in quindici minuti, non solo per la sua ridotta estensione tipografica, ma perché magistralmente narrato con un crescendo di ansimante e coinvolgente velocità, "Preparare un fuoco" narra una tragica avventura ambientata tra i ghiacci del Klondike, sul fiume Yukon.
Nell’arco di poche ore, in un “giorno esageratamente freddo e grigio”, quando il gelo percepito si aggira intorno ai sessanta gradi sottozero, un uomo si mette in cammino con la sola compagnia del suo husky per raggiungere il campo base. Mantenendo un passo di sei chilometri all’ora, prevede ottimisticamente di raggiungere i compagni prima dell’imbrunire: ma il freddo si fa sempre più pungente e insidioso, le guance e le dita delle mani e dei piedi iniziano a gelare, e la vista gli si intorbida. Procedono quasi estranei l’uno all’altro, il cacciatore e l’animale, tenendosi d’occhio con sospetto ad ogni imprevisto rallentamento della marcia.
Tra cane e uomo non c’era intimità. Il primo era lo schiavo da fatica dell’altro, e le uniche carezze ricevute erano state quelle della frusta e dei suoni gutturali e minacciosi che annunciavano la minaccia della frustata.
Improvvisamente l’uomo sprofonda nella neve molle, bagnandosi i calzoni fino alle ginocchia. Costretto a fermarsi per accendere un fuoco, prende atto di riuscire a strofinare i fiammiferi con grave difficoltà, la stessa che prova nel masticare le gallette, a causa dei baffi e della barba ghiacciati che gli comprimono le labbra. Quando finalmente la fiamma comincia a crepitare, e lui si accinge a togliersi scarponi e calze con le dita assiderate, inaspettatamente dai rami dell’abete sotto cui ha cercato riparo crolla un ammasso di neve fresca che in un attimo spegne il fuoco. Ripete il tentativo spostandosi lontano dagli alberi, ma ancora senza successo. Il cane fiuta istintivamente il pericolo, e si dimena agitato intorno al padrone. Al cacciatore viene l’idea di uccidere la bestia, per scaldarsi col sangue all’interno delle sue viscere, ma realizza subito dopo di non avere le forze necessarie per portare a termine il proposito.
L’uomo abbassò lo sguardo a cercare le mani, che scorse penzolanti alla fine delle braccia. Trovò curioso il fatto di dover usare gli occhi per capire dove aveva le mani.
Comincia allora a precipitarsi terrorizzato in direzione del campo, intuendo che la fine non è più solo una lontana ipotesi. Stramazza due volte nella neve, mentre il cane lo osserva “incuriosito, intento, impaziente”. Davanti allo sguardo impietoso dell’animale, si vergogna di essersi messo a correre “come una gallina decapitata”, e decide di aspettare la morte con dignità, lasciandosi andare al torpore, rannicchiato sulla neve.
Il cane, fiutando l’odore del cadavere, guaisce lamentosamente, ma poi trotterella con indifferenza verso il campo, “dove avrebbe trovato gli altri, procacciatori di cibo e procacciatori di fuoco”.
Il richiamo della foresta
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